LO SPIRITO: INSEGNA E RICORDA

9 giugno 2019  –  PENTECOSTE (C)

LO SPIRITO: INSEGNA E RICORDA

a cura del gruppo biblico ebraico-cristiano

השרשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura:  Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare (At 2,1). Seconda lettura:  Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito, costoro sono figli di Dio (Rm 8,8).  Terza lettura:  Lo Spirito Santo vi insegnerà e ricorderà ogni cosa (Gv 14,15).

  1. Pentecoste: 50 giorni dalla Pasqua. La Pentecoste è una festa ebraica molto antica, celebrata 50 giorni dopo Pèsach, per commemorare l’arrivo del popolo ebraico al monte Sinai. Tutti ricordiamo cosa accadde in quel luogo: Mosè sale sulla montagna, incontra Dio, riceve la Toràh da trasmettere al popolo (Es 19,10). Gli ebrei erano molto orgogliosi di questo dono, perché – dicevano – Dio aveva offerto la Toràh ad altri popoli, ma essi l’avevano rifiutata. I fenomeni naturali che più impressionano l’uomo, come fuoco, uragano, terremoto, tuono (Es 19,16), sono impiegati nella Bibbia per descrivere le manifestazioni di Dio. Anche per raccontare la discesa dello Spirito, Luca ricorre alle stesse immagini: rombo del cielo, vento forte, fragore, fuoco, glossolalia (At 2,1). Il messaggio è che dove giunge lo Spirito, accadono trasformazioni radicali. Un giorno il profeta Geremia era sfiduciato e si chiede: Cambia forse un etiope il colore della sua pelle o un leopardo la sua picchiettatura? (Ger 13,23). Possono cadere i muri? Amare il nemico? Vivere il vangelo sine glossa? Oggi possiamo rispondere: Sì, se irrompe lo spirito.

 

