IL PROFETA È UN PERSONAGGIO SCOMODO!

31 gennaio 2021/IV Domenica del TO (B)

IL PROFETA È UN PERSONAGGIO SCOMODO!

Prima lettura: Susciterò un profeta. A lui darete ascolto (Dt 18,15). Seconda lettura: Vorrei che foste senza preoccupazioni (1Cor 7,32). Terza lettura: Erano stupiti del suo insegnamento (Mc 1,21).

Distinguere il profeta vero dal falso!

1) Gli uomini hanno sempre desiderato entrare nel mondo di Dio, soprattutto prevedere il futuro. Sono ricorsi perciò alla divinazione, agli oroscopi, a stregoni, veggenti, maghi, negromanti, astrologi … un fenomeno attestato sin dall’antichità. Da un lato il mondo dell’occultismo è affascinante, ma dall’altro suscita paura. Israele si distingue dagli altri popoli perché ha sempre rifiutato e condannato ogni forma di magia; anzi, fa ricorso al sarcasmo contro queste superstizioni (Is 47,12). E allora come conoscere la volontà di Dio? Nella prima lettura ci viene offerto un criterio valido: fare ricorso al profeta vero, al quale Dio comunica i suoi disegni. Il vero profeta, come Mosè, “sale sul monte” (Es 19,3), cioè è un uomo di preghiera, non lo fa per denaro, come il prezzolato Amasia (Am 7,10). Se il profeta trasmette con fedeltà le parole di Dio, anche le sue parole saranno efficaci; se invece trasmette i suoi interessi o le sue convinzioni, costui, falso profeta, “deve morire” (Dt 18,20), cioè non avrà successo. Mosè si augurava che tutti i membri del suo popolo fossero capaci di ascoltare la voce di Dio, come accadeva a lui (Nm 11,29). Anche noi possiamo oggi essere profeti a patto di diventare uomini di preghiera, che dicano le parole di Dio, nella sincerità e gratuità.

Sei venuto a rovinarci? …

2) Qualche benpensante potrà sorridere: “Ma come si può ancora credere nel demònio in pieno secolo XXI?”. Certo, se la qualità del nostro cristianesimo è scadente, allora il diavolo può addormentarsi, ci lascia credere che non esiste. Ma provate a operare a viso aperto per la giustizia, a prendere seriamente il Discorso della Montagna … e sentirete gli strilli del maligno! Davanti a questa pagina di vangelo proviamo un certo imbarazzo. Il primo miracolo raccontato da Marco è la liberazione di un indemoniato; molto meglio, invece, Giovanni, che racconta il primo miracolo di Gesù in un matrimonio! L’imbarazzo nasce dal fatto che noi, razionalisti, scienziati e psicologi del profondo, riconduciamo a livello patologico ciò che gli antichi attribuivano al demonio. Noi, oggi, più che di indemoniato, parleremmo di epilessia, isteria, schizofrenia, paranoia … Attenzione: Gesù parla con le categorie culturali del tempo: non è venuto a fondare la moderna psichiatria, bensì vuole insegnarci “non come vanno i cieli ma come si va in cielo!”. Gesù fa una lettura teologica del fatto e non scientifica: davanti a lui c’è un uomo disgregato, posseduto da un altro; la sua diagnosi va alla radice, quel povero indemoniato era, probabilmente, uno schizofrenico. Ma che importa? Evitiamo di cadere oggi in un nuovo tipo di conformismo, ricorrendo esclusivamente alle scienze umane e ai maestri del sospetto.

3) L’epoca delle possessioni non è finita! Noi viviamo continuamente l’esperienza, soggettiva ed oggettiva, di essere come occupati e invasati da un’intelligenza estranea a noi, da forze che ci sovrastano con dittatura impersonale, da un Leviatano impalpabile ma efficace come l’ombra del Grande Fratello. La nostra dignità umana resta mutilata e mortificata. Ci sono delle infatuazioni ideologiche, teologiche, consumistiche … che portano all’ossessione. Sono rimasto sempre impressionato da quanto scrive U. Eco: “L’Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall’eccessivo amor di Dio o della verità, come l’eretico nasce dal santo e l’indemoniato dal veggente. Temi, Adso, i profeti e quanti sono disposti a morire per la verità, che di solito fanno morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al loro posto … Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, far ridere la verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità” (Il nome della rosa, p. 494).

Io so chi tu sei!

4) Queste parole, dette da un indemoniato, sono di una potenza meravigliosa! Ci aiutano a capire davvero Gesù, visto non come un idolo o un’ideologia, ma come una Voce che rovina e libera. Noi, alle possessioni del diavolo, non crediamo più! Quando Cristo libera l’ossesso, questi torna un uomo mite e sereno, che si mette accanto a Cristo. Anche noi, dalla nostra infanzia, quante idolatrie abbiamo attraversato! Eravamo posseduti! La nostra autonomia interiore non è mai un prodotto compiuto, ma un processo umile; il nostro è un viaggio attraverso schiavitù che ci occupano dentro. Gesù, il “liberatore senza spada”, rovina le nostre sicurezze, la nostra cultura e la nostra teologia. La parola di Dio, viva e tagliente, mette nell’uomo una salutare inquietudine. Noi mettiamo tra la parola di Dio e la nostra esistenza tranquilla dei filtri edulcoranti, perché quella parola arrivi a noi depotenziata, come un mistificante placebo. Ma la parola di Gesù non è fatta per mantenere gli equilibri, per essere dolce ai ricchi e ai poveri, comoda ai padroni e agli oppressi. Gesù viene a rovinarci? No, la sua “rovina” è la nostra liberazione!

Gesù insegna con “autorità”

5) Premessa: per pregare, Gesù non è mai andato al tempio né in sinagoga. Interessante: Gesù andava al tempio non per partecipare alle cerimonie religiose, ma per insegnare (Mt 21,23; Lc 19,47; Gv 7,28). E lo stesso si deve dire delle sinagoghe, che sono ricordate per gli insegnamenti di Gesù, non per le sue preghiere, orazioni, liturgie (Mc 1,21; Mt 4,23; Lc 4,15; Gv 6,59). Di più, Gesù associa il tempio e le sinagoghe non alla bontà, ma alla malvagità. Infatti, per il vangelo, i luoghi ufficiali della religione sono “covo di briganti” (Ger 7,11; Mt 21,13), luoghi di processo e tortura: “Vi flagelleranno nelle loro sinagoghe” (Mt 10,17), come gli antichi hanno flagellato nelle sinagoghe i profeti (Mt 23,34; Lc 12,11) o hanno espulso dalle sinagoghe quanti non la pensavano come i sacerdoti (Gv 9,22; 12,42; 16,2). Monito sempre attuale per noi, che trasformiamo i “luoghi di culto” in “sepolcri di Dio”. Nel vangelo di questa domenica, Gesù viene descritto da Marco con due pennellate incisive: Gesù è “il maestro” che insegna; Gesù è “il liberatore”, perché la sua parola è efficace. Ci troviamo davvero davanti a una “dottrina nuova”, dove “nuova”, nel linguaggio biblico non significa originale, inedita, ma perfetta e definitiva. Gesù proclama e agisce, dice e fa, predica e guarisce. Gesù non è un’autorità professionale, istituzionale, accademica; Egli semplicemente si impone, anche senza avere titoli; la sua, più che autorità, è autorevolezza! La sua parola non muore quando è stata pronunziata, anzi proprio allora comincia a vivere. Questo vale anche per noi: quante volte una parola di elogio ci ha portato alle stelle, e una parola di critica ci ha buttati nello sconforto. Davvero basta “poco per consolarci, perché basta poco per affliggerci” (B. Pascal).

6) Nelle culture mediterranee si faceva un’attenta distinzione tra la «potestà» (dýnamis) e l’«autorità» (exousía). I due termini indicano attività o effetti che si esercitano da un essere ad un altro, ossia una relazione di potere (O. Betz). Ma una cosa è il potere «impositivo» che sottomette con la forza, ed un’altra cosa è il potere «seduttore» che attrae per le sue qualità. Questo è il termine usato dal vangelo. Il testo di Marco chiarisce che i fedeli presenti nella sinagoga compresero subito che l’«autorità» di Gesù non era come quella degli «scribi». Dove stava la differenza tra l’«autorità» di Gesù e quella degli scribi? La religione è generalmente accettata come un sistema di ranghi/dogmi che implica dipendenza a superiori invisibili (W. Burkert). Ecco perché, a partire dalla religione, Dio può essere sentito solo come despòtes, basiléus, týrannos (E. Lane). Questo era il Dio che presentavano gli scribi. Se ci mettiamo in relazione con Dio a partire dalla religione, questa relazione può essere solo di sottomissione con tutte le sue conseguenze. Tutto questo spiega il conflitto consumato nella sinagoga di Cafarnao: i capi religiosi si sono resi conto che era apparso un Profeta che non imponeva un giogo, ma che proponeva una liberazione. Gli scribi si sono sentiti inquieti, hanno visto in Gesù un nemico che li lasciava senza clientela fedele e sottomessa. Bisogna chiedersi a questo punto: io vivo togliendo carichi e gioghi di dolore? O vado legittimando le forze che causano il dolore e la sofferenza? O detto con più chiarezza: trasmetto la RELIGIONE o presento il VANGELO?

Anche noi, posseduti …

7) Proviamo a interrogarci: chi sono, oggi, quei demòni che con aria

di sfida gridano a Gesù: “Che c’entri tu con noi?” (Mc 1,23). Angeli e demòni sono davvero personaggi della nostra infanzia, relegati ormai nell’immaginario delle fantasie? In realtà, se ci guardiamo allo specchio, senza ipocrite mascherine, dobbiamo con sincerità ammettere che anche noi siamo posseduti da tanti altri, che continuano a gridare: “Che c’entri tu con noi?”. Quando sono in gioco il comportamento sessuale o gli affari o il successo … scatta allora in noi il demònio della separazione, che proclama l’estraneità di Dio dalla nostra vita. Accettiamo senza problemi il Dio della liturgia, il Dio della Parola, il Dio dell’istituzione, ma non il Dio che giudica la nostra vita. Amiamo il Dio lontano, ma rifiutiamo il Dio vicino. Anche con il Papa è lo stesso: lo ascoltiamo in tanti messaggi, lo seguiamo in tante iniziative, purché non si intrometta nella vita sessuale, nei nostri affari. È la malattia della “doppia morale”, un vizio antico, forse inestirpabile, per cui la vita e la fede restano separate, in una sorta di schizoidia esistenziale. Ognuno ha i suoi demòni, ognuno ha il dovere di liberarsi da questa oscura presenza. Buona vita!

A cura del Gruppo biblico השּׁרשים הקּדשים Le Sante Radici

Per contatti: francescogaleone@libero.it

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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