EDICOLA ANCL UNIONE PROVINCIALE CASERTA

Unione Provinciale Consulenti del Lavoro di Caserta
Edicola del 09.09.2015
Professionisti
Casse di previdenza privata, limite massimale non prima del 2007
Con la sentenza n. 17742 depositata l’8 settembre 2015, le Sezioni Unite della Cassazione
intervengono sulla norma di interpretazione autentica della legge 147/2013, ed in particolare
sulle delibere delle Casse di previdenza private che comportano tagli alle prestazioni. Si spiega la
differenza di applicazione della norma per chi è andato in pensione entro il 2006 e chi dal 2007
in poi. In sostanza, rispetto ai secondi, per i primi il pro rata, con la salvaguardia di quanto
accumulato, è applicato in modo rigido. Dunque, per i pensionati fino a tutto il 2006 le delibere
delle Casse dovevano attenersi al criterio del pro rata, applicando eventuali criteri restrittivi solo
sui segmenti della pensione ancora da maturare, senza intaccare i calcoli relativi al passato.
Infatti, la Cassazione, nel merito, stabilisce che gli enti di previdenza privatizzati, nel regime
dettato dalla legge n. 335/1995, non possono adottare provvedimenti che impongano un
massimale al trattamento pensionistico ante 2007, trovando applicazione:
per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007, il principio del pro rata, di cui alla
formulazione originaria dell’art 3, comma 12, della stessa legge n. 335 del 1995 (applicazione
rigorosa del principio del pro rata);
per i trattamenti maturati dopo il 1° gennaio 2007, i criteri introdotti dall’art. 1, comma 763,
della legge 296 del 27 dicembre 2006, fatti salvi gli atti e le delibere in precedenza approvati da
detti enti, come chiarito dall’art. 1, comma 488, della legge 147 /2013.
Ne deriva che la legge 147/2013, norma di interpretazione autentica con effetti retroattivi, fa
salve le delibere degli enti privatizzati che hanno applicato il modo flessibile il criterio del pro
rata, ossia la salvaguardia di quanto maturato fino all’introduzione di criteri di calcolo più
restrittivi, solo per i pensionati e per le deliberazioni dal 2007. La guida è stata redatta in base
alle norme in vigore, ma è in fase di svolgimento in Parlamento la riforma del terzo settore.
Anche in: Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 36 – Casse, salvi i tagli per i pensionati dal 2007 – De
Cesari – ItaliaOggi, p. 33 – Pro rata, massimale illegittimo – Ferrara
Lavoro
Pesca. I criteri per l’erogazione degli aiuti
Con decreto 6 agosto 2015 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali –
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 7 settembre 2015 – sono stati individuati le risorse
ed i criteri per l’erogazione degli aiuti alle imprese di pesca che effettuano l’interruzione
temporanea obbligatoria di cui al decreto del 3 luglio 2015.
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L’art. 1 prevede un aiuto – calcolato per il numero di giorni lavorativi di fermo effettuati nei
periodi stabiliti dall’art. 2 del citato decreto del 3 luglio 2015 – in favore delle imprese di pesca,
autorizzate all’esercizio dell’attività di pesca con il sistema «strascico» includente le reti a
strascico a divergenti, le sfogliare rapidi, le reti gemelle a divergenti, che hanno attuato il fermo
obbligatorio di cui al DM del 3 luglio 2015 e rispettato le misure tecniche successive
all’interruzione temporanea. Non accedono agli aiuti previsti, invece, le imprese che non
abbiano rispettato le suddette misure tecniche successive all’interruzione temporanea e/o che
abbiano sbarcato personale imbarcato alla data di inizio dell’interruzione temporanea
obbligatoria, fatti salvi i casi di malattia, infortunio o sbarco volontario del lavoratore ovvero per
motivi non imputabili al beneficiario dell’aiuto.Gli ispettori del lavoro potranno così verificare, in
tempo reale, la titolarità degli autoveicoli e confrontare le informazioni ottenute con altre
raccolte nel corso degli accessi ispettivi o provenienti dalla consultazione di altre banche dati a
disposizione. In particolare l’accesso al P.R.A., sarà efficace in edilizia o in agricoltura in tutte le
azioni di contrasto al “caporalato” che si realizza attraverso l’intermediazione di manodopera da
trasportare e smistare nei diversi cantieri o terreni agricoli.
