ESONERO CONTRIBUTIVO. ULTERIORI CHIARIMENTI INPS

Unione Provinciale di Caserta
Edicola del 04.11.2015
Lavoro
Esonero contributivo. Ulteriori chiarimenti INPS
L’INPS, con circolare n. 178 del 3 novembre 2015, ha fornito ulteriori chiarimenti in merito
all’esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato
effettuate nel corso del 2015 ai sensi dell’articolo unico, commi 118 e seguenti, della Legge n.
190 del 23 dicembre 2014.
Più nello specifico l’Istituto ha fornito istruzioni relative a:
•datori di lavoro iscritti alle Gestioni pubbliche che possono fruire del beneficio previsto dalla
Legge n. 190/2014;
•esonero contributivo per i datori di lavoro privati tenuti al versamento dei contributi presso
l’INPGI.
Seguono chiarimenti per l’omogenea applicazione della normativa con particolare riferimento a:
•ambito di applicazione dell’esonero;
•casi particolari per il riconoscimento del diritto all’incentivo;
•durata dello sgravio;
•coordinamento con altri incentivi;
•esonero contributivo e riduzioni contributive per zone montane e svantaggiate di cui all’art. 9
della Legge n. 67/1988.
Coordinamento con altri incentivi
L’esonero contributivo in questione non è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di
lavoratori con più di 50 anni di età disoccupati da oltre 12 mesi e di donne prive di impiego
regolarmente retribuito da almeno 24 mesi ovvero prive di impiego da almeno 6 mesi e residenti
in aree svantaggiate o con una professione o di un settore economico caratterizzati da
un’accentuata disparità di genere, di cui all’art. 4, commi 8-11, Legge n. 92/2012. A tal proposito,
sottolinea l’Istituto, è possibile godere prima dell’incentivo previsto dalla Legge n. 92/2012, per
un rapporto a tempo determinato, e poi dell’incentivo della Legge n. 190/2014 per la
trasformazione a tempo indeterminato. Analogamente, è possibile godere prima dell’incentivo
previsto dalla Legge n. 223/1991, per un rapporto a tempo determinato, e poi dell’incentivo
previsto dalla Legge n. 190/2014 per la trasformazione a tempo indeterminato.
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L’esonero contributivo introdotto dalla Legge di stabilità 2015 è, invece, cumulabile con gli
incentivi che assumono natura economica.
Durata dello sgravio
Chiarisce la circolare che il beneficio riguarda le nuove assunzioni con decorrenza dal 1° gennaio
2015 al 31 dicembre 2015 e la sua durata è pari a 36 mesi a partire dalla data di assunzione. In
caso di assunzione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione, lo sgravio spetta sia per
la somministrazione a tempo indeterminato che per la somministrazione a tempo determinato,
per la durata complessiva di 36 mesi, compresi gli eventuali periodi in cui il lavoratore rimane in
attesa di assegnazione. Tuttavia, il periodo di godimento dell’agevolazione può essere sospeso
nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo il differimento temporale
del periodo di fruizione dei benefici.
Anche in : Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 39 – Appalti, il subentro taglia il bonus – Cannioto,
Maccarone / ItaliaOggi, p. 31 – Assunzioni, bonus in stand by – Cirioli
Sicurezza. Aggiornamento del formatore-docente
A seguito di richiesta di chiarimenti, la Commissione per gli interpelli in materia di sicurezza del
Ministero del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 9 del 2 novembre 2015, ha ricordato che il
D.I. 6 marzo 2013 stabilisce l’obbligo di aggiornamento professionale, con cadenza triennale, per
il formatore-docente. – Il triennio decorre:
•dalla data di applicazione (12 mesi dopo la pubblicazione su G.U.) per chi era già qualificato a
tale data;
•dalla data di effettivo conseguimento della qualificazione per gli altri.
L’obbligo di aggiornamento si articola in due diverse modalità, il formatore-docente è tenuto
alternativamente:
•alla frequenza, per almeno 24 ore complessive nell’area tematica di competenza, di seminari,
convegni specialistici, corsi di aggiornamento, organizzati dai soggetti di cui all’art. 32, c. 4,
D.Lgs. n. 81/2008. Di queste 24 ore almeno 8 ore devono essere relative a corsi di
aggiornamento;
•ad effettuare un numero minimo di 24 ore di attività di docenza nell’area tematica di
competenza. Chiarisce in merito la Commissione che, con il termine “alternativamente” il
legislatore ha inteso dare la possibilità al formatore-docente di scegliere liberamente la tipologia
di aggiornamento più confacente alla propria figura e non ha, invece, inteso che le due modalità
vadano alternate nei consecutivi trienni ovvero per tre anni solo docenza e per i tre anni
successivi solo corsi di aggiornamento e convegni.
