DIO PARLA, CHIAMA, SEMINA SEMPRE … (Mt 13,1)

Domenica 16 luglio 2017

DIO PARLA, CHIAMA, SEMINA SEMPRE … (Mt 13,1)  

riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo Biblico ebraico-cristiano) השרשים הקדושים

per contatti: francescogaleone@libero.it

 

XV  Domenica del tempo ordinario (A)

Dio semina, parla, chiama continuamente

Con questa parabola del seminatore, si apre in Matteo la sequenza delle parabole agricole. Magia delle parabole! Abbiamo ben sette parabole tutte nel cap. 13, introdotte dalla scena di Gesù nella barca, sul lago di Galilea. La parabola del seminatore, come tante altre, viene raccontata nell’ambiente agricolo palestinese; Gesù si muove in una cornice degna delle migliori bucoliche o georgiche: natura, campagna, cielo, animali, mare … Gesù conosceva bene la natura, la polvere, la fatica delle mani; non era un teologo inamidato all’occidentale; non scriveva Tractatus de … ma le sue parole sapevano di vita, di natura, di “pecore” per dirla tutta alla papa Francesco, che porta semplici scarpe nere ortopediche, e non le famose scarpe rosse fatte a Novara, che va dall’ottico o dal calzolaio come un cliente comune, che non indossa vestiti o profumi firmati né polsini d’oro alle camicie … Non dimentichiamo queste radici ebraiche e questi modelli di sobrietà.

Sperare ma senza presunzione!

Questa parabola del seminatore trasmette un po’ di paura. Inizia in maniera tranquilla: una pioggia di semi, e poi giù un volo di uccelli a beccarli; alcuni semi sono bruciati dal sole o soffocati della spine, ma tanti altri vengono su come un mare di spighe dorate. A volte si ha l’impressione che tra il seme e il terreno ci sia incompatibilità, cioè che esista un divario tra la vita di tutti i giorni e la parola che viene annunciata. Sembra una lingua straniera la parola del Signore. Nei decenni passati, forse, l’accento era messo sulla proclamazione della parola; la parola era oggetto di predicazione, un dato da trasmettere, un depositum fidei da custodire, fedelmente. Oggi abbiamo compreso che non solo il seme dev’essere buono (la parola di Dio), ma anche il terreno accogliente (colui che ascolta), il seminatore esperto (colui che predica), l’ambiente favorevole (senza distrazioni). Poi Gesù stesso spiega la parabola, e qui cominciano le paure, perché sono anime quei terreni che danno o non danno frutto, come dire: il paradiso o l’inferno, la libertà dell’uomo e la predestinazione di Dio! Oggi quelle paure fanno meno male, perché il seminatore è Gesù. Anche se ci muoviamo sopra un vulcano in eruzione, sappiamo che Dio ci è padre. Non può averci dato il Figlio, perché alla fine il vincitore sia il Maligno! È peccato sperare che Dio abbia nascosto una bella sorpresa per questi uomini che tanto ama? No! A patto che la speranza non diventi presunzione!

“Il” Seminatore

Il seminatore, non “un” ma “il” seminatore per eccellenza; in greco c’è l’articolo: ἐξῆλθεν ὁ σπείρων τοῦ σπείρειν. Dio, che dà sempre vita, promette raccolti, pane profumato e vino di gioia. Seminatore: uno dei nomi più belli di Dio. Con un gesto sapiente e solenne, Dio lancia semi dappertutto, spera anche nei sassi e nelle spine. È un Dio diverso, eccessivo, illogico il nostro Dio. Il Regno di Dio è già all’opera, ma non è ancora glorioso: è un seme gettato nel cuore dell’uomo, che lo deve fecondare con la sua collaborazione. Nella parabola va segnalato che il seminatore non sceglie il terreno: il seme viene gettato dappertutto. Dio semina nel cuore di tutti gli uomini, perché tutti sono chiamati alla salvezza. Altra osservazione importante: il seminatore non forza la crescita del seme; attende con pazienza, accetta anche che nasca male o che non nasca affatto; accetta anche che quello caduto in buon terreno frutti in maniera diversa: moltissimo, molto, poco.

