FEDERALISMO ALL’ITALIANA

 

 regione_campania

di Raffaele Cardillo

 

 

 

Siamo spettatori basiti di uno spettacolo ricorrente che rasenta l’indecenza, un rincorrere a perdifiato alle più aberranti ignominie, un festival che ha come protagonisti le solite mezze tacche, macchiette che, con tono sussiegoso, affettato, ci propinano le più vacue amenità, convinti di assolvere con rigore intellettuale un compito certamente non alla loro altezza.

Dei guitti, attorucoli da strapazzo che sognano di interpretare Shakespeare, piccandosi di aver recepito i segreti del metodo Stanislavskij e che, nel bel mezzo della scena,cz. dimenticano le battute.

Stiamo facendo riferimento alla nostra classe politica, e più specificatamente quella regionale, vessillifera di valori scadenti, approssimativi, che denuncia la sua pochezza col perseguire meschini interessi di parte, perdendo di vista, obiettivi più nobili, che si riconoscono in un’oculata gestione della cosa pubblica.

L’oggetto del contendere è da riferirsi sempre ai rimborsi elettorali che, con una gestione allegra, contribuiscono al sollazzo di questi neofiti della politica, tutti dediti allo spreco di risorse, defraudate con un ignobile raggiro, alla comunità.

Un’indegna rappresentazione dei vizi italici, un saccheggio sistematico delle nostre già esauste finanze, dilapidate in maniera dissennata vedi: lo organizzare festini, pranzi luculliani, vacanze esotiche, auto di grossa cilindrata, belle donne e quant’altro che arricchisce la qualità della vita, con un piccolo particolare, a spese dei contribuenti.

Personaggi che sembrano usciti dal Satyricon di Petronio Arbitro, degli emuli di Trimalcione, il liberto arricchito, tutto dedito all’appagamento dei sensi.

La causa scatenante di questo perverso e allucinante scenario, è stata la riforma del titolo V della Costituzione che, di fatto, consacrava l’istituzione delle Regioni, una mossa che poteva considerarsi una felice intuizione, delegando un organo periferico a ricoprire ruoli svolti in precedenza dallo Stato centrale, un cambiamento volto a rendere, più snella e rispondente ai tempi, il governo della cosa pubblica, purtroppo, per nostra sfortuna, si è rivelato un macroscopico fallimento, i fiumi di denaro riversati nella nascente Istituzione hanno solleticato gli appetiti di una classe dirigente inappropriata che, con voracità inaudita, ha fatto man bassa delle provvidenze destinate a più nobili scopi.

Una crisi di legittimazione della classe politica regionale senza precedenti, un’accozzaglia d’improvvisati che con il loro comportamento indecoroso, hanno alimentato sempre più l’insofferenza della società civile verso le Istituzioni e i loro indegni rappresentanti.

I fallimenti del progetto riformatore sono da attribuirsi al venir meno dei suoi principi ispiratori, ossia la riduzione del debito pubblico e il contenimento del costo di funzionamento dell’Ente.

Gli scandali, poi, che si verificano con periodica drammaticità sono dei colpi inferti alla mitologia delle autonomie regionali, scardinando quello che era il concetto futurista del federalismo all’italiana.

Un’innovazione improvvisata, priva di precedente progettazione, un soggetto giuridico non rodato, immesso in un organismo che lo considera estraneo, come tale non è riconosciuta parte integrante della macchina statale, una scheggia impazzita destinata a essere rigettata e a dissolversi nel mare del nulla.

Un bilancio tristamente negativo, deficitario, con effetti dirompenti nell’ambito dell’Unione Europea cui bisogna dare debito conto, poiché Stato membro.

Attenersi alle regole è un atto dovuto dal quale non si può prescindere, pena l’attuazione della procedura d’infrazione che si riverbera con ammende in denaro, un vero salasso per le nostre già disastrate finanze.

Non di minore importanza il danno d’immagine che rende il quadro d’assieme veramente tragico, una caduta di valori mai registrata nella storia repubblicana.

E’ doloroso convenire che lo stato delle autonomie locali è definitivamente compromesso e non sarebbe auspicabile un ritorno al Centralismo che pregiudicherebbe l’avvio, seppure stentato, di uno Stato moderno degno di questo nome.      

A tale proposito, si ritiene necessario un giro di vite, tendente a ridurre in maniera considerevole i costi della politica, con conseguente introduzione di serie misure di contrasto alla corruzione, infliggendo pene esemplari ai contravventori.

Bisogna costruire un sistema che mette l’ente Regione al riparo dalle degenerazioni affaristiche e clientelari, una diga ideale atta a stroncare sul nascere ogni possibile tentativo di assalto al caveau, ai forzieri dei beni della collettività. 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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