Cancello ed Arnone, convegno ambiente

domenica
gen 31,2010

CANCELLO ED ARNONE – Il 2° incontro del corso di formazione civica organizzato dal blog  “La Voce del Volturno”, diretto da Mattia Branco, in collaborazione con il comitato promotore composto da Raffaele De Lucia, Franco Di Pasquale, Simeone Capezzuto, Clemente Manzo e con la consulenza di Raffaele Raimondo, ha avuto luogo domenica 24 gennaio 2010 dalle ore 10,30 alle 12,30, presso il Salone “Branco” in via dei Glicini, in Cancello ed Arnone.
E’ impossibile, purtroppo, non evidenziare la poca affluenza dei giovani che hanno disertato l’incontro, benchè affrontasse argomenti molto importanti inerenti le pressanti problematiche ambientali, ossia:
-    Quale futuro si prevede per il nostro Pianeta a seguito dello “Scioglimento dei ghiacciai – Distruzione delle Foreste – Desertificazione incombente”.
-    Sviluppo sostenibile dal Protocollo di Kyoto al Vertice di Copenaghen
Due gli eccellenti relatori: la Prof.ssa Angela Ciaramella, docente del Liceo Diaz di Caserta ed il Dottor Giuseppe Messina, Fondatore “Legambiente” Campania.

La Prof.ssa Ciaramella ha illustrato, con un metodo molto semplice e comprensibile, che è in continua evoluzione il surriscaldamento del pianeta, ovvero il fenomeno di innalzamento della temperatura del pianeta, in particolare dell’atmosfera terrestre e delle acque degli oceani. Una buona parte dell’aumento della temperatura è dovuto a cause naturali come l’effetto serra, mentre un’altra è riconducibile alle attività umane quale l’utilizzo dei combustibili fossili o dell’allevamento e dell’agricoltura intensiva.

L’IPCC (Intergovernmental Panelon on Climate Change) ha reso noto nel 2005 che la temperatura del pianeta Terra è aumentata di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100 anni e la maggior colpa di ciò è attribuita all’incremento osservato dalle concentrazioni di gas serra antropogenici. Un aumento di pochi decimi di grado nella temperatura atmosferica e superficiale è in grado di attuare effetti devastanti sulla Terra.
Uno di questi è indubbiamente il ritiro dei ghiacciai, lo scoglimento delle calotte polari ed il conseguente aumento del livello dei mari tra i 2 e i 6 metri.

Il secondo rischio è quello del rallentamento della corrente nord-atlantica, che normalmente fa sì che New York abbia un clima diverso da Napoli o da Lisbona che si trovano alla medesima latitudine.

Un altro rischio è sicuramente l’estinzione di specie vegetali ed animali. Uno studio prevede che se ne estingueranno da 18% a 35% nei prossimi 40 anni. Il riscaldamento globale però potrebbe avere anche le conseguenza di portare malattie come la malaria e la dengue, i raccolti agricoli dell’Africa Subsahariana peggiorerebbero moltissimo a causa di questa temperatura.

L’innalzamento della temperatura quindi è un fenomeno che peggiorerebbe drasticamente lo stile e le condizioni di vita dell’uomo e degli esseri umani in generale, potremmo prevenirlo o almeno provarci evitando l’inquinamento dell’atmosfera, delle acque e del suolo, riciclare i rifiuti e le materie prime, utilizzando energie rinnovabili tipo quella solare o quella eolica, proteggendo l’ecosistema con un consumo ecosostenibile o sostenendo le politiche ambientali adottate dalle istituzioni.

COSA ACCADRA’ CON LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI

L’innalzamento della temperatura determinerà cambiamenti climatici che a loro volta si rifletteranno sull’intera popolazione mondiale.
Lo scioglimento dei ghiacciai farà aumentare il livello dei mari di 5 mm ogni anno, con effetti a catena: fiumi in piena, aumento di inondazioni e precipitazioni, riduzione della disponibilità di acqua dolce, centri urbani assediati dall’afa, montagne senza neve, epidemie di colera e malaria.

