19 marzo, festa del Papà-San Giuseppe: Creatura umile e alta

S.GiuseppePer il 19 marzo, festa del Papà

 

San Giuseppe: Creatura umile e alta

 

Mio padre ha insegnato ai figli una vita operosa: quella che, in seguito,   durante i miei studi in Israele, ho riscoperto a Nazaret fra i compaesani di Giuseppe. Per questo non mi sono mai chiesto: “Dov’è mio padre?” e mai ho riscoperto mio padre, perché l’ho sem­pre sentito vicino, anche se non parlava. Mio padre era un padre, non un fratello, non un compagnone, non  un padrone, non un contabile. Quando parla­va, lo ascoltavo come si ascolta un padre che ogni giorno ti genera alla vita. Oggi non è sempre così. Si dice che i padri non sono in casa, che l’educazione dei figli è tutta sulle spalle delle mamme. E poi mamme e figli bussano sempre al portafogli del padre, costretto a lavorare, a far carriera, costi quel che costi, compreso il tempo rubato ai figli e sottratto alla famiglia. Dunque, nella festa del papà, celebrata nel giorno di San Giuseppe, uomo onesto e operoso, i figli devono dona­re al padre il dono della loro onestà e operosità. Quando un padre ti ha donato la vita, chiedere ancora altre cose è un’ingratitudine superflua!

Ci sono santi che godono di grande popolarità per il loro carisma, come san Francesco di Assisi. Altri largamente venerati dalla pietà popolare, come san Gennaro, che si identificano tutt’uno con una inte­ra città. Altri ancora più intellettuali, come san Tommaso, che è il maestro ufficiale della Chiesa. San Giuseppe è il santo di tutti perché è un proletario, un artigiano che appartiene al popolo ed esprime la semplicità e la discrezione dei poveri. È un santo che sa di casa, genuino e autentico come le cose di un tempo. Nell’iconografia classica non occupa mai un posto di rilievo; le immaginette devozio­nali lo rappresentano al lavoro, nella sua bottega di falegname, con gli attrezzi di ogni giorno e la famiglia attorno. Eppure potrebbe ostenta­re l’orgoglio della sua condizione regale (discendente dal re Davide!), la gloria della sua paternità universale (padre putativo di Gesù!).

Tornasse oggi fra noi, in questo mondo confuso, dove i figli disper­si sono tanti, le famiglie disastrate non si contano e l’arroganza del successo ha cancellato ogni virtù! Quante cose avrebbe da fare il buon Giuseppe: tra i ragazzi difficili e quelli abbandonati, tra quelli a cui è negata una famiglia e quelli che non hanno mai conosciuto una carez­za; tra coloro che sono allevati nella violenza e non conoscono parole di amore! Tutti in cerca di un padre putativo e di un focolare vero, dove scaldarsi al fuoco dell’accoglienza. Potrebbe aggirarsi nei vicoli di certe periferie urbane, dove ai piccoli si insegna a rubare e a spac­ciare droga per sopravvivere; nelle aule dei tribunali dove si discute di affidi e di separazioni; nelle carceri minorili, dove i ragazzi a rischio vengono rinchiusi perché nessuno vuole prendersi cura di loro. Anco­ra, potrebbe passare alcune ore al centralino del telefono azzurro, dove arrivano ogni giorno decine di denunce di violenze e di soprusi ai minori.

Prenderebbe contatto anche con altre comunità e famiglie, volontari e obiettori, che hanno scelto di fare da guida e da tutori a un’infanzia orfana di padre, senza clamori o com­piacimenti. Lui, Giuseppe, umile custode del grande mistero della paternità divina, non sarebbe solo fra noi. E certo avrebbe qualche motivo per rallegrarsi! No, non si annoierebbe Giuseppe fra noi. Sono molte le piccole mani che si protendono in cerca di aiuto, di un padre cui chiedere protezione. Avrebbe il conforto, il buon Giuseppe, di trovarsi in com­pagnia di altre persone di buona volontà che seguono il suo esempio senza essere sollecitate da nessun altro impulso, se non quello dell’a­more.

don Franco Galeone

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

Potrebbero interessarti anche...