Le statistiche che non piacciono al ministro Gelmini

                                               

                        LO STATO DI SALUTE “REALE” DELLA SCUOLA DI TERRA

                              DI  LAVORO NEL QUADRO NAZIONALE

                                                       di Francesco Iesu*

 Sullo stato di salute della Scuola nel nostro Paese esistono valutazioni diverse, per lo più contrapposte, tra pochi “laudatores”, espresse dalle forze politiche governative e  molti “detractores”,  espresse da quelle d’opposizione, dai sindacati e dagli addetti ai lavori.

 Questa indagine, pertanto, si pone l’obiettivo di offrire al lettore un quadro obiettivo e  realistico del complesso problema, fondato non su opinioni personali o valutazioni di parte, che sono sempre discutibili, ma su dati incontrovertibili desunti da statistiche internazionali, nazionali, regionali e provinciali.

 Fissati questi fondamenti del problema, non può non constatarsi, sia pure con somma amarezza, (specialmente da parte di un servitore dello Stato che ha dedicato la sua vita amministrativa all’istruzione di tutti i giovani, sia normodotati che portatori di disabilità) che le statistiche, sia in campo internazionale e sia in campo nazionale, purtroppo, ci hanno dato da anni e continuano ancor oggi a darci un giudizio impietoso, che diventa ancora più impietoso in quelle elaborate in campo regionale e provinciale.

Prima  parte: La statistica internazionale e nazionale

Da una rapida sintesi delle statistiche internazionali e nazionali è emerso quanto segue:

L’Istituto Nazionale della Valutazione del Sistema dell’Istruzione (CEDE), prima ancora che assumesse la nuova denominazione (INVALSI), riportò che il 25% dei diciottenni, se pur in possesso della licenza media o del diploma professionale, fosse a rischio di analfabetismo.

Un’indagine condotta dall’UNICEF sul livello d’istruzione degli studenti nei 24 Paesi più industrializzati nel Mondo, pubblicata sul Sole 24Ore del 25/11/2002, ha riportato che i quindicenni italiani sono stati  tra i meno preparati, soprattutto nella capacità della lettura e nell’apprendimento della matematica e delle scienze, cioè delle materie scientifiche che sono decisive per il futuro (Oh se i giovani ascoltassero l’auspicio del grande matematico napoletano,  Renato Caccioppoli, quando diceva : “ la matematica è come la musica. Essa ha i numeri interi e le frazioni, né più, né meno di un pianoforte che ha i tasti bianchi ed i tasti neri. Per capirla, bisogna studiarla, prima con l’anima e poi con il cervello”). E, così, nella classifica redatta in base allo svantaggio educativo, gli studenti italiani conquistavano un poco onorevole terzo posto, dietro soltanto agli adolescenti portoghesi. e greci, molto distanziati dai coetanei coreani, giapponesi e finlandesi, che invece rappresentavano le realtà più avanzate. .

Secondo un’indagine comparativa dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) – Pisa (Program International Student Assessment che rappresenta il sistema internazionale di valutazione dell’apprendimento dei giovani) del 2004,  sulle competenze linguistiche, matematiche e scientifiche dei quattordicenni di 31 Paesi, i ragazzi italiani sono risultati al 26° posto in matematica, al 24° in scienze ed al 21° nell’uso della propria lingua..

Secondo un’altra indagine, realizzata sempre nel 2004 dall’Associazione TRELLE, insieme all’Istituto Cattaneo, il sistema scolastico italiano era caratterizzato da un forte ritardo nello sviluppo degli strumenti di  conoscenza e di valutazione dei processi formativi, in quanto si attribuiva scarsa importanza alla matematica e nessuna alla filosofia. e al latino.

I rapporti OCSE- PISA e PIRLS del 2006 e del 2007 hanno confermato che gli studenti italiani di 15 anni occupano gli ultimi posti dei Paesi dell’Unione Europea e dei 31 Paesi dell’Organizzazione.