Questo è un probabile bollettino con le conseguenze dello scioglimento dei ghiacci nelle diverse regioni del pianeta:
•    I Poli.
Nelle regioni polari l’impatto sarà più rapido e profondo. Geografia e caratteristiche della Penisola dell’Antartico, dell’Oceano del Sud e dell’Artico cambieranno.
•    L’Europa.
Le regioni mediterranee saranno le più vulnerabili.
Nell’Europa del Sud l’estate si allungherà e l’acqua dolce disponibile diminuirà. Aumenteranno le differenze climatiche e ambientali fra le regioni del Nord e del Sud, vulnerabili alla siccità. Metà dei ghiacciai alpini scompariranno. Aumenterà il livello dei fiumi in gran parte dell’Europa e il rischio di inondazioni sulle aree costiere, con pesanti conseguenze per il turismo, l’industria e l’agricoltura. In Italia, il mare ingoierà le zone costiere formate da lagune e da foci dei fiumi. La produttività media diminuirà nell’Europa del Sud e dell’Est, mentre il Nord potrà contare su temperature più miti, che favoriranno le colture agricole.
•    I Tropici.
Ad essere colpite saranno soprattutto le regioni tropicali e sub-tropicali. Esse accuseranno diminuzione dei raccolti agricoli e della quantità di acqua disponibile, aumento dell’esposizione a malattie come malaria e colera, incremento delle morti causate dal caldo.
Gli eventi meteorologici estremi, una volta concentrati nell’area caraibica, si estenderanno in altre regioni del mondo: le alluvioni del Piemonte ne sono una conferma.
•    I timori per la salute.
L’aumento delle ondate di caldo, spesso accompagnato da maggiore umidità e inquinamento, si farà sentire di più nei grandi centri urbani. I più esposti a malori per il caldo e malattie generate dalle alte temperature saranno gli anziani e le persone più deboli. Le inondazioni aumenteranno i rischi di annegamenti, diarree e infezioni respiratorie. Nel Terzo Mondo porteranno a carestie e malnutrizione.
•    Gli effetti positivi.
Alle medie latitudini una temperatura più mite favorirà l’agricoltura; diminuiranno le morti per freddo e così anche i costi economici per il riscaldamento invernale. L’aumento delle precipitazioni favorirà alcune regioni che soffrono di siccità (come l’Estremo Oriente) e lo sviluppo delle foreste.

