Italiani che valgono!L’atroce massacro dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro driver Mustapha Milambo agghiaccia il mondo.

di Vittorio Russo

Italiani che valgono!L’atroce massacro dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro driver Mustapha Milambo agghiaccia il mondo. Sono figure straordinarie quelle degli italiani che portano in giro per il Pianeta il nome del nostro Paese. Quante volte, viaggiando, ho sentito dire: Come faremmo senza gli italiani. Non è campanilismo il mio. Sto solo cercando di dire chi fossero i nostri due connazionali trucidati in una foresta equatoriale, alla fine del mondo. Mio figlio ha conosciuto l’ambasciatore Attanasio in Nigeria, ha avuto con lui scambi di lavoro e ha potuto apprezzarne tenacia e professionalità. Non è una novità. Gli Italiani all’estero sono figure di ammirata eccellenza, persone non comuni che si distinguono per fantasia inventiva impegno coraggio. Sono persone umili soprattutto, di poche parole, concrete e pragmatiche. Ne ho conosciuto tante di queste persone e le ho ammirate cercando di mutuarne i comportamenti. Attanasio è stato uno di questi italiani. Giovanissimo ambasciatore (non ce n’è mai stato uno più giovane), destinato a una delle sedi diplomatiche più delicate del mondo, quella di Kinshasa in Congo. Giovane, eppure già ricco di annose esperienze nei Paesi africani più complicati per contrapposizioni etniche e centenari conflitti sociali. È stato un grande, umile servitore della Nazione. Attanasio: non è un eroe ma una vittima per nobili scelte umanitarie e filantropiche. All’improvviso il suo nome esce dal buio. Tutti lo conoscono e ne tessono le lodi. È quasi sempre così. Quelli che valgono devono morire in malo modo perché se ne riconoscano meriti e valore. Orribile, ancor più, che a sentirsi scossa da tanto omicidio sia la classe politica più ipocrita e vile della Terra, la nostra. Inutile che ne indichi i campioni. Sono sotto gli occhi di tutti, protagonisti della ribalta con croci al collo e grani di rosario fra le dita, salvatori della patria per tornaconto di parte e figure minuscole di ingorde torme di parassiti. Nulla sanno del mondo, eppure, improvvisamente, si fanno specialisti di geopolitica di nazioni di cui nulla conoscono. Talpe lacrimose che neanche sanno in quale angolo oscuro della Terra sono stati massacrata i nostri connazionali e quale attività vi stessero svolgendo. Eppure piangono agghiaccianti lacrime di infame falsità.Luca Attanasio è stato ucciso nel corso di una missione umanitaria nel Congo, l’ex Zaire di Mobutu, da ignoti esponenti di quelle bande armate che da sempre dilaniano con gesta sanguinarie la parte orientale del Paese, il Kivu e il confinante Rwanda. Queste regioni sono maledette dagli uomini e benedette dagli dèi. Terre di genocidi senza fine che vedono Hutu e Tutsi scannarsi per secolari odi tribali le cui cause si sperdono nelle pieghe del tempo. Vivono lì, in questo crocevia dell’Africa centro-meridionale, in una terra ferace e con il sottosuolo ricco di tutte le materie prime di cui il mondo oggi ha particolarmente fame: cobalto, oro, diamanti industriali, rame, petrolio… Una ricchezza che è considerata uno scandalo geologico in un paese dove vive la gente più povera del pianeta. Ho frequentato per anni il Congo, quando ancora si chiamava Zaire sotto la presidenza di Mobutu, negli anni 90 e quelli successivi. L’Armamento per il quale ho lavorato vi investì risorse importanti, vi creò posti di lavori nello shipping, in attività produttive e costituì una società di navigazione italo-zairese. Tutto fu travolto da una guerra civile che ha alterato equilibri difficili da ripristinare malgrado l’impegno della Nazioni Unite e di tante organizzazioni umanitarie. Ho viaggiato in lungo e in largo nello Zaire-Congo di quegli anni, da Kinshasa, la capitale con 15 milioni di abitanti, a Boma e Matadi, i suoi porti sull’Atlantico. E poi nell’interno, a Lubumbashi nell’Alto Katanga, a Goma e a Bukavu nel Kivu, dove si trovano le miniere di rame più ricche del mondo. Era questo minerale e il legno prezioso della sterminata foresta equatoriale che, trasportati al porto di Matadi, venivano imbarcati per l’Europa. Pericoloso attraversare l’immenso Zaire, allora come oggi. Tanti rischi da prevenire, tanti dettagli da programmare per evitare sorprese. Si volava da un piccolo centro all’altro con aerei obsoleti, senza garanzie di sicurezza, con al comando piloti scartati da tutte le compagnie aeree… In questo paese ho perso in un tragico incidente un amico carissimo: un comandante ardito e brillante col quale ho navigato su tutti gli oceani. Lo ricordo con affetto e tristezza e ricordo con affetto e tristezza questo Paese disgraziato che ne raccolse l’ultimo respiro. Un Paese che continua a uccidere. Oggi è la volta di due italiani di grande anima e del loro driver locale. Eppure questo Paese non si fa dimenticare: le sue foreste sterminate (secondo polmone verde della Terra), forse neanche tutte esplorate, le acque giganti del fiume Congo e quelle di un azzurro indimenticabile del Lago Kivu, le montagne del Katanga vermiglie di minerali come sangue, gli altopiano verdi e ondulati sotto nubi come sciami di perle… Quanta vita in quella natura ancora intatta! E quanta morte fra le sue genti vittime di ottuse scelte coloniali e feroci tribalismi. Non dimenticherò le persone buone che ho conosciuto: quelle dei villaggi, di una semplicità sconcertante. E non dimentico il Congo terra madre di artisti e scultori straordinari, usciti dalle scuole e dall’Accademia delle Belle Arti di Kinshasa. Conservo le loro opere in rame e legno prezioso, espressioni del loro talento. Intanto questa terra continua a essere sbranata da un’atavica povertà e lotte di gruppi armati, numerosi e indistinguibili, preda ora anche del fanatismo islamico. Dimenticheremo presto la tragedia di questo barbaro eccidio. Triste che non sappia ricavarne insegnamento la nostra mediocre classe politica. È intollerabile che per insipienza essa sia incapace di vedere di quali fondamentali figure può essere madre la nostra Nazione, e quale ruolo potrebbe avere se queste risorse fossero usate secondo merito.vr

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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