ARIENZO. CONFERITA A MONS. FRANCESCO MARIA PERROTTA, PARROCO ARCIPRETE DELLA COMUNITA’ PER PIU’ DI OTTO LUSTRI, STORICO, FIGLIO PREDILETTO, LA CITTADINANZA ONORARIA.

Don Ciccio

 

Un monumento alla storia, alla leggenda vivente di tutta la Valle di Suessola, a colui che, spinto da particolare indole, con lungimirante acutezza, ha tracciato il solco della ricerca e della cultura su cui avviare i giovani e le future generazioni! Molto riduttivo – è vero – ma così, semplicemente, ci piace sintetizzare la solennità del momento in cui l’amministrazione comunale di Arienzo, guidata dal sindaco, Geppino Medici, e dal presidente del consiglio, Tommaso Carfora, d’intesa con la Pro-loco rappresentata da Domenico Cangiano, presenti al tavolo dei relatori con i dirigenti scolastici Erminia Parisi e Mario Guida, e l’architetto Pina Ferriello (unico assente il Vescovo della Diocesi, S. E. Mons. Giovanni Rinaldi, ‘impedito da impegni precedenti’, come ha riferito don Domenico Pirozzi, “incaricato”, che ha espresso ‘sentimenti di affetto a don Ciccio e di plauso a chi ha avuto l’idea, una bellissima idea, di conferire la cittadinanza onoraria a don Ciccio perché qui sono nate tutte le sue opere’ e l’augurio di ‘poter lavorare ancora molto per poter usufruire della sua saggezza’), ha tributato la Cittadinanza Onoraria a Mons. Francesco Maria Perrotta (per tutti, affettuosamente, don Ciccio). Cittadinanza, “per aver contribuito con amore alla crescita spirituale, morale e culturale della Comunità arienzana; per aver consacrato la sua esistenza a ricercare, archiviare e scrivere la storia della nostra ‘Storica Valle’, della sua cultura e delle sue tradizioni permettendoci di conoscerne le radici, facendoci così sentire figli orgogliosi di questa terra; per le sue opere, studi ed articoli, fonte preziosa di studio per i nostri giovani ed un atto d’amore verso le future generazioni”. Poi, ‘gratitudine all’uomo, allo storico che, con l’opera paziente, certosina, scientifica, ha portato alla luce la storia della Valle di Suessola, la nostra storia, prima ignorata, al parroco arciprete per i 37 anni di missione ed apostolato in Arienzo e fra gli Arienzani’, ha evidenziato Mario Guida. Il ‘fanciullino’ che, ‘in sonno’, è dentro ciascuno di noi, improvvisamente è affiorato nelle parole pregne di emozione, di meraviglia e di un pizzico di …commozione (… non ho dormito, pensando a dover essere io che ho vissuto con don Ciccio, che da piccolo lo seguivo anche a Napoli per comprare caramelle da regalare ai giovani della gioventù cattolica, proprio io a consegnare l’onorificenza a don Ciccio) di Geppino Medici che poi ha sottolineato ‘a don Ciccio vanno le nostre scuse per non aver saputo esprimere compiutamente i nostri sentimenti e perché, sebbene sollecitati non abbiamo dato il dovuto ascolto; don Ciccio è stato soprattutto una presenza forte, il costruttore del nostro territorio, il nostro parroco, ma soprattutto una persona umile che non ha mai smesso di dare il proprio contributo, che ha cercato di cambiare la nostra mentalità; questo che facciamo non è un gesto simbolico perché vogliamo rafforzare il nostro rapporto con voi, tenervi legato a questa terra; meritate tutto ma vogliamo tenervi qui con noi per costruire ancora molto: don Ciccio, Arienzo vi ama!’. Nelle parole di don Ciccio, in risposta al conferimento della cittadinanza onoraria, sono mirabilmente emerse la semplicità, l’umiltà, la cultura, l’etica dell’uomo e del sacerdote, già ‘cantate’ dagli illustri relatori, ma anche uno strale sagace agli anonimi mascalzoni che lo accusarono prima al vescovo, poi al cardinale, minacciando di informare anche il Vaticano se non avessero preso i dovuti provvedimenti, di dedicarsi poco all’attività pastorale amando ‘privilegiare studi e ricerche’ e soprattutto di avere scritto degli articoli, frutto di accurate ricerche storiche – storie di santi e di peccatori del ‘500 e ‘600 – contro la Chiesa. Profondamente turbato da questo episodio, qualche tempo dopo, nel corso di un incontro, don Ciccio ne riferì ‘Eccellenza, mi viene lo scrupolo di perdere tempo nel fare queste cose. Voi, che dite?’ a Mons. Guerino Grimaldi, vescovo di Salerno. Che, con la risposta ‘don Ciccio, continua perché il Signore, con la Sua Storia, ci è sempre vicino’ gli dette quella tranquillità necessaria a non demoralizzarsi, a non desistere. Un poco crucciato perché ‘nessuno dei cari nipoti ha intrapreso la strada della ricerca’, molto preoccupato  che ‘qualcuno, un domani, possa buttare via tutto quanto realizzato’. Infine, in segno di affetto, un dono ‘quanto resta dei miei libri, opere fondamentali che serviranno per i vostri figli’ al Comune, una supplica ‘non continuare ad assistere inerti al degrado, allo sfacelo dei nostri beni culturali, artistici, architettonici, ambientali’, un augurio ‘con un latino in parte <accomodato> ma chiaro: Vivat, crescat, floreat!’.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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