31 luglio. XVIII Domenica del Tempo ordinario (Anno C)

Domenica 31 Luglio 2016
31 luglio. XVIII Domenica del Tempo ordinario (Anno C)
Il ricco: povero e stolto! (Lc 12,13)
A cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים francescogaleone@libero.it/sayeretduvdevan@yahoo.it
1. Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza; l’uomo cerca appassionatamente un fondamento su cui poggiare la vita, un punto di Archimede al quale appendere tutto e dal quale far dipendere tutto. Personalmente, ho maturato la convinzione che l’uomo cerca non tanto la verità, quanto la sicurezza, la garanzia, la protezione. Ora, molti, moltissimi, tutti, tranne i santi, scelgono come pietra angolare il denaro. Il denaro è tutto, si dice; il denaro è potere, anzi è il potere; senza denaro non hai, anzi non sei nulla. Per avere denaro non c’è parentela che tenga: la divisione dell’eredità segna anche la divisione delle famiglie! Ciò che più colpisce di questo ricco stolto è la sua solitudine; più che contare, lui parla con le ricchezze. Un uomo senza nome, senza volto, senza moglie, senza figli, senza amici. Solo tanta ricchezza, che invece di restare un mezzo, è diventata il fine di tutto, ma che diventa anche la sua fine, perché la ricchezza lo ha ingabbiato e intrappolato come nel celebre racconto La giara di Pirandello. È diventato un gigante cieco, come Polifemo, capace di una forza immensa ma incapace di orientarsi; come il mitico Ulisse, incatenato all’albero della sua stessa nave e impossibilitato a liberarsi. Viene definito stolto questo ricco, perché fonda la sua sicurezza sull’avere e non sull’essere, sulla quantità e non sulla qualità, sull’idolo vuoto e impotente e non su Dio salvatore e onnipotente.
הֲ בֵ֤ל הֲבָלִי ם .
2 O vanità infinita! Qoelet, che è un capolavoro di nichilismo esistenziale. Potrebbe in certe sue parti, averlo scritto anche un ateo! Il suo ritornello è questo: Vanità delle vanità, tutto è vanità. Tutti noi ricordiamo, per memoria scolastica, il lirismo leopardiano della infinita vanità del tutto contenuto nella Ginestra, il suo risentimento contro le illusioni. L’affermazione che è funesto a chi nasce il dì natal ci ha sempre sconcertato, e l’abbiamo cautamente commentata durante gli anni del nostro insegnamento, animati come eravamo delle magnifiche sorti e progressive. Però l’autore sacro non si accontenta di questa prima verità, e si chiede: Possibile che la vita umana non abbia scopo? È la stessa inquietudine di Francesco di Assisi, che, disgustato dalle ricchezze, si chiedeva: Possibile che non esista qualcosa di meglio? Sempre Qoelet conclude con questa seconda verità tutta da scoprire e da vivere: Sì, Dio è la roccia, è l’unico valore. Anche il Vangelo risponde agli interrogativi profondi dell’uomo. Oggi muoiono ogni minuto 35 bambini per fame, mentre ogni minuto si spende un miliardo per gli armamenti. Oggi la cartina del mondo si divide in due grandi aree: opulenza e fame, persone che hanno problemi di linea e persone che hanno problemi di sopravvivenza! È giusto tutto questo? La risposta che verrà data a questo immenso problema potrebbe determinare l’avvenire del cristianesimo. L’ateismo, a volte, può essere più vicino alla fede che non l’indifferenza del mondo occidentale, che non è né caldo né freddo, e che quindi verrà vomitato dalla bocca di Dio (Ap 3,15).
3. Voglio iniziare la riflessione con una storia vera, quella di Miriam, una povera ragazza della Nigeria, accolta in una famiglia della Sicilia: a pranzo rubava il pane dalla tavola e lo nascondeva sotto il cuscino. Viveva da anni in questa famiglia benestante, non le mancava nulla, eppure aveva paura del pane, la povertà se la portava dentro, come una cicatrice indelebile. Io mi chiedo: ma chi le ha rubato la fiducia? Miriam ruba il pane, accumula perché non ha conosciuto la dignità, tante volte ha chiesto pane e i passanti le hanno dato indifferenza o sassi o serpi … L’uomo ricco accumula denaro perché avaro; la sua preoccupazione è dove conservare il denaro, in quale paradiso fiscale per evadere meglio le tasse; sembra saggio, prudente; la sua preoccupazione non è il futuro, la possibilità di dare lavoro ai disoccupati … ma il non avere magazzini sufficienti.