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Visita medica del medico competente. Quando il lavoratore può chiederla
Rispondendo ad un quesito della CISL nazionale, la Commissione per gli interpelli in materia di
sicurezza del Ministero del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 8 del 2 novembre 2015, ha
specificato che la richiesta di essere sottoposto a visita medica da parte del medico competente,
ove nominato, può essere avanzata da qualsiasi lavoratore, indipendentemente dal fatto che lo
stesso sia o meno già sottoposto a sorveglianza sanitaria, con l’unico limite che il medico
competente la ritenga accoglibile, in quanto correlata ai rischi lavorativi. Per quanto concerne,
invece, l’obbligo per il medico competente di visitare i luoghi di lavoro, la Commissione,
considerato che tale obbligo è strettamente correlato alla valutazione dei rischi, ha ritenuto che
la visita agli ambienti di lavoro debba essere estesa a tutti quei luoghi che possano avere
rilevanza per la prevista collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione “alla valutazione dei rischi anche ai fini della programmazione, ove necessario, della
sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della
salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei
confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo
soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità
organizzative del lavoro”.
Anche in : ItaliaOggi, p. 37 – Controlli sanitari previsti per tutti – De Lellis
Congedo parentale ad ore. Chiarimenti sull’incumulabilità
Ad integrazione della circolare n. 152 del 18 agosto 2015, l’INPS, con messaggio n. 6704 del 3
novembre 2015, ha fornito chiarimenti sulla incumulabilità del congedo parentale ad ore di cui
al comma 1-ter, art. 32, D.Lgs. n. 151/2001, introdotto dal Jobs Act, con altri permessi o riposi
disciplinati dal medesimo Testo Unico. Per l’Istituto la suddetta incumulabilità comporta che il
genitore lavoratore dipendente che si astiene dal lavoro per congedo parentale ad ore, non può
usufruire nella medesima giornata né di congedo parentale ad ore per altro figlio, né dei riposi
orari per allattamento (ex artt. 39 e 40 del T.U.) anche se richiesti per bambini differenti. Inoltre,
il congedo parentale ex art. 32 T.U. fruito in modalità oraria, non è cumulabile con i riposi orari
giornalieri di cui al combinato disposto degli artt. 33, comma 2, e 42 comma 1 del T.U., previsti
per i figli disabili gravi in alternativa al prolungamento del congedo parentale (art. 33 co. 1
T.U.[1]), anche se richiesti per bambini differenti. E’, invece, compatibile la fruizione del congedo
parentale su base oraria con permessi o riposi disciplinati da disposizioni normative diverse dal
T.U. maternità/paternità anche se fruiti in modalità oraria (ad esempio i permessi ex lege
104/1992, art. 33, commi 3 e 6). Specifica ad ogni modo l’INPS che, nel caso in cui la
contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, abbia definito le modalità di fruizione del
congedo parentale, non solo non è valida l’incumulabilità illustrata, ma la stessa contrattazione
collettiva può prevedere anche criteri di cumulabilità differenti rispetto a quelli definiti dal
citato comma 1 ter.
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Anche in : Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 39 – Permessi, cumuli decisi dal Ccnl – Bianchi,
Massara / ItaliaOggi, p. 37 – Congedo a ore, cumulo ridotto – Cirioli
Sicurezza. La delega degli obblighi datoriali può essere rifiutata
La Commissione per gli interpelli in materia di sicurezza del Ministero del Lavoro, con la risposta
all’interpello n. 7 del 2 novembre 2015, ha ricordato che l’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede,
per il datore di lavoro, la possibilità di delegare i propri obblighi, ad eccezione della valutazione
dei rischi e relativo documento e la designazione dell’RSPP, ad altro soggetto dotato dei requisiti
di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate. Perché la
delega sia efficace, chiarisce la Commissione, è necessario che abbia tutte le caratteristiche
previste dal citato articolo 16, quali la forma scritta, la certezza della data, il possesso da parte
del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica
delle funzioni delegate ed infine la possibilità, da parte dello stesso delegato, di disporre di tutti
i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui
delegate. Tuttavia, relativamente all’obbligo di accettazione della delega da parte del soggetto
delegato ed alla possibilità di rifiutare tale delega, poiché tra le caratteristiche indicate nell’art.
