CHI NON AMA NON DEVE CORREGGERE IL FRATELLO (Mt 18,15)

10 settembre 2017 *XXIII Domenica T.O. (A)

CHI NON AMA NON DEVE CORREGGERE IL FRATELLO (Mt 18,15)  

riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo Biblico ebraico-cristiano) השרשים הקדושים

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La domenica della correzione fraterna

  1. Nel Vangelo di due settimane fa abbiamo ascoltato come Gesù fonda la Chiesa e l’affida a Pietro. Nel Vangelo di questa settimana, Gesù ci fa vedere la sua Chiesa in azione. Ma nulla di trionfale! Certo, la Chiesa diventerà un grande albero, ma l’inizio è un seme, un lievito, un granello di senapa. L’insegnamento di Gesù è un invito alla moderazione nell’uso di certe regole di disciplina comunitaria. La condanna ufficiale del fratello è possibile solo quando egli persevera nel male, e rifiuta ogni correzione (v.17). Noi siamo corrivi a chiamare gli altri peccatori; Gesù ci dice invece fratello che commette una colpa; c’è differenza tra chi pecca qualche volta, e chi è davvero peccatore.
  2. Il problema posto in questo vangelo è quello del perdono dei peccati. Se capita che uno ti offende, cosa fare? Gesù non ricorre a nessun rituale e a nessun personaggio in sacris con poteri speciali per perdonare in nome di Dio. Gesù è molto chiaro: se uno offende o danneggia un altro, c’è una sola soluzione: che si riconcilino tra di loro, cioè che si perdonino reciprocamente. L’intervento dell’autorità ecclesiastica (prima il vescovo e, a partire dal secolo VIII, anche i presbiteri) si verificò relativamente presto: già nel secolo III. Ma storicamente si sa che sempre si è ammesso il perdono concesso tramite la benedizione di un laico, un’abitudine che sopravvisse con sicurezza fino al secolo XVI. Ignazio di Loyola nella sua Autobiografia racconta che in una situazione di difficoltà si confessò con un soldato. In ogni caso la confessione auricolare dettagliata dei peccati ad un prete non è documentata dogmaticamente. È stata una decisione disciplinare del concilio di Trento.
  3. Lo stile del Vangelo colpisce subito per il suo realismo. L’episodio raccontato ha per protagonista un fratello che commette un peccato. Gesù dice di non mettere subito di mezzo la Chiesa ufficiale, di non far intervenire subito i sacri tribunali dell’Inquisizione. Che un altro fratello corregga il peccatore, e il peccato resti segreto! Ma se il peccatore non dà retta? Allora lo si corregga alla presenza di qualche altra persona. Se si ostina ancora, venga rimproverato davanti all’assemblea; se neanche questo rimprovero è efficace, allora lo si escluda dalla comunità, sia scomunicato. Per sempre? No, se si pente, va perdonato e riammesso, anche settanta volte sette. Gesù non vuole una Chiesa di eremiti, di solitari, di perfetti! La religione di Cristo è sociale, oltre che interiore! Notiamo infine il tono serio e sereno di questa Chiesa, che è madre e maestra insieme. Niente di legalitario, di curiale, di burocratico. Meno ancora l’ombra del boia, i bagliori del rogo, le torture dell’inquisizione. Se questi errori sono stati commessi, non è stato certo Gesù a consigliarli.
  4. L’esclusione dalla comunità: ecco la massima pena! Ma sempre nella pedagogia della conversione e non della repressione! Quello che conta non è dimostrare il vero o il falso, ma recuperare il fratello. Per questo occorre molta discrezione. Invece noi, adottiamo una procedura diversa: se un fratello pecca, ne parliamo subito con tutti, addirittura amplificando i fatti. E quel fratello sovente è l’ultimo a sapere quanto si racconta alle sue spalle. Lo faceva già notare Pascal con una certa ironia: Un principe potrà essere la favola di tutta l’Europa, e sarà l’unico a non saperne nulla. Nessuno parla di noi in nostra presenza come ne parla in nostra assenza. L’unione tra gli uomini è fondata su questo reciproco inganno, e poche amicizie durerebbero se ognuno sapesse quello che dice di lui l’amico in sua assenza. Sono più che certo che se tutti gli uomini sapessero quello che dicono gli uni degli altri, nel mondo non ci sarebbero quattro amici. Gesù parla di correzione fraterna, ossia si corregge perché si ama. A chi sostiene i diritti della verità va ricordato che la verità è un nome astratto, e che con il pretesto della verità abbiamo commesso tanti delitti contro l’uomo. Esistono solo i diritti dell’uomo, perché solo l’uomo è soggetto di diritti e doveri. Il peccato va sempre condannato, ma il peccatore merita sempre rispetto. A chi si difende con: Io dico sempre la verità, gli va aggiunto: E sei un maleducato! A chi dice: Io sono fatto così, gli va aggiunto: E sei fatto male! perché la verità non sempre va detta, e in ogni caso la verità va detta con carità. Non c’è da essere felici quando un nostro fratello ci lascia; non c’è da tenere il muso quando un nostro fratello ritorna nella comunità convertito. Siamo tutti felici dentro quando nessuno è infelice fuori. Ed ora qualche sottolineatura:

> Se tuo fratello – quindi si tratta di un componente della comunità – commetterà una colpa contro di te, va’ e … – non ammoniscilo, come riporta questa traduzione, ma convincilo (ελεγξον αυτον). Non è la posizione di un superiore verso un inferiore per ammonirlo, ma è la posizione del fratello che cerca di ricomporre l’unità. Sempre ricordando quanto Gesù già ha ammonito, cioè che prima di guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello, occorre stare attenti che uno non abbia la trave conficcata nel suo (trave che deforma la sua realtà).

> Tra te e lui solo, quindi al dissidio non deve essere data pubblicità, si deve risolvere il problema. Ed è la persona offesa che deve andare verso l’offensore, perché chi sbaglia, chi offende spesso non ha il coraggio, non ha la forza di chiedere scusa, di chiedere perdono. Allora deve essere la parte lesa, la persona offesa, che va verso l’offensore e ricomporre il dissidio.

> E se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi con te una o due persone – sono quelli che nella comunità svolgono il ruolo di costruttori di pace – perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni, secondo quanto afferma il libro del Deuteronomio (19,15). Il dato fondamentale è che il perdono reciproco tra gli uomini è anche perdono di Dio. Dove due persone si uniscono, Dio si unisce con loro.

> E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te – quindi non per la comunità, ma per te – come il pagano e il pubblicano. Cosa significa? Non significa che quest’individuo, causa del dissidio, vada escluso dall’amore della comunità, e neanche dal tuo amore, ma significa che questo amore sarà a senso unico. Gesù dirà di amare i nemici. Quindi non significa escludere questa persona dal tuo amore, ma amarlo in perdita, a senso unico.

> Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo: il verbo mettersi d’accordo è συμφωνησωσιν, da cui la parola sinfonia. E’ importante perché indica la vita della comunità: sinfonia significa che diverse voci, diversi strumenti suonano ciascuno dando il meglio di sé. Non ci deve essere una uniformità di voci e di suoni, ma c’è una varietà nell’unico spartito che è quello dell’amore. Quindi è l’amore vissuto nelle varie forme, fiorito nelle varie modalità.

 

> Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro: ritorna il tema caro all’evangelista, quella di Gesù, il Dio con noi. Mentre nella tradizione ebraica si diceva che dove due o tre si riuniscono per studiare la Torah, la Shekhinàh, cioè la gloria di Dio è in mezzo a loro, Gesù si sostituisce alla Toràh: l’adesione a Dio non avviene più attraverso una legge esterna all’uomo, ma nella conformazione a una persona: Gesù di Nazaret. Buona vita!

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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