Dio semina, parla, chiama continuamente

Dio non parla più? Così pare. Alcune persone dicono: Se fossimo vissuti al suo tempo! Se avessimo potuto sentirlo o toccarlo! Eppure ci possiamo unire a Lui ogni giorno, ci parla nel suo Vangelo, lo incontriamo negli ultimi. È falsa ogni nostalgia!  Forse Dio non lo avremmo riconosciuto. Cristo ci sarebbe apparso come un uomo fanatico, un insopportabile esibizionista, un motivo di scandalo: Beato chi non si sarà scandalizzato di me! Cristo è sempre lo stesso, come anche gli uomini, e il Vangelo ci racconta come Dio tratta gli uomini e come gli uomini maltrattano Dio. Non erano peggiori di noi quelli che hanno torturato Gesù. Erano pieni di buone intenzioni, agivano secondo coscienza, uccidevano i profeti in buona fede: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno! … C’è tra voi uno che non conoscete … Filippo, da tanto tempo sono con te, e tu non mi conosci ancora? È possibile anche a noi, dopo venti secoli, lo stesso rimprovero: È  venuto tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. È il rischio di tutti i credenti in tutte le religioni. Dio non ha cessato di rivelarsi, perché non ha cessato di essere amore. La caratteristica dell’amore è di manifestarsi, rivelarsi all’amato; quando due persone si amano, cominciano a svelarsi, a rivelarsi. La parola di Dio è viva (Eb 4,12), cioè attuale, in questo istante, perché il Dio illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Quanti cristiani pensano che una volta sì c’è stata una rivelazione, e che la Chiesa oggi ne conserva il deposito. No! Dio parla continuamente ma l’uomo ascolta?

Qual è il nostro terreno?

È strano questo seminatore che butta semi dappertutto! Noi oggi prima prepariamo il terreno e poi seminiamo; al tempo di Gesù invece prima si buttava il seme e poi si arava, così il seme veniva coperto dal terreno e germinava.

Lungo la strada: è il terreno battuto da tutti, simbolo della maggioranza, del conformismo, del “così fan tutti”; il seme non può attecchire; vengono gli uccelli (fan sempre brutta figura nella Bibbia!) e lo beccano;

pietre e poca terra: siamo noi, quando ascoltiamo con entusiasmo, seguiamo il vangelo per fare carriera, organizziamo liturgie festose … ma, a lungo andare, tutto secca per mancanza di radici, cioè di convinzioni;

tra le spine: è l’inganno delle ricchezze; le preoccupazioni (non le occupazioni!) soffocano il nostro miglior io, fino a idolatrare le cose quando invece il senso ultimo è Dio; confondiamo l’ultimo (Dio) con il penultimo (le cose);

terreno buono (in greco: bello): sono le persone autentiche, segnate da Dio, trasformate in luce; quando si accetta il vangelo al 100% il frutto è straordinario, è la santità, è una vita pienamente riuscita.

Esistono terreni diversi; non scoraggiamoci. Particolare interessante: Gesù dice che comunque il frutto sarà abbondante: cento, sessanta, trenta. Al tempo di Gesù quando da un chicco di grano nasceva una spiga con dieci, quindici chicchi, era già un buon raccolto, perché la media era di sette, otto chicchi; solo in annate eccezionali si aveva una spiga con trenta chicchi. Ebbene, quello che è l’eccezione, Gesù lo mette alla fine: il seme darà il cento, il sessanta, il trenta. E sappiamo che il cento, nella Bibbia, indica benedizione.

E qui si pone una domanda: come mai la parola di Gesù che è rivoluzionaria (Mt 5,22), che opera miracoli (Mt 8,18), che perdona i peccati ( Mt 9,1), che trasmette il suo potere personale (Mt 18,18), che fa durare la sua presenza (Mt 26,26) … è diventata un seme ammuffito? Perché la sua parola oggi risulta inespressiva, imbarazzata, abitudinaria? Non sarà forse perché, invece dei profeti della parola, che annunciano il vangelo, oggi abbiamo i funzionari della parola, ridotta a spot economici? Buona vita!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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