ARTICOLO 18 LA FINE DI UN’EPOCA

200px-PartitoDemocratico.svg[1]dI Raffaele CARDILLO

Dopo la roboante vittoria alla Direzione del PD circa il Jobs Act e nello specifico sul tanto dibattuto articolo 18 ritenuto dal Premier un tabù, un totem ideologico non più al passo con i tempi e quindi da annullare, ci corre impellente la domanda: dove è finito il dissenso della frangia minoritaria del PD?

Non ci avventuriamo in quel percorso accidentato che è l’articolo 18, tuttavia desideriamo esprimere il concetto che, il lavoratore debba avere un ombrello protettivo che lo tuteli dalle intemperie padronali, che lo preservi da attacchi discriminatori e per quelli disciplinari ingiusti, poi che ci siano tuteli crescenti è una teoria che ci potrebbe affascinare, ma non demordiamo sulla sacralità del rispetto del lavoratore.

Alla luce dei 130 voti riportati con solo 20 a sfavore e 11 astenuti, sono dei dati davvero sconfortanti che ci lasciano pensare.

Dovremmo convenire che quanto paventato da Bersani circa il metodo Boffo, sia una triste realtà.

Ciò rappresenta un’abdicazione di valori, un arrendersi al più forte e salire sul carro del vincitore per assicurarsi le rendite di posizioni che, altrimenti potrebbe essere scalfite, da possibili ritorsioni delle forze egemoni.

Ricorrere poi, a quelle perle lessicali tipo: li abbiamo asfaltati, li abbiamo spianati; denota, da parte di Renzi, una mancanza di rispetto verso compagni di partito che, hanno avuto la sola colpa di non essere in sintonia con il gruppo dominante.

Riteniamo che questa non sia la strada da percorrere, non giova al vincitore irridere l’antagonista, ridurlo a brandelli.

Est modus in rebus dicevano i latini, bisogna contemperare le esigenze diverse, armonizzarle, adattarle e dare il giusto spazio a chi non la pensi come noi.

E’ un mantra dal quale non si può prescindere, una regola aurea che uno statista illuminato deve uniformare la sua condotta.

Dare sfogo a chi ci avversa, è un motivo in più per confrontarsi, per razionalizzare i contenuti. le idee.

Sedersi a un tavolo e negoziare, approcciarsi alle rivendicazioni del competitore e, soprattutto, rispettandole, connotano atteggiamenti di alta diplomazia, arte per mezzo della quale si compongono tutti gli attriti, tutte le controversie che possono generare conflitti.

La situazione italiana, ci permettiamo pacatamente di suggerire, è così disastrosa che non possiamo trastullarci con vacue diatribe, i barbari sono alle porte e rinviare ancora sine die le riforme che ci consentano di uscire dalle secche e ci permettano di prendere il largo, con l’alzare le vele dell’intraprendenza, del rigore col tranciare, non a parole, i rami secchi dei privilegi, perseguendo senza tentennamenti il rilancio della nostra economia, restringendo la forbice delle diseguaglianze, fornire pari dignità alle forze lavoratrici e quello che ci preme di più, dare un futuro ai nostri giovani, alle nuove generazioni, che possano guardare il futuro con un occhio diverso, che si stagli finalmente all’orizzonte un mondo nuovo dove tutti possano convivere in pace e in armonia.

Questi sono i nostri intendimenti e siamo certi che i nostri governanti siano sulla nostra stessa lunghezza d’onda, abbiamo già lungamente sofferto e auspichiamo che ci sia a breve la tanta desiderata luce in fondo al tunnel!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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