Beati i poveri! Guai a voi, ricchi!

Beati i poveri! Guai a voi, ricchi!

Prima lettura: Maledetto chi confida nell’uomo. Benedetto chi confida in Dio! (Ger 17,5). Seconda lettura: Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede! (1 Cor 15,12). Terza lettura: Beati i poveri! Guai a voi, ricchi! (Lc 6,17).

Prima lettura (Ger 17,5)

1) La lettura inizia con un’affermazione nitida, ma anche sconcertante: Maledetto l’uomo che confida nell’uomo. C’è già tanta sfiducia nel mondo, siamo diventati diffidenti e circospetti! Le dolorose esperienze di tradimenti, infedeltà e intrighi messi in atto, a volte, da persone insospettabili e da amici ci hanno portato a coniare il detto fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Geremia ci invita forse a essere ancora più prudenti? Non è questo il significato della raccomandazione del profeta. Egli vuole darci un criterio di vita e di sapienza. Non riponete – dice – la vostra fiducia nei valori che vengono proposti dagli uomini. Chi lo fa è come un tamerisco piantato in luoghi aridi. Il mondo basato su pseudo-valori è come un deserto inabitabile. La seconda parte della lettura (w.7- 8) descrive l’uomo benedetto, quello che punta sulle azioni giuste. Costui è come un albero piantato presso le sorgenti d’acqua. Anche nel periodo della siccità mantiene le foglie verdi, produce frutti gustosi. Chi fonda la sua vita su Dio è beato! Non si dice che riceverà un premio, ma che ha indovinato la vita.

Il Vangelo (Lc 6,17)

2) Da questa domenica, la chiesa ci fa leggere il discorso del “piano”, nel quale Luca presenta la nuova legge, la vita morale del cristiano. Dobbiamo ringraziare il Signore per avere detto queste parole, che hanno segnato un salto di qualità nel patrimonio genetico dell’umanità. In Matteo, il discorso della “montagna” comprende otto beati; in Luca, il discorso del “piano” comprende quattro beati e quattro guai. Buone notizie per i poveri, e avvisi di reato per i ricchi! Gesù annuncia un capovolgimento, un rovesciamento di valori. Lo aveva già fatto prima sua madre: “Ha rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili”. Questo modello letterario era molto conosciuto nel mondo antico; la prima lettura del profeta Geremia “Maledetto l’uomo … Benedetto l’uomo”; il primo verso del Salterio: “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi”; il capitolo quinto di Isaia … ne sono gli esempi più evidenti. Bastano queste poche citazioni per evidenziare come, al tempo di Gesù, fosse usuale il ricorso alla beatitudine per veicolare un insegnamento.

3) A tutti fanno piacere i complimenti. Anche Gesù rivolge li rivolge a quattro categorie di persone buone e mette in guardia altre quattro categorie di persone sbagliate. I rabbini, al tempo di Gesù, si servivano spesso della forma letteraria delle beatitudini e delle maledizioni. Per inculcare i valori sui quali vale la pena costruire la vita dicevano: «Beato colui che…»; per mettere in guardia da proposte ingannevoli e illusorie usavano, invece, l’espressione: «Guai a colui che … ». Essendo questo il modo di comunicare impiegato dai saggi in Israele, non desta meraviglia che nei Vangeli si trovino alcune decine di beatitudini. Le più note delle beatitudini sono quelle di Matteo (Mt 5,1- 12) e quelle di Luca (Lc 6,20-26) che sono proposte nel Vangelo di oggi. Vale la pena rilevare le principali differenze fra questi due elenchi:

> In Matteo Gesù proclama le beatitudini seduto in cima a un monte (Mt 5,1), mentre in Luca le annuncia in una pianura (Le 6,17) e questo è un dettaglio marginale.

> Più significativo è il fatto che in Matteo le beatitudini sono otto, mentre in Luca sono solo quattro e sono accompagnate da altrettanti «guai a voi!». Matteo «spiritualizza» le beatitudini, parla di «poveri… in spirito», di gente che «ha fame e sete… di giustizia». In Luca, invece, le beatitudini sono fortemente «terrestri». Nulla di «spirituale». In Luca tutto è molto concreto.

