25 DICEMBRE 2017 * Natale del Signore (B) VI ANNUNCIO UNA GRANDE GIOIA! (Gv 2.1)

25 DICEMBRE 2017  *  Natale del Signore (B)

VI ANNUNCIO UNA GRANDE GIOIA!  (Gv 2.1)

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo biblico ebraico-cristiano)

השורשים הקדושים

  1. La scuola milanese Italo Calvino ha deciso di chiamare Natale la “Grande festa delle buone feste”. Motivo: non urtare la sensibilità di chi non festeggia il Natale. Conseguenze possibili: smettere di festeggiare il proprio compleanno, di mangiare una fetta della mia torta preferita. E poi l’aggettivo “grande” è discriminante rispetto alle altre feste: chi può stabilire una gerarchia tra feste grandi, medie, festicciole e festini? Perché poi le feste dovrebbero essere buone? E chi volesse una festa cattiva si dovrebbe sentire escluso? Esiste un modo infallibile per non offendere la sensibilità degli altri: rinunciare alla propria. Diventare uno, nessuno, centomila. Ci stiamo arrivando piano piano (Corriere delle Sera, 14 dic. 2017, di Massimo Gramellini).

 

  1. Ogni anno, a Natale, ci illudiamo che sarà un Natale più intimo e spirituale. Una delusione! Anche quest’anno la frenesia consumistica si ripete, secondo un copione già noto; sembriamo tutti grotteschi e tarantolati burattini, manovrati da un Burattinaio invisibile ma onnipotente: il Re dei consumi! Storditi e catatonici, cerchiamo di sentirci felici solo se usciamo da un negozio (anzi, da più negozi!), sovraccarichi di pacchi e pacchettini. Non c’è trasmissione in cui non si distribuiscano euro a piene mani; consumare è diventato uno status symbol: Dimmi quanto sprechi, e ti dirò chi sei. Quest’alienazione consumistica conduce all’alienazione religiosa. Sia chiaro: nulla contro i consumi, solo un richiamo ai veri valori del Natale e alle vere gioie della vita.

 

  1. Dopo più di 17 secoli siamo tornati al punto di partenza, alla Roma del 326, quando, per la prima volta, su un calendario liturgico al 25 dicembre apparve la scritta: Dies Natalis D. N. Iesu Christi in Betlehem Judae. Tutti sanno, sino alla seconda decade di dicembre, che la luce è in ritirata davanti alle tenebre che avanzano. Ma, attorno al 25, inizia la riscossa: è dunque la festa del Sol Invictus, celebrata nella Roma imperiale con circenses, strenne, pranzi pantagruelici e licenze sessuali. Vivente ancora Co­stantino, l’accortezza pastorale della chiesa romana non abolì il clima festoso ma gli diede altri contenuti: è Cristo quella nuova luce che è venuta nel mondo (Gv 3, 19). Ebbene, questa sorta di mantello cristiano, gettato su una ricorrenza pagana, si è prima sfilacciato e poi interamente lacerato. Siamo tornati a prima di Costantino. In effetti, al posto di Gesù Bambino, ecco quel Babbo Natale che ci viene dritto dalla mitologia celtica. Ecco l’albero con i doni, antico totem degli indo­europei. Ecco la vischiosa melassa degli auguri, parola religiosa pagana per eccellenza. Ritorna di attualità la notizia dataci da san Girolamo che, traducendo in latino la Bibbia, visse a lungo a Betlemme: nel 135, dopo la disfatta della seconda rivolta giudaica, per ordine dell’imperatore Adriano, la grotta della Natività fu trasformata in luogo di culti erotici in onore di Adone e Venere.

 

  1. Natale ha subìto un crollo verticale di significato, sino a diventare Bianco, Magico, Dolce … Natale è stato trasformato in evento commerciale, occasione di affari, settimana bianca. Nel migliore dei casi, un po’ di sentimentalismo, fatto di nostalgia, d’innocenza, di ricordi, di rimpianti. Ma questa tregua dura solo da Natale a santo Stefano! Dopo un giorno le armi riprendono, la lotta per vivere riprende le sue leggi spietate. Anche ai nostri bambini dobbiamo subito insegnare ad essere furbi, forti, per non essere sconfitti; la nostra pedagogia in questo consiste: nel fornire loro strumenti perché sappiano difendersi nella lotta per la vita. Non possiamo vivere autenticamente questa festa se dimentichiamo la violenza, il sangue, la morte, il dolore del mondo. Sembra fastidioso, anche dissacrante, ricordare a Natale la sofferenza. Invece gli aspetti negativi della vita ci ricordano una verità centrale: il Bimbo del presepe è Colui che un giorno finirà sulla croce. La commozione da sola non basta: commuoversi per convertirsi, questo sì. Che cosa fare? Denunciare e annunciare! Per la denuncia, facciamo ricorso ad un autore tra i più discussi del Novecento, Curzio Malaparte (1898-1957), il “maledetto toscano” ma anche lo scrittore religiosamente inquieto. Un suo articolo, pubblicato nel 1954, porta un titolo molto amaro e di sorprendente attualità: La commedia del Santo Natale. Ne riporto un brano: Tra pochi giorni è Natale, e già gli uomini si preparano alla suprema ipocrisia. Perché nessuno di noi ha il coraggio di dirsi che il secolo non è mai stato così poco cristiano come in questi anni? Perché nessuno di noi osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la grande parata dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti, servono soltanto a nascondere questa terribile verità: gli uomini non sono più cristiani, Cristo è morto nell’anima dei suoi figli, l’ipocrisia è discesa dalla poli­tica fin nella vita sociale, familiare, individuale? … Vorrei che la notte di Natale, in tut­te le chiese del mondo, un povero prete si levasse gridando: “Via da questa culla, vigliacchi, andate a casa vostra a piangere, sulle culle dei vostri figli! Se il mondo soffre, è anche per colpa vostra, che non osate difendere la giustizia e la bontà, e avete paura di essere cri­stiani fino in fondo! Via da questa culla, ipocriti: questo Bambino, che è nato per salvare il mondo, ha schifo e pietà di voi.

