GESÙ, VOLTO VISIBILE DEL DIO INVISIBILE

3 gennaio 2021/SS. Nome di Gesù (B)

GESÙ, VOLTO VISIBILE DEL DIO INVISIBILE

Prima lettura: La sapienza di Dio abita nel suo popolo eletto (Sir 24,1).

Seconda lettura: Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi (Ef 1,3).

Terza lettura: Il Figlio di Dio si è fatto uomo (Gv 1,1).

La Sapienza che viene da lontano

1) Le letture di oggi hanno un contenuto così teologico e così

metafisico che rischiano di allontanarci dal personaggio centrale,

che è Gesù di Nazaret. C’è una sapienza che nasce da noi, nel senso che è il prodotto di una ricerca individuale e collettiva. Ma ci dobbiamo anche chiedere: esiste anche una Sapienza interiore e anteriore che ci precede? Il retroterra della storia umana è disabitato e vuoto, o esiste una Sapienza superiore che tutto e tutti avvolge? Come cristiani noi affermiamo che esiste una Sapienza che ci precede, e si chiama Logos, Parola, Verbo: la materia iniziale è avvolta da questo Verbo, da questo amore di Dio. La Scrittura aggiunge che Dio ha parlato agli uomini molte volte e in molti modi. Se siamo cristiani chiusi, non ce ne rendiamo conto, e allora cresciamo tra trionfalismi ostinati, tra dogmatismi presuntuosi; è molto facile essere cristiani quando viviamo avvolti in una società dove tutti parlano di Cristo; ma ci dobbiamo anche chiedere se la nostra è fede e non invece un orgoglio collettivo di sicurezza storica. Noi a volte abbiamo fatto del cristianesimo un enorme organo di propaganda, di pubblicità,

di consumismo, ma la fede è del tutto diversa. Questo lo scriviamo non per denigrazione ma per conversione!

Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi

2) Oggi la chiesa ci propone letture solenni, frutto di attenta elaborazione teologica. Sembra quasi che la chiesa, preoccupata dalle distrazioni natalizie, ci inviti a supplementi di riflessione, a scavi interiori. Naturalmente, non potendo approfondire tutte le verità delle letture, faremo una selezione:

> “Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi”.

È un messaggio che non ci scuote più di tanto. Questo della co-abitazione, meglio, della inabitazione di Dio tra gli uomini è un annuncio divenuto irrilevante. Se una famiglia di marocchini viene ad abitare nel nostro bel condominio, se degli zingari appoggiano i loro carrozzoni alle nostre ville di gente per bene … si scatena una rivolta popolare! Al contrario, a chi ci chiede l’indirizzo di casa, con orgoglio aggiungiamo di abitare a pochi metri dal Quirinale. La notizia, invece, che Dio diventa nostro inquilino non ci riempie di gioia. Eppure Gesù viene ad abitare tra i suoi. È una provocazione? Dovremo rispedirlo nella sua stalla? Denunciarlo come abusivo? Rimetterlo in croce? Fare finta di niente? Oppure accoglierlo come i pastori, come i magi, come i semplici di cuore, e sperimentare con lui i misteri gioiosi, gloriosi, dolorosi della vita? Siamo liberi di accoglierlo o di rifiutarlo! A quanti lo a ccolgono, però, Gesù dà la gioia di diventare figli di Dio.

> “I suoi non l’hanno accolto”.

Dopo il “Natale annunziato”, subito la possibilità del “Natale rifiutato”. È vero che “i suoi” si riferisce anzitutto al popolo ebraico; il contesto di Giovanni però è universale; si parla infatti di “luce vera che illumina ogni uomo”. Questo Dio-fatto-bambino è un evento sconvolgente e coinvolgente insieme, non trasforma la mia terra in cielo, ma mi accompagna sulla strada che conduce al cielo. Ma spesso “i suoi” non lo accolgono. Sono tanti i paesi della geografia umana che ancora sono nelle tenebre, e questa realtà diventa impegno di testimonianza. Ma non andiamo troppo lontano, guardiamoci attorno! Quanti nel nostro ambiente cristiano hanno veramente accolto Gesù? Avvicinate un’edicola e domandate se Gesù ha “posto la sua tenda” tra quella robaccia scandalosa! Seguite quella gente in fila per uno