Ai dati allarmanti delle suddette indagini si è esplicitamente riferito l’attuale ministro  dei riunificati Ministeri dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca, Mariastella  Gelmini, (nella foto)

 

 

 prima audizione alla Camera dei Deputati, in data 10 giugno 2008, per delineare le linee programmatiche del suo dicastero : Maggior spazio al merito ed alla valutazione, sia per i professori che per gli alunni; ritorno della disciplina nelle aule scolastiche; stipendi in linea con l’Europa ai docenti. Tali sono stati i punti più urgenti, collegati alla “ emergenza educativa”, su cui si sono espressi con preoccupazione il Papa Benedetto XVI ed il Presidente della Repubblica Napolitano, ricordando le parole di Gramsci “Occorre persuadere molte genti che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso” e di  Roger Abramavel, autore di un saggio sulla meritocrazia : “La meritocrazia è un insieme di valori che promuove l’eccellenza delle persone a prescindere dalla loro provenienza sociale, economica ed etnica”.

Princìpi sacrosanti da tutti accettati, ma difficili da realizzare (il fallimento del ministro Berlinguer negli anni 90 docet!), in quanto se fino ad oggi non si è riusciti a valutare la quantità del lavoro scolastico, come si fa a valutare la qualità di un lavoro che non produce bulloni, ma saperi, e soprattutto qual è l’autorità scientifica che deve valutarla?.

Tanto è vero che fino ad oggi tali principi, sostanzialmente, sono rimasti sulla carta delle buone intenzioni, in quanto i primi provvedimenti normativi di cambiamento varati dal suo governo, pur  presentando aspetti largamente condivisi ( ritorno alla valutazione numerica nella scuola primaria e secondaria di primo grado; voto di 5 in condotta per contrastare il bullismo). o di contrastante valutazione (maestro unico o prevalente nella scuola primaria), sono stati nell’immediato  accompagnati da troppo drastici tagli delle risorse finanziarie, del personale scolastico a tutti i livelli, delle ore d’insegnamento degli alunni e del numero delle scuole autonome, senza affrontare ancora l’annoso problema della formazione  qualitativa dei docenti che principalmente può elevare la qualità degli studi, scatenando tra gli alunni, i docenti e le  famiglie una sollevazione generalizzata che ancor oggi non si è placata.

Sarebbe opportuno, invece, che i nostri  governanti ricordassero sempre le parole di Codignola e di Moro pronunciate nell’Assemblea Costituente del nuovo Stato democratico-repubblicano. Il primo sosteneva che:La Scuola dev’essere sacra per tutti, come cosa che trascende le posizioni dei partiti, come cosa che riguarda l’avvenire dei nostri figli e le generazioni future”; il secondo gli faceva eco, richiamando ”alla  concordia degli spiriti, all’unità degli intenti che bisogna che si stabilisca sui problemi della Scuola… per combattere questa comune battaglia di libertà, di progresso e di avanzamento spirituale di tutto il popolo italiano”.

Infatti, una Scuola partorita soltanto da una parte dei rappresentanti del popolo è una scuola malata e “una Scuola malata, come ha scritto l’Osservatore Romano, non è un’infermità settoriale, ma il sintomo grave di un male che corrode e indebolisce dal di dentro lo Stato democratico”.

Quanto sarebbe  più proficuo, pertanto, se l’attuale governo di destra, che si autodefinisce “liberale”, ascoltasse la voce degli operatori scolastici, si preoccupasse di finanziare (anziché tagliare) e di premiare concretamente le scuole migliori, dialogando anche con i partiti “riformisti” di opposizione, in modo che il nostro sistema scolastico rispetti l’equità e le pari opportunità di tutti gli alunni, senza discriminare quelli svantaggiati. Solo in tal modo, si potrà conseguire l’agognato obiettivo della qualità totale degli studi, in quanto si coniugherebbero i nuovi princìpi di efficienza, trasparenza ed economicità con il tradizionale princìpio costituzionale del 1948 (ahimè non ancora  concretizzato) del pieno sviluppo della persona umana, a prescindere dalle sue condizioni personali, sulla scia del nostro sommo poeta Dante Alighieri, allorquando scriveva: “considerate la vostra semenza:fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza” (Inferno, XXV1 canto, 118 – 120).

L’inversione di tendenza è ormai improcrastinabile, in quanto l’attuale sistema scolastico italiano, come ha scritto in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno in data 27/aprile 2010 l’insigne linguista ed ex ministro della pubblica istruzione Di Mauro, fa una pessima figura al cospetto della scuola europea.

 

 Seconda parte: La statistica regionale e provinciale

Passando dalle indagini statistiche internazionali e nazionali a quelle della Regione Campania e della Provincia di Caserta, è opportuno evidenziare quanto appresso:

Da una ricerca sullo stato del fenomeno della dispersione scolastica nella Regione Campania svolta dallo scrivente, quale consigliere ministeriale, su incarico del Ministero della Pubblica Istruzione, alle soglie dell’anno 2000, risultava che in Provincia di Caserta il tasso complessivo di evasione, abbandono, bocciature e ripetenze nella scuola elementare fosse del tutto insignificante, ammontante appena allo 0,6%, mentre nella scuola media lo stesso tasso aveva raggiunto il 10,4%. Per la scuola superiore, invece, il tasso complessivo di abbandono, bocciature e ripetenze aveva raggiunto il 26,5%. Per quanto riguarda il tasso promozionale  risultava che nella scuola elementare fosse del 99,06%, nella scuola media del 94,08& e nella scuola superiore del 71,04.

I dati testé riportati, se erano confortanti per quanto riguarda la percentuale media della scolarizzazione, erano preoccupanti per quanto riguarda l’acquisizione dei titoli di studio e la qualità degli studi stessi, volendo la nostra società risollevare la propria economia con la creazione di un’attività imprenditoriale di massa. Infatti, nella scuola media, ogni anno, avevamo una percentuale di ragazzi, intorno al 10,%, che non conseguiva il diploma di licenza media, per cui erano  al di fuori dell’obbligo scolastico e per di più un’alta percentuale di quelli che lo conseguivano, intorno al 40%, otteneva appena il giudizio di sufficienza (che, secondo gli stessi Consigli di classe, non sono ritenuti pienamente tali, ma che sono attribuiti dalla necessità di porre fine comunque alla loro esperienza scolastica).

Nella scuola superiore, oltre agli abbandoni (4,05%), ogni anno,  registravamo un’alta percentuale di giovani, intorno al 28%, che non conseguiva il diploma di maturità, e quelli che lo conseguivano, con votazione minima o dopo aver percorso il ciclo degli studi con debiti formativi, erano destinati certamente a non diventare dei protagonisti della complessa società tecnologica in cui viviamo.Qui di seguito sono riportati i quadri riepilogativi  generali  di quella ricerca:

 

 

Anche una ricerca dell’Università “Federico II” di Napoli – Castel Sant’Angelo – diffusa nel 2005, dall’Unione Nazionale per la lotta all’analfabetismo, ha evidenziato che la Campania (9,3%) è tra le nove regioni italiane che superano il limite dell’allarme Ocse, cioè superano l’8% di popolazione senza titolo di studio.

Estrapolando i dati dei rapporti OCSE – PISA e PIRLS del 2006 e del 2007 precedentemente citati, emerge che, diversamente dalle scuole elementari, che sono di buona qualità, tra le prime del Mondo, sia nel Nord che nel Sud del nostro Paese,  le scuole secondarie di primo grado registrano un declino e quelle di secondo grado addirittura una debacle rispetto a quelle del Nord.   Infatti,  entrambe hanno totalizzato un punteggio medio (448), che è al di sotto della media nazionale (474), che pur è una delle più basse della media europea (500). Mentre, però, le scuole secondarie di primo grado meridionali si discostano di pochi punti dalla media nazionale (305  a 331),invece si distaccano nettamente dalla media nazionale sia i licei (481 a 521), sia gli istituti tecnici (425 a 477), sia gli istituti professionali (377 a 416)..

Anche il rapporto elaborato da “Tutto Scuola” del 2007 sulla qualità delle scuole nelle regioni e nelle province italiane, conferma che la Campania e le sue province sono tra i fanalini di coda della relativa classifica..

L’assessore  all’istruzione della Regione Campania, in un’intervista del 16/9/2008, ha comunicato che nell’anno scol. 2007/2008 si sono “dispersi” 50.000 studenti: 15.000 tra i 6 ed i 15 anni di età e 35.000 tra i 16 ed i 17 anni d’età. e che ben 35.000 sono stati i ragazzi i quali hanno compiuto la maggiore età e non hanno conseguito un diploma.

Il Rapporto 2010 sulla Scuola della Fondazione Agnelli attesta che uno su cinque  dei ragazzi meridionali tra i 20 ed i 24 anni non ha terminato la scuola superiore, ben oltre la media europea.