 

  1. La denuncia di Malaparte si fonda su due considerazioni. La prima: il nostro tempo è dominato da una “suprema ipocrisia”, perché festeggiamo una persona, Cristo, nella quale non crediamo più. La seconda: la “grande parata” natalizia è una commedia, perché parodia di un evento tra i più sacri della nostra storia. Malaparte ama il paradosso e la provocazione, ma non ha tutti i torti. Anche Dostojewskij già nel 1871 scriveva: In Occidente hanno perduto Cristo, e per questo l’Occidente cade, esclusivamente per questo. E O. Spengler (1880 –1936) un filosofo, tedesco, autore del famoso Il tramonto dell’Occidente (Der Untergang des Abendlandes), osserva che ogni civiltà, come ogni organismo umano, possiede le sue quattro fasi di età: infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia. Come tutte le altre civiltà anche quella occidentale è destinata all’estinzione e già nel XIX secolo, secondo Spengler, è entrata nella sua fase di decadenza, per il primato del denaro, della stampa, della democrazia, del libero pensiero, ateismo, scetticismo, capitalismo… La cultura diventa civiltà di massa e muore! Cosa fare?

 

  1. Partiamo da questa esperienza: immaginiamo un giorno di attendere una visita importante e, correndo alla porta al suono del campanello, ci troviamo di fronte uno straccione. Una delusione! I casi saranno due: o lo mandiamo via, in fretta e in malo modo, perché l’aspettato non è lui; o lo trattiamo con più gentilezza del solito, ma sempre in fretta, perché attendiamo un altro. Anche a noi potrebbe capitare di aprire la porta, e di trovarci di fronte a un inaspettato, a uno sconosciuto. A Natale, almeno due equivoci possono ingannarci:

> il primo è quello di puntare sulle gioie e non sulla Gioia. Attenzione allora: le piccole gioie, che si hanno o meno, sono appena un piccolo segno della grande Gioia che Dio vuole donarci a Natale;

> il secondo è quello di interpretare il Natale più come “commozione” che come “conversione”. Provate a radunare un po’ di adulti intorno a bambini felici, all’albero carico di doni: non è commovente? Non dico che la commozione non sia buona; dico solo che la commozione può essere come la classica marmellata spalmata sul pane, che i bambini mangiano tutta, buttando poi il pane, che veramente li avrebbe nutriti. Commuoversi per convertirsi, sì; solo commuoversi non basta! Insomma, può bussare alla porta Uno che non stiamo attendendo, e tuttavia potrebbe essere l’Ospite giusto! Natale è vicino. Interroghiamoci se aspettiamo le gioie o la Gioia, se siamo capaci di riconoscere l’Inaspettato! Cosa fare? Ho letto su una pubblicità: Metti un Cristo nel tuo Natale. Ecco, mettere Cristo nel nostro Natale, e nessun altro. Provate a togliere Cristo dal presepio: tutto subito diventa assurdo.

Quest’anno voglio augurare  ai miei 5 lettori Buon Natale con le parole e la testimonianza di Padre David M. Turoldo (1916-1992), servita, morto 25 anni fa a 76 anni. Riporto una delle sue poesie più belle, intitolata Vieni di notte: la trovo molto adatta per questi nostri tempi difficili.

                                                            VIENI DI NOTTE

Vieni di notte, / ma nel nostro cuore è sempre notte: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni in silenzio, / noi non sappiamo più cosa dirci: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni in solitudine, / ma ognuno di noi è sempre più solo: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni, figlio della pace, / noi ignoriamo cosa sia la pace: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a liberarci, / noi siamo sempre più schiavi: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a consolarci, / noi siamo sempre più tristi: /  e dunque, vieni sempre, Signore.

Vieni a cercarci, / noi siamo sempre più perduti: / e dunque, vieni sempre, Signore.

Noi siamo, smarriti, / non sappiamo cosa vogliamo: / e dunque, vieni sempre, Signore.                           (Da: Il sapore del pane, Edizioni San Paolo, 2012)

 

Buon Natale? Sarà certo un Buon Natale … se noi diventiamo Persone Buone! Buona vita!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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