spettacolo, o provate a immaginare altre persone davanti al televisore … e vedrete quante amare sorprese! Scorrete il bilancio statale della cattolica Italia e vedrete che il Natale non ha cambiato tipo di mentalità! Anche gli uomini di chiesa, i “suoi”, lo hanno accolto

davvero? È davvero importante questa domenica di sosta, per cercare di essere “i suoi” che lo accolgono!

Deus revelatus … Deus velatus …

3) Il prologo di Giovanni è una bellissima cascata di illuminazione, composto da 18 versetti, molto densi. Ogni parola conclusiva di un versetto viene ripresa nel versetto seguente. Giovanni racconta in 18 versetti la storia del mondo; un riassunto breve ma preciso che

sintetizza le pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento. Una traiettoria che parte dall’eternità, un Dio che esce da se stesso, per entrare nella storia, per dichiarare all’uomo il suo amore. Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος (èn archè èn ò lògos) è un versetto che richiama quello della Genesi: בְּרֵא שִׁ֖ית בָּרָָּ֣אאֱלֹ הִ֑ים … In principio Dio creò. Giovanni precisa che il vero principio è il Verbo: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui”. Con il termine Verbo, Giovanni non intende un concetto filosofico, una parola vuota, ma il Cristo storico, vivente, nato da Maria. Gesù è il Verbo, il Dio manifestato, l’immagine visibile del Dio invisibile. Le parole che Dio aveva detto prima per mezzo della creazione, dei profeti, dei giusti, erano parziali. Dio era rimasto ancora misterioso e invisibile: Deus velatus! Ad un certo punto Dio parla chiaramente, esce dal suo relativo silenzio: Deus revelatus! Gesù è il Comunicatore definitivo di Dio, è tutto parola e parola di tutto, parla di un Dio diverso da come lo immaginavano gli uomini: è un Dio Trinità

d’amore, è un Padre misericordioso, siamo tutti figli e fratelli.

“Nessuno ha mai visto Dio”

4) Va sottolineata questa forte espressione della Scrittura. Non ci sono prove a priori o a posteriori per la fede; ovunque arrivi la ragione, è l’uomo che vi arriva e ritrova solo se stesso; quando l’uomo parla di Dio, in realtà parla di se stesso. Nella Bibbia non c’è mai la

dimostrazione razionale di Dio. Un Dio che si dimostri con la ragione non è il Dio biblico. Chiunque prenda la Bibbia tra le mani, vi scopre non speculazioni metafisiche su Dio, ma racconti di avvenimenti storici. Alla rivelazione biblica non interessa ciò che è (was ist) Dio, ma ciò che accade (was geschah) quando Dio agisce.

5) Non possiamo sapere chi è Dio, come è, quello che pensa o vuole, quello che gli piace o dispiace, quello che proibisce o comanda, perché Dio “nessuno l’ha mai visto” (Gv 1,18). Con facilità affermiamo che i Libri sacri contengono la rivelazione di Dio, ma Dio non è

disponibile in nessuna lettera umana. Quella che chiamiamo la parola di Dio è già una parola tradotta in una lettera interamente umana, che mai perderà la sua origine umana, per quanto gli studiosi della religione si sforzino di dimostrare che tale parola abbia un’origine

divina, in realtà indimostrabile. Le religioni sono opera degli uomini in ogni caso e sempre. Quando parliamo di Dio, ci riferiamo a una realtà che non conosciamo né conosceremo: ignoramus et ignorabimus! “Nubi e tenebre avvolgono il suo trono” (Sal 97,2; Es 19,16; Dt 4,11). A partire dall’immanenza possiamo solo pensare, dire e spiegare l’immanente. Per

questo, quando le religioni ci parlano di Dio, in realtà non parlano di Dio in sé, ma delle rappresentazioni di Dio, che noi esseri umani ci facciamo. Dobbiamo tutti essere vigili, soprattutto quanti hanno responsabilità, cultura, ruoli pubblici: essi possono vendere come

parola di Dio le loro ambizioni! Occorre molta umiltà per accettare i propri limiti epistemologici, che non sono casuali o accidentali, ma causali e strutturali. Dio è oltre le colonne d’Ercole: volerle oltrepassare significa fare un folle volo!