16, comma 1 citato, il Legislatore ha espressamente previsto, alla lettera e), che la delega “sia
accettata dal delegato per iscritto”, viene ritenuta possibile una non accettazione della stessa.
Anche in : Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 39 – Delega di funzioni, il lavoratore può dire di no –
Caiazza, Caiazza / ItaliaOggi, p. 37 – Sicurezza, la delega deve essere accettata – Cirioli
Fisco
Reverse charge del soggetto estero se la stabile organizzazione non partecipa
L’agenzia delle Entrate, con la risposta ad un interpello sulle regole di territorialità Iva per i
servizi, precisa i confini della “partecipazione” all’operazione da parte della stabile
organizzazione. Ex articolo 192-bis della direttiva 2006/112/CE, le nuove regole del Vat package
prevedono che la stabile organizzazione è debitore dell’Iva solo se partecipa all’operazione,
territorialmente rilevante ai fini Iva in Italia, posta in essere dal soggetto estero, altrimenti è
l’acquirente soggetto passivo Iva, ad essere tenuto all’assolvimento dell’Iva tramite il reverse
charge. L’Agenzia, in proposito, spiega che la stabile organizzazione in Italia di un soggetto
estero si ritiene che partecipi ad un’operazione se il coinvolgimento della stessa riguardi una
parte essenziale dell’operazione in oggetto e la misura di tale coinvolgimento dovrà essere
valutata operazione per operazione.
La stabile organizzazione agirà come debitore d’imposta in presenza di tre condizioni:
– che sia caratterizzata da un grado sufficiente e da una strutture idonee in termini di mezzi
umani e tecnici atti a consentirle di effettuare la cessione di beni o la prestazione di servizi alla
quale partecipa;
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– che i mezzi umani e tecnici siano effettivamente utilizzati per operazioni inerenti alla
realizzazione della cessione o della prestazione imponibile, prima o durante la realizzazione di
detta cessione o prestazione;
– che il coinvolgimento della stabile organizzazione riguardi una parte essenziale dell’operazione
e, in particolare, non limitata ad attività di supporto amministrativo.
Anche in : Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 36 – Meno Iva sulle «stabili» – Bancalari, Maspes
Start-up, per i requisiti vale il brevetto in corso di riconoscimento
Con il parere 218430 del 29 ottobre 2015 il Mise risponde a quesito in materia di start-up
relativamente alla parte in cui, fra i requisiti alternativi, si prevede che la start-up possa essere
titolare della licenza d’uso su un brevetto in corso di riconoscimento (la società “madre” ha
depositato domanda di brevetto ma lo stesso è in attesa di riconoscimento non essendo ancora
trascorsi i 18 mesi previsti per la convalida). Si premette che la start-up deve essere “sia titolare
o depositaria o licenziataria di almeno un privativa industriale relativa ad un invenzione
industriale biotecnologica, a un topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà
vegetale ovvero titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato
presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore”(art. 25 del DL 179/2012,
comma 2, n. 3). Il ministero ritiene, con una interpretazione di natura sistematico-teleologica,
che le start-up ( e per quanto compatibile le PMI) innovative titolari di licenza d’uso su
un’invenzione oggetto di deposito, ma ancora non brevettata, verifichino la condizione di cui
all’articolo 25, comma2, lett. h), numero 3 del DL 179/2012. Il legislatore consente che anche il
depositario ed il licenziatario, in quanto utilizzatori dell’opera dell’ingegno (il primo in proprio, il
secondo per titolo derivativo) possano accedere al regime speciale delle start-up (e delle PMI)
innovative, coesistendo le altre condizioni. Con il parere 218415 del 29 ottobre 2015 il Mise
risponde a quesito in materia di start-up e PMI innovative, relativamente alla parte in cui, fra i
requisiti alternativi, si prevede che la start-up possa essere “titolare dei diritti relativi ad un
programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i
programmi per elaboratore”. Il ministero ritiene che il legislatore abbia inteso ampliare la platea
dei soggetti legittimati, ricomprendendo tra i titolari dei diritti, oltre a colui il quale sia autore
del programma, il soggetto (persona fisica o giuridica) che sia titolare dei diritti esclusivi di
sfruttamento economico del software. A supporto della tesi la normativa regolamentare di
dettaglio, ad integrazione del dettato legislativo, che chiarisce e conferma che titolare dei diritti
esclusivi di utilizzazione economica può essere certamente l’autore, ma anche un soggetto
diverso dall’autore.
