LASCIARE I BENI PER VIVERE BENE (Mc 10,17)

14 ottobre 2018  – Domenica XXVIII TO (B)

LASCIARE I BENI PER VIVERE BENE (Mc 10,17)

Riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della Domenica

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

  1. Ancora il denaro, ancora la ricchezza: questo ostacolo caparbio, subdolo, insuperabile, da qualunque parte lo si giri! Qui siamo al famoso episodio del “giovane ricco”. Vorremmo avere più spazio per analizzare, anche in sede estetica, quest’episodio, tra i più densi e drammatici, del vangelo di Marco. Un brano molto attuale, in questa nostra società dell’opulenza, nella quale il cristiano è costretto a scegliere tra l’avere e l’essere, tra Dio e Mammona. Il poeta latino Orazio scrive che “bisogna cercare prima di tutto la ricchezza; la virtù viene dopo i soldi” (Epistole, I, 1,53): è il pensiero di un pagano, ma non pochi la pensano come lui! Anche il nostro poeta G. Giusti, in una quartina della sua opera “Il gingillino”, riporta la mentalità corrente della gente: “Un gran proverbio caro al potere dice che l’essere sta nell’avere”.
  2. Il re Mida venne scelto come arbitro nella gara musicale tra Pan, suonatore di flauto, e Apollo, suonatore di lira. Solo un ignorante di musica avrebbe dichiarato vincitore Pan: il suono della lira apollinea è simbolo di armonia, di equilibrio, mentre il suono del flauto è strumento di seduzione e stimolo agli eccessi. Gli crebbero orecchie asinine e divenne simbolo dell’uomo scriteriato. Un giorno, Pan promise a Mida che ogni cosa da lui toccata si sarebbe mutata in oro, e così avvenne, ma da quel momento Mida non fu più in grado di mangiare né di bere. Ulteriore conferma che era uno scriteriato! Il mito greco può far sorridere; eppure i miti sono un serbatoio di sapienza e denunciano le nostre scelte insensate.
  3. L’insegnamento dell’Antico Testamento e quello del Nuovo, in materia di povertà e ricchezza, è del tutto divergente. Anche nei suoi libri ultimi, l’Antico Testamento esalta la ricchezza, come segno della generosità divina, segno di benedizione; l’opposizione tra Antico e Nuovo Testamento sulla ricchezza si coglie in tutta la sua radicalità leggendo le beatitudini del vangelo di Matteo (cap.5) e le beatitudini del Deuteronomio (cap.28). È la tesi che accetterà in seguito Calvino e che M. Weber teorizzerà nelle sue opere: la nascita del capitalismo in occidente è dovuta proprio a questo tipo di etica, di ispirazione biblica. L’aveva già denunciato anche Marx quando scrisse: “Accumulate, accumulate, questo insegnano tutta la Torà e i Profeti”. Ma una tale concezione non ha mai convinto del tutto neppure gli ebrei: Abele, Giobbe, i poveri, gli innocenti, i fedeli, i perseguitati … hanno innalzato la loro indignazione verso il cielo, senza risposta. Dio muto! Lentamente è maturata la fede nella risurrezione e nel giudizio.
  4. Gesù in questo passo del vangelo sembra riaffermare l’antica fede, assicurando fin da questa vita il centuplo di tutto quello che il credente ha lasciato per lui. Ma completa con “la vita eterna”. Come intendere la “vita eterna”? Molti la interpretano come “vita futura”, ma una vita “eterna” non è una vita “futura”: la vita eterna è una vita attuale. Non si tratta di scegliere tra due mondi, ma di riunirli, così bene che ogni momento vissuto nel tempo lo si voglia vivere in eterno. Dio non è opposto al mondo: Egli ama il mondo e lo compenetra. Noi non dobbiamo lasciare il mondo, ma riempirlo di bontà. Non è la “vita futura” che ci deve interessare ma la “vita eterna”.
  5. Quel “tale” era andato a chiedere cosa doveva “fare di più”, qualche pratica in più, e invece si sente l’invito a lasciare tutto, a “essere di più”. Gesù non chiede qualcosa di più (una preghiera, un’elemosina, un fiore …) ma un orientamento diverso alla vita, non una quantificazione ma una qualificazione. Noi preferiamo sempre un Dio che ci dica quale cifra gli dobbiamo pagare, ma Gesù, al tintinnio che cade nella cassetta, preferisce ascoltare il battito del cuore; non ci conta i soldi in tasca ma ci misura la temperatura del cuore. Si trattasse di togliere, di perdere qualcosa, anche in vista del Paradiso, lo faremmo anche volentieri, ma lasciare tutto … No, non ci sentiamo! E se poi le cose si mettono male? Ci comportiamo come i giocatori prudenti: le nostre puntate, le nostre scommesse sono ragionevoli; la ragionevolezza è il nostro gioco preferito, con le sue varianti: compromesso, prudenza, ragion di stato, ragion di chiesa, concordato, diritto canonico, previdenza sociale, evasione fiscale …
  6. Gesù ci aiuti a mettere al primo posto Dio e l’avvento del suo regno, a operare uno sgombero coraggioso, perché la nostra vita si è riempita, anno dopo anno, di cianfrusaglie inutili, di giocattoli religiosi, di pericolose superstizioni, di tanto ciarpame che ci impedisce di essere liberi e leggeri. E’ possibile, dopo avere ascoltato questo vangelo, sant’Antonio, il padre dei monaci che lasciò tutto per seguire la via della rinuncia inoltrandosi nel deserto dell’Egitto; Agostino trovò la felicità e la verità non quando seguiva le filosofie di moda o quando passava da una donna all’altra, ma quando decise di convertirsi, ricevendo il battesimo da Ambrogio; Francesco di Assisi fu veramente libero e felice quando buttò dalla finestra le ricchezze e sposò Madonna Povertà; se non lo avesse fatto, sarebbe rimasto il signor qualunque, marito di una donna qualunque, in un paese qualunque, proprio un “tale” come dice il vangelo.
  7. Gesù di Nazaret è e resta un modello; anche i non-credenti ne sono affascinati. Gesù non è solo il Dio dei cristiani, è anche il Figlio dell’uomo, cioè dell’umanità; egli non appartiene a una sola chiesa, e perciò appartiene a tutti. Guai a noi se lo ingabbiamo nel reticolo della nostra religione! Egli non viene a fondare una nuova religione, concorrenziale e conflittuale con le altre, ma ci offre un nuovo progetto di vita, trasversale a tutte le religioni. Egli insegna la religione del futuro, propone all’uomo di andare sempre oltre. Anche nel vangelo di oggi ritorna il tema dell’andare-oltre: “Una sola cosa ti manca”. Al giovane del vangelo, Gesù non fa discorsi spirituali del tipo: “Diventa buono, prega di più!”, ma: “Lascia quello che hai, da’ le tue ricchezze ai poveri, vieni con me, lotta con me per l’avvento del regno di Dio”. Gesù ricorda a quel “tale” ricco il decalogo, ma lo cita in modo incompleto, tralascia cioè i primi tre comandamenti, quelli che riguardano Dio: per Gesù è sufficiente osservare i comandamenti che riguardano l’uomo. Gesù propone una esistenza liberata; a differenza dei moralisti di ogni tempo, Egli non dice che la ricchezza è un male, anzi, è un segno della grandezza di Dio. Il male della ricchezza sta nel fatto che essa può diventare la nostra prigione, il nostro dio immanente. Non si tratta di abbandonare fisicamente le cose, ma di metterle a disposizione dei fratelli.
  8. Attenzione agli equivoci: mai Gesù condanna la ricchezza in sé e per sé; tra i suoi amici c’è anche Giuseppe d’Arimatea, “uomo ricco”; c’è Zaccheo, dichiarato “salvo” anche se conserva per sé metà dei suoi beni, che, per un ex-esattore di tasse, dovevano essere parecchi! Ciò che Gesù condanna è l’attaccamento morboso al denaro, il far “dipendere dal denaro la propria vita”, trasformare il denaro da servo in padrone, addirittura in dio, fino a operare una sacrilega inversione di tutti i valori: il “Niente è impossibile a Dio” della Scrittura diventa il “Niente è impossibile al Denaro”.

Ma Gesù non lascia nessuno senza speranza, anche il ricco può salvarsi; il problema non è se il ricco può salvarsi, ma come può salvarsi. E Gesù  indica il rimedio: “Accumulatevi tesori nel cielo”. Insomma, Gesù consiglia di trasferire i capitali all’estero, non in un paradiso fiscale, ma nel vero paradiso del cielo! Molti di noi fanno fatica a comprendere queste strane verità; ci sentiamo sicuri dell’aritmetica tradizionale, che consiste nel sommare, nel moltiplicare, mai nel sottrarre; a dividere ci penseranno poi figli e nipoti. Gesù ci propone una contabilità semplificata, ma a noi, bambini difficili, piacciono le cose complicate! Ma attenzione a non parlare dei ricchi in termini classisti. Anche io sono ricco. Chi è il mio dio? Qual è il valore, il bene più importante della mia vita? Per chi o per che cosa lavoro giorno e notte? Siamo sulla terra per guadagnarci un pezzo di cielo, viviamo nel tempo con tanti fratelli e sorelle per imparare quello che faremo in eterno nel paradiso. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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