4. Uno della folla disse a Gesù … Anche questa parabola, come tutte le altre, nasce da un incontro di Gesù con la folla. Di’ a mio fratello che divida con me l’eredità! Il problema è la solita antica questione della divisione dell’eredità, che spesso provoca anche la divisione della famiglia. Gesù rifiuta decisamente l’idea di fare da arbitro tra due fratelli in contesa. Perché Cristo non è venuto per sostituirsi all’uomo. Non offre soluzioni già predisposte, ma la sua parola è come luce per i tuoi passi, lampada per il tuo sentiero, che devi scoprire e percorrere da te. Come dirà poco oltre: Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? È il tema delicato ed emozionante della libertà umana, di un Dio fonte di libere vite. In alleanza con lui, l’uomo non è più un semplice esecutore di ordini ma un libero inventore di strade, verso gli altri e verso Dio.
5. Chi mi ha costituito giudice sopra di voi? Gesù, come sempre, sposta il problema dalla legge al cuore. Non è solo una questione di eredità ma un rapporto di giustizia, non si tratta di divisione ma di condivisione delle risorse, non basta fare elemosina ma giustizia e restituzione. Dobbiamo condividere per non essere condannati. Noi preti, donne di chiesa, cosa facciamo? Consigliamo al povero di rivolgersi al giudice, al sindacato, alla caritas: Non possiamo fare nulla se non darti un indirizzo, una mail, un numero di cellulare … Troppo poco!
6. Un uomo ricco aveva avuto un raccolto abbondante e ragionava tra sé … Attenzione al verbo ragionava tra sé (διαλογιζομαι), che Gesù poi ridicolizzerà. Come pensa il ricco? Egli pensa sempre e solo a sé; pensa che tutto gli sia dovuto a motivo delle ricchezze; non pensa a regalare o a condividere o ad aiutare. Sorprende questo insegnamento di Gesù: la cultura ebraica del tempo vedeva nelle ricchezze un segno di benedizione e di predestinazione divina, mentre il povero era considerato un maledetto rifiutato da Dio. Non è un uomo avido o un disonesto, non fa del male, non è cattivo, è semplicemente stolto, non ha la sapienza del vivere. Per due motivi: a) fa dipendere la sua sicurezza e il suo futuro dai suoi beni materiali; ignora che la ricchezza promette ma non mantiene, non colma il cuore né il futuro: il filo della vita ha il capo solo nelle mani di Dio. Non di solo pane vive l’uomo. Anzi di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l’uomo muore; b) c’è poi un secondo motivo per cui quell’uomo è stolto: è ricco ma è solo; non c’è nessun altro attorno a lui, nessuno è nominato nel racconto; è povero di relazioni e d’amore perché gli altri contano poco nella sua vita, meno della roba e dei granai. Stolto questa notte dovrai restituire la tua vita. Per quell’uomo senza saggezza, la morte non è un accadimento sorprendente ma il prolungamento delle sue scelte: in realtà egli ha già allevato e nutrito la morte dentro di sé, è già morto agli altri, e gli altri per lui. Scrive san Basilio: E se poi riempirai anche i nuovi granai, che cosa farai? Demolirai ancora e ancora ricostruirai? Con cura costruire, poi con cura demolire: cosa c’è di più insensato, di più inutile?
7. Anima mia, riposati! Come se l’anima potesse mai riposare sicura, trovare pace nell’abbondanza. È qui l’errore: un rovesciamento di valori, un salto mortale (mortale!) dall’avere all’essere. Credere che la nostra anima possa mai essere placata dal possesso. Riposare, con lo stomaco pieno, in pace con Dio. Abbiamo sistemato il nostro stomaco e il nostro Dio: lo stomaco con la quantità del cibo, la nostra anima con l’osservanza di alcune regole. Con la nostra furbizia abbiamo sistemato per sempre il nostro benessere terreno; con la nostra osservanza pensiamo di esserci guadagnata la vita eterna. Ma è proprio in quel momento che sopravviene la morte, non la morte del corpo, come sembra suggerire la parabola, ma quella ancor più terribile, che è la morte dell’anima, che fa di noi dei cadaveri viventi. La vita è fuggita da noi, e non ce ne siamo accorti, come quel soldato di cui narra Tolstoj, che durante la battaglia, colpito in pieno petto, continua a correre nell’illusione di essere ancora vivo!
