DON ANTONIO GUARINO, UN COSTRUTTORE DI PONTI PER LA PACE

 

Ieri sera il Centro Fernandes è stato teatro di un evento eccezionale  per il saluto a don Antonio Guarino, comboniano e parroco al centro Fernandes di Castel Volturno, che ora ritorna in missione per lo Zambia. E’ stata una celebrazione con una festa molto partecipata e corale per abbracciare una delle figure emblematiche, un prete che in questi sette anni è stato sempre in prima fila nelle battaglie per l’accoglienza e la solidarietà, in una terra non sempre  amica degli stranieri. In questi anni con don Antonio abbiamo condiviso tanto, soprattutto nella difesa degli immigrati e dei profughi. Durante una splendida Liturgia animata con canti africani egli ha detto: “Un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce. Ma la foresta continua a crescere sempre“.

Padre Antonio può essere considerato come un vero costruttore di ponti, di relazioni e di dialogo tra mondi e culture diverse. Ed è stato bello e toccante ieri sera vedere riuniti in preghiera tante persone dai colori e religioni diverse, con musiche e canti etnici, con cori multiculturali. C’erano uomini e donne, bambini provenienti da vari paesi africani (in primo luogo il coro e le danzatrici nigeriane), ma anche dai paesi dell’Est (Polonia, Ucraina, Romania, Albania ed altri) e della lontana Asia (in particolare gli Indiani, Pakistani e Sigh dediti agli allevamenti di bufala). Con loro hanno pregato e cantato i giovani e le associazioni che in questi anni si sono impegnate sul territorio: dall’Agesci alla Caritas, dalle Sentinelle alle Piazze del Sapere, dalle Acli all’Arci e Auser fino alla Comunità di S. Egidio, e tante altre provenienti da tutta la Campania

Questa iniziativa ha testimoniato ancora una volta il ruolo di avamposto che continua a farsi carico di un problema sociale che ogni tanto è sul punto di esplodere, quale è il Centro Fernandes, che da decenni rappresenta un punto di riferimento importante per migranti e cittadini. Qui accoglienza e integrazione non si traducono soltanto nel fornire un luogo in cui passare la notte o in cui ricevere pasti, come spesso si è indotti a credere. La politica adottata dal centro è, infatti, quella di avvicinare i migranti alla cultura del territorio.  Come sottolinea il direttore  Antonio Casale: “L’obiettivo non è quello di fornire accoglienza, o almeno l’accoglienza è soltanto una parte delle nostre attività. La nostra priorità è quella di offrire dei servizi agli immigrati ed aiutarli a interagire con la nostra realtà. Per questo motivo abbiamo qui, all’interno della nostra struttura, un ambulatorio medico in cui settimanalmente è possibile usufruire di visite gratuite di vario tipo, dal medico generico all’odontoiatra, dall’oculista al ginecologo”.

A prestare servizio sono un gruppo di medici volontari che offrono la possibilità ai migranti regolari e non di usufruire delle cure mediche e dell’assistenza sanitaria di base. Nello stesso tempo Un gruppo di suore  si occupa delle donne vittime di tratta e di sfruttamento sessuale che fanno richiesta di aiuto al centro. Anche sul piano culturale l’azione del Centro Fernandes è molto presente, con le attività di formazione ed apprendimento linguistico, ma anche con varie iniziative di coesione sociale e di apprendimento permanente, come il Museo multietnico realizzato negli spazi espositivi.

Per questi motivi il Centro rimane un punto di riferimento, di incontro e di confronto anche per le nostre iniziative e per la rete di associazioni del terzo settore. Nei  prossimi giorni vi saranno degli appuntamenti importanti, come quello del 16 agosto con la visita dei giovani dell’Agesci da tutta Italia per un omaggio sul monumento a Miriam Makeba, Mamma Africa, morta qui in occasione di un concerto in memoria dei ghanesi trucidati dalla Camorra (e di tutte le altre vittime della violenza). Inoltre, il 25 agosto verrà ricordato al cimitero di Villa Literno una figura simbolo come l’esule sudafricano Jerry Essan Masslo, in occasione del 30 anniversario della sua esecuzione. Ancora una volta va detto che più che mai oggi è fuori luogo parlare di “razze”, in quanto l’origine dell’umanità viene da un unico ceppo: anche se i colori sono diversi, dobbiamo fare i conti con un’unica razza umana e diffondere la cultura dell’accoglienza e della solidarietà come valori fondanti della nostra civiltà in qualsiasi parte del mondo i troviamo. Questo è il messaggio forte di don Antonio, che ora sicuramente continuerà a ostruire ponti dal profondo del continente africano. A lui va il grazie per la sua testimonianza, con cui continueremo a sentirci vicini nella difesa dei deboli e degli emarginati (come ha scritto Francesco Dandolo).

Pasquale Iorio                                                Castel Volturno, 1 agosto 2019

Le Piazze del Sapere

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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