DISTRIBUZIONE DELLE FORESTE

L’importanza delle foreste nel mantenimento degli equilibri ecologici ed ambientali (biodiversità, qualità dell’aria, regimentazione idriche, ecc.) è una delle questioni che investono maggiormente l’attenzione della politica mondiale. dagli ultimi dati 2001 della FAO emerge che abbiamo raggiunto ormai un record negativo preoccupante: il ritmo della scomparsa delle foreste tropicali, sempre stando ai dati della Fao, è incredibile: 26 ettari persi ogni minuto di ogni giorno. Come dire l’equivalente di 37 campi di calcio.
Vediamo quali sono le cause della distruzione:
1.     per due terzi la cintura verde sparisce per dar posto ad allevamenti di bestiame e ad agricoltura intensiva.
2.     Un terzo scompare per estrazione del legname a fini commerciali. Ogni anno, secondo la Fao vanno in fumo foreste grandi come Portogallo e la Svizzera messi insieme.
Ora sappiamo che meno foreste abbiamo, meno ossigeno viene prodotto e  più anidride carbonica si accumula producendo l’effetto serra.
Per questo motivo è sempre più attivo un movimento di opinione per la protezione del mantello verde del Pianeta.
Un movimento che coinvolge sempre più scienziati, biologi e ambientalisti, alcuni governi nazionali, organizzazioni mondiali, e persino alcune industrie dell’estrazione e della lavorazione del legname.
In gioco ci sono problemi da risolvere come le quote di emissione di anidride carbonica di ogni singolo stato e la ratifica del Protocollo di Kyoto sulla riduzione dei gas serra nel mondo.
Si è discusso di questo a Marrakesh, in Marocco, nell’ultima conferenza degli stati interessati per decidere di quanto ridurre le emissioni di anidride carbonica. Si è proposto di ripiantare foreste, di evitare i tagli a raso, di estrarre il legname (una risorsa rinnovabile) in maniera compatibile con l’ecologia e la protezione della natura.
Dagli orientamenti di queste prime conferenze sembrerebbe che le foreste saranno oggetto di politica diversa nel nostro futuro.
La popolazione della terra ha sempre più bisogno di ossigeno per vivere.
La FAO, nel suo ultimo rapporto, ci dice che alla attività delle foreste sono interessati direttamente 60 milioni di popoli indigeni oltre ad un miliardo e 200 milioni di persone che dipendono economicamente da esse.
Per invertire la rotta di distruzione delle foreste è stato fondato nel 1993 un organismo importante che è l’FSC (Forest Stewardship Council) con sede ad Oaxaca, in Messico.
A tutt’oggi 24 milioni e mezzo di foreste sono state certificate da 20 enti accreditati nel mondo.
La certificazione sta a dimostrare dire che nessuna pianta viene tagliata a sproposito; che viene operata una politica di salvaguardia del patrimonio boschivo e che quindi le superfici invece di diminuire aumentano.
Tale azione è attuata soprattutto in Europa (paesi come la Scandinavia) e paesi dell’Est: ben16 milioni e mezzo di ettari.
Nel resto del mondo, come nelle Americhe, in Asia e in Africa i tagli e gli incendi continuano a ritmi pesanti. In Africa esiste ancora e purtroppo uno sfruttamento massiccio di foreste tropicali vergini, come nel  Camerun nella Sierra Leone ed in Liberia.
Un comitato di esperti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha messo in evidenza, in un rapporto del dicembre 2000, come l’industria liberiana del legno «è coinvolta in attività illecite, ed una grande quantità di introiti è impiegata per finanziare attività fuori bilancio, tra cui l’acquisto clandestino di armi».
Per fortuna esistono casi in cui, come in Amazzonia, in Brasile, alcuni programmi di
intervento stanno operando una massiccia opera di educazione ambientale per far comprendere come sia controproducente, per la stessa esistenza e sopravvivenza delle popolazioni locali continuare a bruciare la foresta a vantaggio di un’agricoltura non sostenibile nel ungo periodo.
Negli ultimi tempi si è assistito, nelle aree dove questo programma è stato attivato ad una diminuzione degli incendi boschivi.

DESERTIFICAZIONE INCOMBENTE
Inverni caldi, estati fredde, siccità anche in Italia, sono solo alcuni dei segnali inquietanti dei danni irreparabili che stiamo causando alla terra! Sempre più spesso si parla dell’incombente e tragica minaccia della desertificazione. Ad esempio noi qui al sud moriamo di sete praticamente ogni estate, ve ne siete mai accorti? Ed allora cosa fare? Mi sembra ovvio che tutti d’accordo c’è da rimboccarsi le maniche: la natura merita maggior rispetto!

Intanto il dottor Giuseppe Messina, affrontando l’argomento con grande energia, ci ha spiegato come ci si deve approcciare alla pianificazione territoriale. Nel ricercare una corretta risposta ad una questione cruciaole per la salvaguardia e la valorizzzione del territorio in cui si vive. Egli ci propone un indicatore aggregato – l’impronta ecologica – e altri tre indicatori: la sostenibilità, la dsertificazione e l’energia.

Su questi indicatori Messina articola la sua analisi, avanza proposte, presenta esempi su com si dovrebbe pianificare. Prospetta, inoltre, un Manifesto per il recupeo della frazione organica dei rifiuti e presenta il “Metodo dialogico”, qule strumento utile, specie per la pubblica amministrazione, per coinvolgere nelle scelte che riguardano la localizzazione di impianti con un sensibile impatto ambientale tutti i soggetti interessati, al fine di giungere alla scelta più giusta e quanto più condivisa. Vi sono oggi molti strumenti per la pianificazione: dalla cartografia della vegetazione e valutazione dell’impatto ambientale, al telerilevamento, ai G.I.S., lle metodologie per l’analisi della dinamica del paesaggio vegetale, ecc.

