COME ORIENTARSI TRA 248 COMANDI E 365 DIVIETI? (MT 22,34)

29 ottobre 2017  *  XXIX Domenica T.O. (A)

 

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo biblico ebraico-cristiano)

השורשים הקדושים

La domenica “della legge dell’amore”

  1. Cosa sarebbe il Vangelo senza tutta quella umanità che vi si agita con i propri bisogni, sofferenze, miserie, nobiltà? Sarebbe un bel trattato di catechesi, un bel dialogo filosofico, una summa teologica, che san Tommaso valutò alla fine un fuoco di paglia, e che lo scrittore C. Péguy avrebbe dato in cambio di una semplice “Salve regina”. Ma Gesù è anche un grande teologo e un catechista eccezionale, anche se nel bel mezzo del discorso si distrae a giocare con i bambini, o nel bel mezzo di un banchetto rovina la digestione ai farisei con questioni del tipo Si può guarire un ammalato in giorno di sabato? Forse questa sua facilità a guarire in giorno di sabato, a lasciarsi baciare ad una pubblica peccatrice … deve avere indotto i farisei a chiedergli quale fosse il primo e più grande comandamento della Legge. E Gesù risponde che tutta la Legge e i Profeti dipendono dall’amore. Il primato spetta all’amore.

Come orientarsi tra 248 comandi e 365 divieti?

  1. Tra i 248 comandi (tante erano le ossa del corpo umano!) e i 365 divieti (tanti erano i giorni dell’anno!) che i dottori della legge avevano contato nella legge mosaica (in tutto ben 613!), e che essi dividevano in gravi e leggeri, qual era il più importante? Le donne erano tenute a osservare solo i precetti negativi. Un problema davvero! Se era difficile impararli, immaginate quanto fosse più complicato osservarli; evitare i peccati era praticamente impossibile. Gesù considera questa congerie di norme un giogo pesante che toglie il respiro e la gioia di vivere (Mt 11,28). Un giorno uno scriba, forse un po’ risentito, gli s’avvicina in modo ostile e, per tentarlo, gli chiede: Qual è comandamento grande della legge? (v.36). Intende dire: tutti i 613 precetti sono importanti, sono un giogo, ma è bene per l’uomo portarlo fin dalla giovinezza (Lam 3,27). Non tutti i rabbini erano così rigidi, molti operavano una distinzione fra precetti gravi e leggeri e sentivano anche Il bisogno di fare una sintesi. Il testo cui facevano riferimento era il famoso Shema’ Israel che ogni giorno, il mattino e la sera, ogni israelita recitava e che Gesù stesso cita: Amerai il Signore tuo Dio con tutto Il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze (Dt 6,5). C’era anche chi poneva al primo posto l’amore del prossimo. Si racconta che un giorno un soldato romano chiese a Hillel – famoso rabbino vissuto pochi anni prima di Cristo – di insegnargli tutta la Toràh nel tempo in cui fosse riuscito a reggersi su una sola gamba. Hillel rispose: Ciò che a te non piace, non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la legge, il resto è commento.