Senza pensione per errore dell’INPS: il lavoratore va risarcito
L’INPS deve risarcire il danno derivato al lavoratore dalla mancata percezione del trattamento
pensionistico a causa dell’erronea comunicazione per eccesso, da parte dell’Istituto, del numero
dei contributi accreditati, anche nel caso in cui il prospetto contributivo sul quale l’assicurato
abbia fondato la propria domanda, sia costituito da una mera stampa di dati risultanti
dall’archivio informatico dell’Ente previdenziale, privo di funzione certificativa e di
sottoscrizione. Questo è quanto ha affermato la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con
sentenza n. 17773 dell’8 settembre 2015, la quale ha sostenuto che sussiste l’obbligo, a carico
dell’Amministrazione, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi indisponibili, tra
l’altro, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative. La provvisorietà o
comunque l’incertezza dei dati raccolti deve distogliere l’Ente Pubblico dal comunicarli in
qualsiasi forma, fino al sollecito perfezionamento dei necessari accertamenti.
Malattia. Esenzioni dall’obbligo di reperibilità anche per i privati
In un’ottica di progressiva parificazione delle discipline che regolano il lavoro privato e quello
pubblico, il decreto legislativo su “Razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli
adempimenti a carico di cittadini ed imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro
e pari opportunità” – approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 settembre 2015 ed in attesa di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – prevede esenzioni dalla reperibilità in caso di malattia,
anche per i lavoratori subordinati dipendenti dai datori di lavoro privati. Spetterà ad un decreto
del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro della
Salute, stabilire i casi in cui i lavoratori in malattia siano esenti dalla reperibilità.
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Ad ogni buon conto, si evidenzia che per il lavoro pubblico, il Decreto della Presidenza del
Consiglio dei Ministri n. 206 del 18 dicembre 2009, esclude dall’obbligo di rispettare le fasce di
reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è etiologicamente riconducibile ad una delle
seguenti circostanze:
patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
infortuni sul lavoro;
malattie per le quali sia stata riconosciuta la causa di servizio;
stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Sono, altresì, esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti pubblici nei
confronti dei quali sia stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel
certificato.•lavoratori di società ex compagnie e gruppi portuali di cui alla legge n. 84/1994;
•lavoratori dell’area dirigenziale senza contratto part-time e con contratto part-time.
La circolare si sofferma, inoltre, su:
•retribuzione di ragguaglio;
•compensi effettivi per i lavoratori parasubordinati;
•retribuzione effettiva annua per gli sportivi professionisti dipendenti;
•alunni e studenti delle scuole o istituti di istruzione di ogni ordine e grado, non statali, addetti
ad esperienze tecnico–scientifiche o esercitazioni pratiche o di lavoro.
– promozione dell’occupazione giovanile, con particolare riferimento al contratto di
apprendistato;
– inserimento / reinserimento lavorativo delle donne e degli over 55 nel mercato del lavoro;
– welfare contrattuale;
– abbandono scolastico e politiche di contrasto alla dispersione;
– costruzione di reti territoriali per l’apprendimento permanente;
– sviluppo servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze;
– conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
– processi di innovazione (reti, filiere, etc.);
– autoimprenditorialità e imprenditorialità;
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– ruolo e contributo delle parti sociali nei processi di programmazione e sorveglianza nei
Programmi Operativi dei Fondi strutturali europei.
Diritto
Nuova Impresa sociale al debutto, presto le regole
È pubblicata – “Gazzetta Ufficiale” n. 208 dell’8 settembre 2015 – la legge n. 141 del 18 agosto
2015 con le “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”, che regolamenta la nuova impresa
sociale. Entrerà in vigore il 23 settembre 2015. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore un decreto
del ministero delle Politiche agricole e alimentari dovrà emanare le modalità di svolgimento
delle attività. L’impresa sociale è un soggetto giuridico che svolge attività agricole ex articolo
2135 del Codice Civile o sotto forma di cooperativa sociale (legge 381/91) e che realizza:
l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati;
prestazioni di attività di servizio per la comunità mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e
immateriali dell’agricoltura, il tutto per promuovere ed accompagnare azioni che portino allo
sviluppo di abilità e capacità lavorative;
prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative
finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei
soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, a salvaguardare la biodiversità
nonché la diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali
e didattiche; in particolare tali servizi dovranno essere rivolti ai bambini in età prescolare e alle
persone in difficoltà fisica e psichica.Giudizio della Calderone”). Positiva è stata la valutazione
sul nuovo contratto a termine acausale, motivata soprattutto dall’aumento della flessibilità
(46%), dal previsto ridimensionamento del rischio di contenzioso del lavoro (41%) e dal fatto che
tale contratto permette di fatto un periodo lungo di prova (12%). Negativamente è stato,
invece, valutato il limite del 20% (29%). Per quanto concerne l’apprendistato, le nuove
modifiche non sembrano aver incentivato il ricorso a tale tipologia contrattuale, tanto che il 29%
dei consulenti del lavoro non lo consiglierebbe a causa della difficoltà ad orientarsi tra
normativa regionale e disciplina dei contratti di lavoro nazionali (44%) e perché la normativa è
troppo incerta (36%). Ben il 64% dei consulenti del lavoro ritiene che rendendo facoltativa la
formazione possa crearsi un conflitto di competenze tra Stato e Regioni. E’ netta, infine, la
posizione negativa dei consulenti del lavoro sul DURC e per il 67% le nuove linee guida per la
revisione della regolarità contributiva riferite all’interrogazione degli archivi degli enti sono
insufficienti. Ad essere chiamata in causa è l’incomunicabilità con Inps e Inail (45%) e
l’inaffidabilità degli archivi di Inps, Inail e Cassa edile (32%).
Anche in: Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 36 – La nuova impresa «sociale» pronta per il
debutto – Tosoni – ItaliaOggi, p. 31 – Agricoltori social col bonus mensa
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Frodi fiscali Iva, disapplicabile la prescrizione breve al rischio di impunità
La normativa italiana in tema di prescrizione abbreviata dei reati nel caso di un illecito penale in
materia di Iva contrasta con la normativa comunitaria se rappresenta un ostacolo all’efficace
lotta contro il suddetto reato e non permette di punire adeguatamente le violazioni agli interessi
finanziari dell’Unione europea. Questa la conclusione della Corte di Giustizia Ue, espressa nella
sentenza 8 settembre 2015, causa C-105/14. Nello specifico la Corte Ue contesta la norma del
codice penale italiano, così come modificata dalla legge n. 251/2005 (“ex Cirielli”), che, nel caso
di frodi in materia di Iva, prevede che l’aumento della prescrizione in caso di atti interruttivi non
può essere superiore ad un quarto (invece che fino alla metà come prima della modifica),
mentre in caso di reati ritenuti più gravi sono riconosciuti aumenti più consistenti del periodo di
prescrizione.
Il caso
La questione pregiudiziale davanti alla Corte europea è stata sollevata dal Tribunale di Cuneo,
che ha evidenziato come i reati contestati agli imputati si sarebbero sicuramente prescritti prima
della sentenza definitiva, prevedendo di fatto un’impunità per il trasgressore. Il tribunale
piemontese ha sottolineato la complessità delle indagini richieste per i reati di frode fiscale che
in Italia, di regola, richiedono periodi di tempo molto lunghi per la loro risoluzione, con la
conseguenza non solo dell’impunità per chi ha commesso una frode in materia di Iva per vari
milioni di euro, ma anche della susseguente impossibilità per il Fisco italiano di recuperare
l’importo di imposte oggetto del reato considerato. I riflessi di tale fatto avrebbero, inoltre,
ripercussioni anche a livello comunitario dal momento che la frode in oggetto danneggia gli
interessi finanziari dell’Unione, essendo l’Iva un tributo comunitario.
La conclusione della Corte Ue
Nel risolvere la questione la Corte di Giustizia Ue rimette al giudice italiano la facoltà di decidere
se disapplicare la norma del Codice penale e andare comunque a sentenza in un caso che
sarebbe, invece, prescritto. Di fatto, secondo i giudici europei spetta al giudice nazionale
verificare se, nella fattispecie, la normativa italiana consenta di sanzionare in modo effettivo e
dissuasivo i casi di frode grave lesivi degli interessi dell’Ue. Qualora il giudice nazionale arrivasse
alla conclusione che la le

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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