Insomma uno sviluppo sostenibile che è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.

Intanto per quanto riguarda lo “Sviluppo sostenibile. Dal Protocollo di Kyoto al vertice di Copenaghen, si può solo registrare un’ulteriore delusione, infatti:

Copenhagen: senza fare niente

Alla fine è stato trovato un accordo non vincolante in extremis, dopo giorni di litigi e discussioni inconcludenti e repressione poliziesca contro i manifestanti che fuori chiedevano ai politici di fare qualcosa. Ma è un’accordo praticamente inutile, stipulato soltanto per salvare la faccia dopo una notte di estenuanti negoziati, ed evitare di chiudere con un fallimento il vertice di Copenhagen sul cambiamento climatico.

La battaglia in realtà è ancora in corso, con le nazioni povere sul piede di guerra. In pratica dovrebbero essere approvati due trattati, uno che prolunga Kyoto per i paesi industrializzati che lo avevano firmato, l’altro per gli Usa che non lo avevano fatto e per i paesi in via di sviluppo che non avevano impegni. L’obiettivo è fermare l’aumento della temperatura a due gradi e rivedersi nel 2016 per decidere se è il caso di fermarlo a 1,5 gradi, visto che molti, tra cui i paesi poveri, ritengono che a 2 gradi la situazione potrebbe già essere compromessa.

Il piccolo particolare che nessuno spiega è che la soglia dei 2 gradi potrebbe essere superata lo stesso, se non si limita molto la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera, ma per ora non è stato deciso niente in merito. I paesi ricchi dovrebbero tagliare l’80% delle emissioni entro il 2050 e i paesi in via di sviluppo del 50%. Ma Cina e Brasile non vogliono accettare questo vincolo a meno che i paesi ricchi non inizino a ridurre le loro emissioni del 25-40% entro il 2020. Ma in realtà gli impegni presi finora da Usa ed Europa prevedono soltanto il 14-18% in meno. Insomma per farla breve, nulla di concreto è stato deciso se non un generico “prima o poi taglieremo le emissioni” che non significa niente e l’impegno a restare entro i 2 gradi, ma senza dire come. Il problema è che secondo molti scienziati, anche se la notizia non circola molto, in assenza di una seria riduzione delle emissioni già entro il 2020 avremo comunque un aumento di 3 gradi della temperatura globale. Un valore che significa alluvioni, uragani e siccità in vaste zone del pianeta e molti altri effetti imprevedibili e disastrosi.

Infatti ai paesi poveri sono stati promessi 10 miliardi di dollari l’anno fino al 2012 e un fondo che arriverà a 100 miliardi entro il 2020. Soldi non soltanto destinati a ridurre le emissioni, ma a riparare i danni dell’effetto serra. Danni che i paesi ricchi già sanno quantificare. Ma evidentemente i danni che altri subiranno prima di noi non sono un motivo sufficiente per prendere seri provvedimenti che richiederebbero una trasformazione radicale della nostra economia basata sullo spreco.

Le associazioni ambientaliste ovviamente non sono affatto contente e quindi tutte le campagne continueranno per spingere i leader mondiali a firmare un vero accordo con veri vincoli nei prossimi mesi. Per ora si continua come negli ultimi decenni, a non fare niente per fermare l’inquinamento e la deforestazione, mentre il tempo utile diminuisce anche se in questi giorni, ironicamente, è scesa la neve su molte zone d’Europa.

Termino qui l’esposizione degli argomenti trattati nel corso del Convegno, ma sono del parere che molte e molte altre problematiche si potrebbero toccare, si rischia, però, di diventare dispersivi o addirittura di non essere neppure letti. Tuttavia, vi consiglio di affrontare questo problema perchè l’AMBIENTE E’ LA NOSTRA STESSA VITA.

Tilde Maisto

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *