II Domenica di maggio 2013 – Festa dell’Ascensione del Signore –

Il vero credente non fugge dal mondo

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

Una sorta di male-educazione religiosa ci ha abituati a guardare il cielo, a fissarci sulle realtà eterne, sulla “candida rosa”, svalutando le cose provvisorie di questa terra. Ci è stata insegnata che la vera dignità dell’uomo: la più alta, è la con­templazione. La grande tradizione ascetica del cristiane­simo sembra essersi costruita sull’ideale della “fuga mundi”. E, in que­sta ascetica, sembrò che la fede cristiana si ricollegasse con il magiste­ro della filosofia antica.

Il compito del vero credente, invece, non è di starsene sulla terra a con­templare i cieli, ma di accettare la condizione itinerante, come una ca­ratteristica della fede. Quindi, la contemplazione cristiana si immerge nel divenire storico. Il suo vero luogo non è il cielo immutabile, le stelle fisse, l’empireo ma la terra degli uomini in faticoso cammino. Gli eremiti ci sono sempre stati, prima di Cristo e fuori del cristianesimo. Il desiderio della solitudine è un profondo anelito dello spirito uma­no; ma è un anelito che non può salvare perché può creare illusioni di salvezza, può essere una forma di evasione alienante in cui forse si nasconde del narcisismo religioso. Il Signore ci invita a tenere gli occhi sulla terra perché la terra è un luogo teologico, è epifania divina, è regno di Dio che viene, con modalità spazio-temporali note solo a Dio.

Gesù, asceso al cielo, è con noi tutti i giorni.  

Cosa significano queste parole? Tutti i popoli, con la parola “cielo”, intendono la dimora di Dio. Anche nel Vangelo leggiamo: “Gio­rni a Dio nell’alto dei cieli”. Anche noi diciamo: “Padre nostro, che sei nei cieli”; oppure “È andato in cielo”. Oggi, con lo sviluppo della scienza e della tecnica, dopo i viaggi degli astronauti nello spazio, il nostro  linguaggio è entrato in crisi. Sappiamo bene che Dio è in cielo, in terra, in ogni luogo: egli è onnipresente. Che Dio sia nei cieli significa solo che Dio “abita in una luce inaccessibile”, che è infinita­mente diverso da noi. Il cielo non è uno spazio o un luogo ma è il paradiso: è Dio stesso. Sicché “andare in cielo … andare in paradiso” significa stare con Dio. Non si tratta di un movimento spaziale, astronautico, astrofisico, ma di una “ascensione”, di una “estensione” di amore: Gesù, proprio perché è “salito”, può raggiungere e salvare sempre tutti: “Mi è stato da­to ogni potere”.

Ecco perché l’ascensione è una festa: mentre prima Gesù-uomo, per le necessarie leggi spazio-temporali, poteva essere presente solo in Palestina, parlare a pochi, guarire pochi… ora invece Gesù-risorto e asceso può raggiungere tutti grazie alla sua ubiquitante capacità sal­vifica. Dobbiamo smettere di parlare e di ragionare in termini di geo­grafia astronomica: è il momento di  iniziare a riconoscere questo Dio presente dap­pertutto: “Io sono con voi tutti i giorni”.

Un cordiale SHALOM ai miei cinque lettori.

 

 

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *