CASERTA. CONCLUSO PRESSO LA CASA SALESIANA IL CONVEGNO SUL TEMA “Verso lo specifico salesiano della relazione didattica ed educativa”: TESTIMONIANZA E RIFLESSIONI.

 

Paolo Pozzuoli

Si è felicemente concluso con grande soddisfazione del comitato organizzatore costituito dal Direttore, don Franco Gallone, dal Presidente del Liceo, don Pasquale D’Angelo, e dal Responsabile dell’Ufficio Pastorale Giovanile Meridionale, don Fabio Bellino, e con l’apprezzamento del numeroso pubblico (direttori, presidi, animatori scolastici, docenti ed educatori,) presente, il convegno tenutosi nello scorso week-end presso la casa salesiana di Caserta sull’interessante tema “Verso lo specifico salesiano della relazione didattica ed educativa”. Rilevati, in particolare, due elementi cardine. Il primo concerne il ragazzo, è riferito alla figura del ragazzo, alla presenza dello stesso dentro la casa salesiana: sempre centrale sia che venga affidato sia che si affidi di persona alle ‘cure’ della scuola salesiana. Il secondo investe i docenti ed il rapporto che viene stabilito con il ragazzo. Un compito senz’altro arduo oggi – così ci è sembrato di capire – per un docente il quale, partendo dalla tradizione e attraverso la condivisione di esperienze e la riflessione, si rinnova e, ascoltando i giovani, impara a stare con loro, ad amare quello che loro amano ed, infine, a costruire con loro e per loro una comunità educativa che si apra a tutti come una casa, quali che siano provenienze e obiettivi di vita professionale. È pertanto necessario e indispensabile per un educatore che intenda stabilire con i giovani un ‘rapporto’ collaborativo-confidenziale – propedeutico onde acquisire, senza alcuna forzatura, ogni elemento utile per scoprirne il carattere, capirne esigenze, fragilità ed obiettivi, avere cognizione del contesto familiare, sociale, ambientale nel quale vive, delle frequentazioni, indi motivarli offrendo un’opportunità di crescita e soprattutto di riscatto a quei ragazzi che non hanno altre opportunità – abbandonare nello stesso tempo e per quanto possibile gli abiti del maestro e indossare quelli dell’amico. Don Bosco non ha imposto regole e nemmeno dettato norme didattico-disciplinari. Che, difettando dei crismi dell’universalità, da una parte avrebbero disatteso le aspettative in quanto  poco e/o per niente praticabili e, di conseguenza, non adattabili compiutamente ad ogni ragazzo e dall’altra messo in difficoltà gli stessi educatori, chiusi ed ingessati nel crogiolo di norme e di regole. Non a caso, infatti, Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco sono i ragazzi simbolo del suo insegnamento. Importante è dunque sollecitare, stimolare il ragazzo facendo leva sulla sfera cognitivo-speculativa – che va catturata – per meglio seguirlo, plasmarlo, coinvolgerlo, aiutarlo a tirare fuori quanto ancora per un modo o per un altro non è riuscito ad esprimere e/o non intende palesare. Tutto ciò premesso, riportiamo la bellissima testimonianza-riflessione di Maria Antonietta Dattoli, docente di lettere dell’Istituto Salesiano Sacro Cuore di Napoli, partecipante al convegno, subito dopo la prima giornata dei lavori: << Vivere la scuola in modo salesiano comporta, oggi, non poche responsabilità in più per un docente chiamato quotidianamente a farsi “amico e maestro” dei suoi ragazzi. Se da un lato in questo compito è sostenuto da una tradizione fondata sull’intuizione di San Giovanni Bosco che è stata sviluppata dai suoi successori, dall’altro è chiamato a misurarsi con le difficoltà di un’epoca in cui la fede sembra aver smarrito la sua assialità nel profilo psicologico della gioventù. Questo fenomeno impone un’urgente riflessione e altrettanto urgenti interventi. In un simile contesto trova senso e necessità il Convegno “Verso lo specifico salesiano della relazione didattica ed educativa” che, accogliendo il suggerimento del Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana, si propone di favorire la condivisione delle più significative esperienze maturate dalle scuole dell’Ispettoria Meridionale. È peraltro diffusamente avvertita l’esigenza di un rinnovamento che, proprio in questo convegno, può trovare occasione per una significativa riconsiderazione della spiritualità salesiana. Anzi: proprio nelle pieghe della modernità sono rinvenibili strumenti nuovi ed efficaci per affrontare l’emergenza educativa in atto. Certamente non è stato privo di significato il fatto che nel giorno di apertura dei lavori sia stato dedicato un breve ma incisivo spazio ai ragazzi della scuola media “Valdocco” del Don Bosco di Napoli che hanno portato sulla scena il frutto di una bella esperienza laboratoriale. I salesiani e i docenti laici della scuola hanno già affrontato una sfida importante: creare una scuola disponibile ad aprire le porte a giovani provenienti da contesti difficili di povertà e di disagio sociale; capace di integrare, all’interno delle attività curriculari, la dimensione tutoriale e laboratoriale e ciò non solo per affrontare il problema della dispersione scolastica, ma anche per trovare quei linguaggi che sappiano offrire un’opportunità di crescita e di riscatto a ragazzi che non hanno altre opportunità. Il “Grease ‘e Napule”, che ha visto protagonisti i giovani del “Valdocco”, ha mostrato a tutti che il modello educativo di Don Bosco non chiede che di essere operante con l’impegno quotidiano e la passione. Tocca a noi ancora una volta riviverlo, senza tuttavia dimenticare che la sua vitalità risiede probabilmente nel fatto che non è stato mai irrigidito in una formula stereotipata. D’altra parte Don Bosco non ha lasciato regole scritte che normalizzassero il suo sistema educativo: lo ha incarnato nella sua vita, lo ha trasmesso con il suo esempio. Come ha ricordato don Pasquale Cristiani, ispettore della Provincia Meridionale Salesiana, la strada da seguire ancora oggi parte proprio da lì, dal modello di Don Bosco e procede attraverso la necessità di ascoltare i giovani per imparare a stare con loro, ad amare quello che loro amano e, infine, a costruire con loro e per loro una comunità educativa che si apra a tutti come una casa, quali che siano provenienze e obiettivi di vita professionale. Ciò detto, resta intatta l’esigenza del rinnovamento, restano intatte le sfide del nostro tempo. Il primo passo è prendere atto dei cambiamenti in corso nella società e in particolare nei giovani. Il secondo – certamente il più difficile – consiste nel proporre il messaggio di Don Bosco senza snaturarlo. In quest’ottica, il Convegno che in questi giorni ci vede riuniti a Caserta rappresenta senz’altro la prima tappa del cammino. >>

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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