8. Notazione importante: il ricco della parabola invece dice sempre io (io demolirò, io costruirò, io raccoglierò…), usa sempre l’aggettivo possessivo mio (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia). Nessun altro entra nel suo orizzonte. Uomo senza aperture, senza brecce; non solo privo di generosità, ma privo di relazioni. È solo, isolato al centro dei suoi magazzini pieni.
Nessun altro è nominato, nessuno in casa, nessun povero alla porta, nessuno con cui condividere la gioia del raccolto. Le persone contano meno dei sacchi di grano.
9. Scemo! Stanotte … So che la traduzione corrente è stolto, ma è troppo poco; il termine greco ἄφρονες è molto più forte; noi non diciamo a una persona stolto ma scemo e dice scemo a quel ricco che presumeva di ragionare bene! La stessa parola l’aveva usata contro i farisei, che fanno tutto per interesse, che sono pieni di rapina e iniquità (Lc 11,39), anche se fuori possono apparire persone religiose; il rimprovero è quindi per quelle persone di chiesa che fanno due cose contemporaneamente molto bene: tra un salmo e l’altro controllare la cassa! Ti sei affannato per demolire e costruire, ma le tue ricchezze marciscono come quella manna che gli ebrei accumulavano con avidità (Es 16). Gli ebrei erano più fortunati di noi: la manna raccolta in sovrappiù marciva, in noi invece la ricchezza non marcisce nelle nostre fragili dita, vanifica la nostra speranza d’immortalità. Abbiamo tanto pane che lo buttiamo. Come possiamo ancora pregare Da’ a noi il pane quotidiano? se poi lo buttiamo nel cassonetto? Dobbiamo riflettere sul quel pronome ci =a noi, non a me solo, ma ai poveri multipli della terra. Liberaci dal male: ma se ognuno ha il suo pane, il povero – derubato della sua dignità – è tentato di ricorrere alla violenza e noi alle repressione. La soluzione evangelica è il pane condiviso. Siamo ricchi davanti a Dio quando doniamo, meglio, quando restituiamo al povero quello che è suo.
10. Quello che hai preparato di chi sarà? Del figlio, naturalmente: il figlio, stupido come il padre, si trova coperto dall’oro dell’eredità, ed è pronto a dilapidare ciò che non gli è costato nulla. Al padre è toccata la fatica di seminare, al figlio la frenesia di sciupare; al padre il sudore della fatica, al figlio la follia di bruciare. Solo per denaro, tutto per denaro. È l’ideologia che ha sostituito ogni altra ideologia. È la droga che miete più vittime, il narcotico più ricercato. Da sempre il denaro ha tiranneggiato l’uomo, non tanto il denaro per migliorare la propria condizione economica e sociale, ma il denaro per il denaro, l’avere per l’avere. Le cronache quotidiane lo confermano: è diffusa una bramosia che spinge a volere sempre di più, in una corsa sfrenata, tallonata dal disprezzo degli affetti e del prossimo.
11. Ma perché il denaro ha invaso ogni spazio della vita? C’è dietro alla ricchezza l’illusione di onnipotenza e di eternità. Con il denaro si pensa di potere tutto, dal piccolo favore quotidiano al prestigio. Un’illusione che anestetizza e crea una dipendenza che è per tanti versi peggiore di quella della droga. E poi il contrappasso. Delitto e castigo! Non siamo mai stati tanto poveri, noi che abbiamo il superfluo e molto di più; non siamo mai stati così soli e impotenti dinanzi alla vita e alla morte, così vulnerabili e insicuri, pur difesi da corazze d’oro. Con questa parabola, Gesù non disprezza i beni della terra, quasi volesse disamorarci della vita e delle sue gioie. Dice che non di solo pane vive l’uomo, che di solo benessere l’uomo muore. Che la tua vita non dipende da ciò che possiedi, ma da ciò che tu dai. Intende rispondere a questa domanda: Vuoi vita piena e felice? Non cercarla al mercatino delle cose. Le cose promettono ciò che non possono mantenere. Le cose hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto. Cercala dalla parte delle persone. Sposta il tuo desiderio. Gli unici beni da accumulare sulla terra per essere felici sono relazioni buone e libere con le persone. Il segreto della vita buona sta nel crescere verso più amore, più amore, più libertà. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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