4) In genere nelle altre morali o religioni, l’azione morale viene ricavata dalle leggi di natura; nella Bibbia, invece, i comandamenti morali sono il corollario degli avvenimenti; la formula classica della legge morale nell’Antico Testamento comincia così: “Io sono il tuo Dio che ti ho fatto uscire dall’Egitto. Non avrai altri dèi fuori di me” (Es 20,2). Nel Nuovo Testamento l’impostazione è uguale: all’inizio vi è una Persona, l’annuncio del Vangelo; l’impegno morale ne è la conseguenza. Perciò le beatitudini non sono legge ma Vangelo. La legge obbliga l’uomo all’osservanza, non dà le forze per osservarla ma le sanzioni. Il Vangelo invita l’uomo a rispondere all’amore di Dio, gli dà le forze per corrispondere e la beatitudine eterna. Mai nessuno prima di Gesù aveva chiamato beati i poveri, i disprezzati, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati; mai nessuno prima di lui aveva pronunciato parole così dure contro i ricchi. E’ il discorso più rivoluzionario della storia! D’ora in poi è solo in riferimento a Gesù che può essere definita la felicità.

5) Quali sono gli insegnamenti?

> Anzitutto i poveri, che hanno il cuore più libero, accolgono con più facilità il Signore; per i ricchi, che hanno il cuore occupato dalle cose, uscire dal loro guscio dorato, è difficile, a volte impossibile. Per ottenere il denaro, l’uomo è capace di macchiarsi delle colpe più terribili: “Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames?” (Eneide III, 56), già lamentava Virgilio a proposito dell’infelice Polidoro. Chi pensa al proprio interesse, chi si perde dietro le seduzioni delle ricchezze … costui è «maledetto». Non che Dio lo odi o lo punisca, è «maledetto» perché ha fatto la scelta sbagliata, si è collocato fuori dal «regno di Dio».

> Secondo insegnamento: non ci troviamo davanti a un nobile manifesto sociale, ma alle preferenze di Dio; non è una scelta di classe del tipo “Proletari di tutto il mondo unitevi”, quasi che solo la classe operaia vada in paradiso. Dio preferisce i poveri perché questi sono disponibili all’ascolto; ai poveri confida i suoi segreti; chi vuole conoscere Dio, deve frequentare di più i poveri; chi vuole scoprire la sua volontà, deve visitare più spesso i sofferenti. Se Dio è padre, deve stare dalla parte dei figli sfortunati. Come in una famiglia: una madre deve avere più cure per chi ha più bisogno!

> Terzo insegnamento: nessuna consacrazione della povertà: la povertà espone l’uomo a pericoli e tentazioni; Gesù ha rifiutato la povertà materiale, ma ha esaltato la povertà spirituale: “Beati i poveri in spirito!”. La povertà è un male, una condizione ingiusta da eliminare; egli non dice di amare la povertà, ma di amare i poveri. L’ideale non è la povertà ma sempre e solo l’amore, e quindi, condividere, trasformare le cose in sacramento di fraternità.

6) Una chiesa di poveri, ma anche una chiesa povera. Mi ha sempre suscitato tenerezza e solidarietà la lettera di un giovane sacerdote, indirizzata ad Epoca: “Vivo in una parrocchia da 4 anni e non mi sento un pastore di anime; mi sento un impiegato, la rotella di un meccanismo, manovro registri e schedari, organizzo cerimonie nuziali, discuto con gli sposi delle decorazioni floreali e le relative tariffe. Non sono un ribelle. Sono un povero, timido prete che tante sere piange come un ragazzo perché gli sembra che tutto attorno a lui sia falso e sbagliato. Se parlo di queste cose con altri sacerdoti, essi mi rispondono, chi con ironia e chi con tristezza, che non sarò io a cambiare uomini e cose”. Sì, ci sono incrostazioni che devono cadere: in 20 secoli, credendo di fargli onore, abbiamo ammucchiato troppe cose intorno a Cristo, nella sua casa, sui suoi altari, e persino sulla sua parola. Paolo VI parla di “manto regale” messo addosso alla Chiesa lungo i secoli, e divenuto ormai anacronistico. Uno studio storico dimostra che tante acconciature non hanno avuto in origine nessun valore religioso: sono infiltrazioni mondane che si sono sacralizzate nel corso dei secoli. Va preso sul serio il comando di Cristo: “Gratis avete ricevuto, gratis anche date!”. Solo così avremo il diritto di restare nella Chiesa. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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