L’amore come principio unificante

  1. Rimane un punto da chiarire: il rapporto fra l’amore a Dio e l’amore al prossimo. Notiamo che negli autori del Nuovo Testamento c’è una progressiva tendenza a unificare i due comandamenti. Marco, il primo degli evangelisti, parla di primo e di secondo comandamento (12,37); dopo di lui, Matteo riprende la stessa espressione, ma vi aggiunge: il secondo è simile (ομοια), cioè equivale al primo (Mt 22,34); Luca non accenna a un primo e a un secondo comandamento, ma li unisce in uno solo (Lc 10,25); Giovanni ricorda le parole di Gesù che parla di un solo comandamento: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 13,34).
  2. In seguito e in tutto il resto del Nuovo Testamento non si accenna più a due comandamenti, ma a uno solo, l’amore all’uomo. Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Ama il prossimo come te stesso! (Gal 5,14). C’è un solo amore: un autentico amore dell’uomo è un autentico amore di Dio. In termini clericali, potremmo dire: la carità fraterna è teologale, è sempre divina. Di modo che, se uno ama veramente il prossimo, ama ipso facto anche Dio. A nessuno sarà chiesto quale sia il suo credo, se abbia pregato sul Garizim o a Gerusalemme o nel Vaticano, in una moschea o in una sinagoga o in una cattedrale: tutto questo – che tanto preoccupa gli uomini di chiesa! – per Dio non sembra avere importanza decisiva (Mt 25,35).
  3. Non ci salviamo perché battezzati o circoncisi, perché educati in una scuola cattolica o in una ieshivàh rabbinica o in una moschea musulmana. Davanti a Dio esiste questa sola distinzione: chi costruisce la Civiltà dell’Amore e chi la Torre di Babele, chi ascolta Dio e chi lo rifiuta (At 10,34). Ci si può salvare senza culto, senza battesimo, senza eucaristia, senza cerimonie … ma è impossibile salvarsi senza carità, senza l’olio della bontà nella vita (Mt 25,1). Se si continuano a mantenere separati i due comandamenti, si corre il rischio di mettere Dio e il prossimo in competizione e di pensare che ciò che è dato all’uno è tolto all’altro. Amare Dio non significa sottrarre qualcosa all’uomo per darlo a Dio. Erano gli dèi pagani che avevano creato gli uomini per essere da loro serviti mediante offerte, sacrifici, preghiere. La contrapposizione fra l’amore per l’uomo e il culto a Dio è fondata su miti pagani, non deriva dal vangelo.
  4. Amico degli uomini, Prometeo aveva insegnato loro i numeri, le lettere, l’arte di addomesticare gli animali, l’agricoltura, la navigazione, la lavorazione dei metalli; era salito sull’Olimpo per rubare il fuoco agli dèi e portarlo sulla terra, per questo Zeus lo aveva fatto incatenare a una roccia del Caucaso e aveva ordinato a un avvoltoio di dilaniargli eternamente le carni. Così il signore degli dèi sfogava il suo rancore contro colui, che, per aver beneficato gli uomini, si era inimicato gli dèi. Nulla è più contrario al messaggio biblico. Ogni crescita dell’uomo realizza il progetto di Dio: Se uno dicesse: “lo amo Dio”, e odiasse il proprio fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede (1Gv 4,19). Partendo da una prospettiva biblica, Prometeo è stato definito l’uomo secondo il cuore di Dio.

Primato assiologico / probativo

  1. Il Dio di Gesù non ha mai chiesto nulla per sé, è lui che si pone a servizio dell’uomo, fino a chinarsi per lavargli i piedi e chiede a noi di fare altrettanto: Se Dio ci ha amato anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri (1Gv 4,11). Amare questo Dio significa amare l’orfano, la vedova e lo straniero, come Dio li ama e li protegge. Possiamo dire che il primato assiologico spetta a Dio, ma il primato probativo va all’uomo: mentre l’amore di Dio potrebbe essere una religiosa illusione, l’amore dell’uomo invece è reale e diretto. Si tratta di una rivelazione rivoluzionaria: noi non siamo più divisi tra due comandamenti; non dobbiamo togliere nulla all’uomo per offrirlo a Dio e viceversa, perché Dio si è umanizzato, e l’uomo è stato divinizzato. L’amore di Dio e l’amore degli uomini sono perciò compatibili, uno non esclude l’altro.
  2. Solitudine, silenzio, ascesi sono necessari per creare un clima favorevole alla contemplazione, alla vita interiore, all’incontro con Dio, ma divengono segni di patologie se allontanano dagli uomini, se portano al disinteresse per i fratelli. Coltivare la vita interiore è un valore necessario; ma la vita interiore, quando è davvero cristiana, non è monologo: incontrando Dio nella preghiera, il cristiano incontra inevitabilmente tutti gli altri figli di Dio. Diversamente dalla sapienza contemplativa orientale, il Vangelo non ha mai opposto l’essere al fare, l’interiore all’esteriore, la teoria alla prassi, la fede alle opere. Il cristiano può anche allontanarsi momentaneamente dagli uomini per pregare, ma l’allontanamento dagli uomini è sempre e solo provvisorio. Il contemplativo serve gli uomini onorando Dio, l’attivo onora Dio servendo gli uomini. La Chiesa è piena di esempi. Il santo curato d’Ars sospirava il convento, e si prodigava generosamente per i fratelli; e i monasteri hanno dato alla Chiesa grandi papi, vescovi, riformatori, missionari, studiosi. Possiamo anche salvarci senza culto, senza sacramenti, senza Chiesa. Il motivo è semplice: noi siamo circa otto miliardi di persone, e di queste solo un miliardo sono cristiani. Dove vanno gli altri sette miliardi? All’inferno? Potremo giudicarli solo a partire dal battesimo? Non rifletteremo mai a sufficienza su Matteo 25,31: l’esame non è sul culto, sulla liturgia, sui sacramenti … ma sulle opere di misericordia: Lo avete fatto a me! Gesù respinge due estremismi: a) l’illusorio spiritualismo, sinonimo di sterile devozionalismo; b) il logorante attivismo, il filantropismo dal fiato corto, quando non è nutrito dalla vita interiore. Buona vita!

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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