Per quanto riguarda il giudizio sulla scuola casertana espresso dai suoi studenti, da un sondaggio effettuato nel 2008, in 8 istituti superiori di Caserta,  è emerso che gli studenti bocciano la scuola, in quanto il 50% giudica “scarsa” la cultura che essa fornisce ed il 54% vede i professori non come “educatori”, ma come “giudici”,  o, nella migliore delle ipotesi , come “esperti della materia”.

Lo stesso Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano provinciale all’inizio dell’anno scolastico 2008/2009, ha ammesso la gravità del triste fenomeno della dispersione scolastica che, nonostante il fattivo impegno del personale scolastico all’uopo predisposto, raggiunge picchi elevati nelle classi della scuola superiore e non solo. La stampa provinciale, infatti, ha riportato che gli alunni “dispersi” nei comuni casertani  ad alto rischio di illegalità diffusa sono allarmanti: 329 a Casal di Principe, 418 su 2100 a San Cipriano d’Aversa, 122 su 860 a Casapesenna, etc., dando luogo anche a denunce dei genitori da parte delle forze dell’ordine.

Il giudizio negativo è confermato dalla pagella della scuola secondaria casertana stralciata ad opera del dirigente scolastico-giornalista Diamante Marotta dalla pubblicazione del Ministero dell’Istruzione dopo gli scrutini intermedi dell’anno scolastico 2008/2009, che ha registrato insufficienze rilevanti nell’apprendimento di importanti discipline..

Nella scuola secondaria di primo grado gli alunni della provincia di Caserta con almeno un’insufficienza sono stati  il 49, 8% (rispetto al 48, 1% del dato nazionale). Nello specifico le percentuali di insufficienze riguardano :italiano ( 30,2%),  storia (28,8%), geografia (25,2%), matematica (33, 3%), scienze (28,1%), inglese (32,8% ), seconda lingua (32,9%), tecnologia (25,8%), arte ed immagine (21,8%), musica (19,8%), scienze motorie (8,9%).

 Nella scuola secondaria di secondo grado gli studenti della medesima provincia con almeno un’insufficienza sono stati il 78, 2% (rispetto alla media nazionale del 74%). Le percentuali di insufficienze riguardano principalmente l’italiano (54,2%), la matematica (47,8%) e le lingue straniere (62, 6%).

Le prime statistiche sul rendimento degli studenti meridionali nel corrente anno scolastico 2009/2010 sono ancora peggiori.

Infatti, il Rapporto sulla Scuola italiana nel 2010 della Fondazione Agnelli attesta che gli studenti che frequentano le scuole del Nord hanno, secondo il sistema internazionale di valutazione Pisa, 68 punti in più rispetto ai loro omologhi del Sud, il che equivale a dire che un terzo degli studenti meridionali hanno un ritardo di apprendimento di un anno e mezzo rispetto ai loro coetanei del Nord, per cui non raggiungono la soglia minima delle competenze stabilite dalla Comunità  internazionale.

I dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione relativi al primo quadrimestre dell’anno scol. 2009/2010 evidenziano un aumento più penalizzante, sia delle insufficienze soprattutto in matematica, inglese ed italiano, sia dei 5 in condotta, nelle scuole del Meridione, rispetto a quelle del Nord.

Anche l’insigne linguista ed ex ministro della pubblica istruzione Di Mauro, in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno del 27 aprile 2010, ha riconosciuto che il nostro sistema scolastico “ è zavorrato al Sud e fa fatica ad eguagliare quello del Nord”.

Ed il prossimo anno scolastico 2010/2011 si presenta ancora più nero, stando al decreto interministeriale sugli organici del personale docente, in quanto prevede ulteriori centinaia di tagli con conseguenti classi ancora più affollate.

 

  L’unico raggio di luce, invece, è dato presumere dall’elevazione culturale universitaria della popolazione di Terra di Lavoro, dopo l’istituzione sul territorio provinciale (Caserta, Santa Maria Capua Vetere, Aversa, Capua) della Seconda Università degli studi di Napoli (a proposito, quando diventerà  Università di Caserta o di Terra di Lavoro?), con ben 10 facoltà e 30.000 studenti.                                             *  Grand’Ufficiale  Dott. Francesco Iesu

      (emerito Provveditore agli studi, Consigliere del Ministro ed Ispettore Centrale del MIUR)

                                                        – francesco.iesu@virgilio.it

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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