Riqualificazione aree di crisi industriale. Online le FAQ del Mise
La Legge n. 181 del 1989 disciplina l’incentivo gestito da Invitalia per il rilancio delle aree colpite
da crisi industriale e di settore. Si tratta di un’agevolazione volta a finanziare iniziative
imprenditoriali per rivitalizzare il sistema economico locale e creare nuova occupazione,
attraverso progetti di ampliamento, ristrutturazione e delocalizzazione.
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Il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 9 giugno 2015 ha stabilito i termini, le
modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle suddette agevolazioni, in favore
di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriali,
prevedendo due importanti novità:
•sono ora finanziabili anche i programmi di investimento per la tutela ambientale, il turismo e i
progetti di innovazione organizzativa
•la partecipazione al capitale sociale da parte di Invitalia non è più obbligatoria
Le FAQ del Mise
Sul sito web del Mise sono disponibili online le risposte ai quesiti più frequenti sulla Legge
181/89.
E’ specificato quanto segue.
L’incentivo è rivolto alle imprese costituite in società di capitali, comprese le società cooperative
e le società consortili.
Anche una start up può presentare domanda di agevolazione.
Per presentare domanda di agevolazione non è necessario che la società abbia già una sede
operativa nelle aree di crisi.
I programmi di investimento ammissibili all’agevolazione sono quelli che riguardano:
a) nuove unità produttive che adottino soluzioni tecniche, organizzative e/o produttive
innovative;
b) l’ampliamento e/o la riqualificazione di stabilimenti esistenti attraverso la diversificazione
della produzione con nuovi prodotti aggiuntivi o il cambiamento radicale del processo
produttivo;
c) la realizzazione di nuove unità produttive o l’ampliamento di quelle esistenti che forniscano
servizi turistici;
d) l’acquisizione uno stabilimento o di alcune sue parti (macchinari, attrezzature, ecc.).
La domanda di agevolazione si presenta esclusivamente online, registrandosi nell’area riservata
del sito di Invitalia; ad essa deve essere allegata tutta la documentazione richiesta.
Dichiarazione redditi, emendabilità anche in contenzioso
E’ facoltà del contribuente emendare la dichiarazione dei redditi a proprio favore anche nel caso
in cui sia già in corso un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria. La correzione può
avvenire entro quattro anni (termine di accertamento fissato dall’art. 43, Dpr n. 600/1973) e non
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entro un anno come sostenuto dal Fisco. Tale minor termine, infatti, vale solo se si intende
compensare l’eventuale credito risultante dalle dichiarazioni. La precisazione giunge dalla Corte
di Cassazione con l’ordinanza n. 22443, depositata il 3 novembre 2015.
Il caso
Una società cooperativa ha rettificato la propria dichiarazione dei redditi durante un
contenzioso avviato con l’Agenzia delle Entrate a seguito di un accertamento, e sulla base della
correzione effettuata chiedeva l’annullamento dell’atto impositivo emesso. Nei primi due gradi
di giudizio, le commissioni tributarie hanno confermato la legittimità della pretesa,
riconoscendo che l’integrativa in favore del contribuente poteva essere presentata solo nel
termine di scadenza della dichiarazione per il periodo di imposta successivo. La vicenda è stata,
così, portata all’attenzione della Corte di Cassazione.
La conclusione della Suprema Corte
La Corte, sulla base delle precedenti pronunce di legittimità sull’argomento, ha accolto il ricorso
della società cooperativa ribadendo come la dichiarazione dei redditi di un contribuente, nel
caso in cui presenti degli errori (sia di fatto che di diritto), sia sempre emendabile in sede di
contenzioso se vi è il rischio che il contribuente possa essere assoggettato ad oneri diversi e più
gravosi di quelli dovuti. La dichiarazione dei redditi è in linea di principio un documento
modificabile, non avendo natura di atto negoziale e dispositivo. Pertanto, essa è sempre
emendabile e ritrattabile in presenza di errori che espongono il contribuente al pagamento di
tributi diversi e più gravosi di quelli effettivamente dovuti. Qualora prevalesse la tesi contraria,
infatti, si incorrerebbe nella violazione dei principi di capacità contributiva e di oggettiva
correttezza dell’azione amministrativa. Quindi un sistema legislativo che non consenta di
rettificare la dichiarazione presentata da un contribuente darebbe luogo ad un prelievo fiscale
indebito e incompatibile con i principi costituzionali sopra menzionati.
Anche in : Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 37 – Dichiarazioni dei redditi modificabili in
contenzioso – Ambrosi / ItaliaOggi, p. 31 – Dichiarazione dei redditi emendabile in contenzioso –
Stroppa
Una Produzione a Cura del
Consiglio U.P. ANCL SU di Caserta

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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