6) Dio rimane uno Sconosciuto. Noi abbiamo parlato di Dio in maniera troppo presuntuosa e razionalistica. Ci siamo serviti di Dio per proteggere gerarchie stabilite, (dis)ordini sociali, autorità arbitrarie; alla fine, gli uomini umili si sono ribellati contro Dio, e noi li abbiamo

accusati di ateismo, ma in realtà essi hanno buttato via il nostro Dio. Il Dio di cui parla Gesù non è il dio dei filosofi, il dio del sistema, il dio dei potenti, il dio degli intellettuali. Il Dio della Sacra Scrittura non è quello delle cinque vie di san Tommaso o della prova ontologica di

sant’Anselmo (tributo culturale all’antichità più che spiegazione del vangelo), ma è quello contenuto nel vangelo. Per molti, la “fine del cristianesimo” come universo storico significa la “fine della fede”. Comprendere che le due cose non si identificano, non è facile. Ma, una

volta compresa la distinzione, si entra in una fase di ricerca spirituale, di rifondazione della fede, con passione di cuore e libertà di mente. Il cristianesimo di ripetizione sta morendo nell’indifferenza generale.

Natale continua nel silenzio operoso di Nazaret

7) Il Natale è passato! Sembra che non resti più nulla di quei giorni felici; restano forse solo i “saldi” dei negozi, dove consumare gli ultimi residui della tredicesima. Ma non si deve essere pessimisti; certi giorni non passano inutilmente; resta nell’uomo una nostalgia di bene, sulla quale fondare altri passi e altri momenti. Dopo la festa del Natale, la serietà della vita! Il tempo dopo Natale è utile per riscoprire il valore del nostro lavoro, spesso sterile e monotono; un invito a decifrare la realtà dura e dolente di tanti insuccessi e malintesi. Allora la nostra esperienza quotidiana acquista un altro respiro, non è più un susseguirsi di cose e di persone, un ripetersi di situazioni quasi mai gratificanti, ma diventa un mistero nascosto, una grandezza celata sotto espressioni sbiadite e meschine. Cristo che vive oscuro, in un

oscuro paese, con un oscuro lavoro, ci svela una realtà luminosa: il nostro vivere e lottare, il nostro successo o fallimento diventano prezioso materiale di costruzione. L’ordinario diventa straordinario, la povertà ricchezza, l’umiltà grandezza. Nulla più nell’uomo è banale!

Tutto è stato riscattato da quell’Uomo che è anche Dio. Questa trasformazione del banale in grandioso, però, non avviene magicamente e senza di noi; nulla si trasforma passivamente,

ma solo se abbiamo coscienza e conoscenza di Dio. Non sono le cose grandi che rendono grande l’uomo, ma l’animo grande. Il nostro lavoro silenzioso ed onesto, la nostra bontà e il nostro coraggio sono mezzi poveri ma sicuri per godere ogni giorno quella misura di gioia,

che Dio assicura ai suoi amici. F. Mauriac, nella sua bella Vita di Cristo, immagina che la Vergine, ricordando ogni giorno le grandi promesse dell’angelo, si sia chiesta tante volte: “Ma perché Dio è entrato negli spazi della mia vita in modo così denso e straordinario per poi condurre una vita così banale?”. Anche Maria ha imparato che Cristo poteva salvare il mondo attraverso un semplice lavoro, piallando, raddrizzando chiodi, lavorando il legno e il ferro. Il Natale perenne è questo silenzio operoso e profondo. Buona vita! לְּחַ יּים

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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