  1. Festeggiamo la discesa dello Spirito sugli apostoli nel cenacolo e il compleanno della chiesa, come ci ricorda anche un bell’inno del poeta Manzoni, forse il suo più bello. Se ci è facile parlare di Dio Figlio, ci è difficile parlare di Dio Padre, e ci è difficilissimo parlare di Dio Spirito, perché lui è spirito, santità, amore, e noi siamo materia, peccato, egoismo. Anche per noi valgono queste domande: Avete sentito parlare dello Spirito? Quale battesimo avete ricevuto, quello di acqua o di Spirito? (At 19,2). Per molti cristiani, lo Spirito è quel Dio ignoto (At 17,23), la cui statua Paolo trovò nell’Areòpago di Atene. Proviamo a parlarne, con molto pudore. Non si parla “dello” Spirito come di una inutile chiacchiera, ma “allo” Spirito come ad una persona viva. Soprattutto si prega, si adora, si tace! Gesù risorto trasmette il dono dello Spirito agli apostoli la sera stessa di Pasqua; lo offre a tutti gli uomini di buona volontà. La sera di Pasqua Gesù ripete il gesto creatore delle origini (Gn 2,7). A Pentecoste, superando la Babele delle lingue, si ricostruisce l’unità della famiglia umana.
  2. I tre anni che Gesù ha passato con loro sono stati anni di novità sconvolgenti, viaggi continui, polemiche pericolose. Ora, la conclusione è arrivata, peggiore di quanto si potesse immaginare. I ricordi del Getsemani, del processo, del calvario, del sepolcro pesano sugli apostoli come macigni, ed eccoli a fare mucchio, come bestiole tremanti chiusi nel cenacolo, per timore dei giudei. Vogliono essere lasciati in pace, con la loro paura e il loro dolore. E invece no. Arriva la Maddalena con quel folle annuncio: Ho visto il Signore! (Gv 20,18). Si poteva non crederle: è una donna, si sa … Ma poi arriva Gesù in persona, attraversando quelle porte chiuse, ed essi gioiscono, ma la loro comoda gioia durerà poco. Gesù ancora una volta li manda fuori dei loro covili, verso i faticosi sentieri della vita. Lui, mandato dal Padre, ora manda gli apostoli, e con una grande responsabilità: Voi sarete testimoni (Lc 24,48). E noi cristiani, lo vogliamo o no, andiamo, spesso tristi e indegni messaggeri, ma messaggeri. Alcuni di noi hanno dimenticato il messaggio ricevuto, e si aggirano a mani vuote e poche parole morte sulle labbra: Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe (E. Montale). Eppure il mondo è là, ci aspetta. Così, senza uno speciale bagaglio, senza neppure un segno che ci distingua, perché il messaggio è stato consegnato a tutti, senza distinzione, il giorno del nostro battesimo. La giornata è lunga, le occupazioni numerose, complesse le relazioni: padre o madre, marito o sposa, figlio, amico, compagno, anonimo passante. Ognuno di noi riveste molti ruoli, ma l’impegno è uno: essere messaggeri di Gesù. Sembra difficile, perciò lo abbiamo affidato ad altri, ai preti e alle suore, riservando a noi il povero ruolo di annoiati spettatori della domenica, quando il celebrante ci annuncia il Vangelo. Abbiamo dimenticato che il sale della terra e la luce del mondo dobbiamo essere noi, altrimenti corriamo il rischio di essere padri senza una vera paternità, figli senza speranza, compagni muti, amici senza doni.
  3. Impariamo, oggi, a conoscere questo Spirito creatore, che volteggiava sul caos primordiale (Gn 1,2). La terra era senza forme e senza vita: lo Spirito ha fatto sorgere mille immagini, mille somiglianze con Dio. Dio era sconosciuto: lo Spirito lo ha manifestato nella creazione, plasmando tutti quegli esseri pieni di significato. Lo Spirito, soffiando sull’argilla, ha ricamato l’uomo e ha popolato questa nostra terra di persone care, di volti amici. Veramente Magnum miraculum est homo! E’ ancora lo Spirito che ha parlato per mezzo dei profeti, poveri uomini presi tra gli uomini, labbra impure come Isaia, lingue balbettanti come Geremia, cuori pessimisti e cocciuti nel sottrarsi a Dio come Giona. Ma basta che lo Spirito li commuova, li invada, perché testimonino la Verità davanti agli imperatori fino al martirio. Nessuno sfugge al suo influsso. Lo Spirito illumina ogni uomo che viene in questo mondo: in quel ragazzo cresimato ieri e che già si propone di diventare sacerdote; in quel giovane che a 20 anni riesce a morire rassegnato; in quella madre che al capezzale del suo piccino morente ringrazia Dio per averglielo dato almeno alcune ore; in quel povero peccatore che si getta in un confessionale, vinto dallo Spirito che non dà pace finché non avrà cacciato fuori il suo male. Lo Spirito viene, stana i cristiani, li butta nella grande avventura, nel cantiere del mondo.
  4. La confusione umana, simboleggiata nella torre di Babele, viene sanata dallo Spirito che conduce a comprendersi, anche se diversi e lontani. Bisogna cominciare a credere che la guerra non è mai accettabile, che la disonestà è da combattere, che la violenza non è mai scusabile. Dire che la nostra è un’epoca di confusione, è dire ancora poco, perché si tratta di una confusione strana, al limite della paranoia. Accanto ad episodi positivi ed entusiasmanti, ve ne sono altri negativi e crudeli. Per esempio, i rapporti umani sono moltiplicati, eppure viviamo soli e angosciati; la vita si è prolungata nel tempo, ma vi è una carenza di valore e di significato; la razionalità tecnica è applicata dappertutto, e dappertutto vediamo esplosioni di irrazionalità; la persona è esaltata e nello stesso tempo strumentalizzata; l’esigenza di libertà si sta rivelando liberticida; l’aspirazione ai valori più grandi va di pari passo con la contestazione e la negazione di ogni valore; l’esigenza di socialità, solidarietà, amicizia è mescolata con l’anomia, l’anonimia, l’egoismo; si cerca da tutti la pace e l’unità e tuttavia sono presenti contrasti politici, razziali, religiosi; assistiamo all’esaltazione di tutto ciò che è giovane e tuttavia i giovani sono emarginati dalla partecipazione e dalla responsabilità. E’ una civiltà necrofila secondo E. Fromm, perché privilegia l’avere a svantaggio dell’essere, l’azione alla contemplazione, l’ammuc­chiata alla pienezza, le informazioni alla sapienza. Si vede con chiarezza dove sa arrivare l’uomo sganciato da Dio: Auschwitz è stata opera di cristiani; quando ebbero finito, il loro Dio era diventato una assurdità. E’ l’uomo l’animale peggio riuscito? Forse ha ragione P. Nichols quando ha visto il nostro tempo come ferito da amnesia morale. Dov’è l’uomo? La lanterna di Diogene continua a cercare l’uomo; il dilemma shakespeariano essere o non essere non è un luogo teorico ma storico ed esistenziale. C’è da chiedersi se l’uomo abbia una coscienza, una capacità morale, una critica con la quale misurare il proprio comporta­mento, oppure se il suo agire sia il semplice prodotto di forze biologiche contrastanti. C’è da chiedersi se l’uomo abbia uno spirito, un’anima. Oggi molte teorie tendono a negare questa ipotesi. Ma c’è anche da chiedersi fin dove potrebbe arrivare l’uomo con la sua ferocia e la sua capacità tecnica, se smettesse di confrontarsi con qualche valore, se davvero sopprimesse l’anima.
  5. Nel NT Spirito è un termine (pnéuma) che si utilizza con quattro significati: 1) Lo “Spirito di Dio”. 2) Lo “spirito dell’uomo”. 3) Lo “spirito del mondo” o del male (Rm 11,8; 1Cor 2,12; Ef 2,2; 2Tm 1,7). 4) Il “soffio distruttore” di Dio (2Ts 2,8). Sono importanti i primi due significati. Ma il problema è che non è possibile sapere con certezza se si parli dello “Spirito” o dello “spirito”. Cioè, non possiamo sapere se si riferisce allo Spirito di Dio o allo spirito umano. Questo sembra dire che esiste una profonda corrispondenza tra lo “Spirito” e lo “spirito” (S. Lyonnet). Questo sta a significare per noi che lo Spirito di Dio agisce e si fa presente nello spirito dell’essere umano. La conseguenza è bella: ogni volta che lo spirito umano lavora per la pace, la concordia, la comprensione … tutto quello che va in questa direzione è la prova che lo Spirito di Dio è in noi, ci guida, ci conduce, ci fortifica. Tutto quello che non è questo, si limita a pietismi ed inganni che non servono a nulla.
  6. Pentecoste ricorda un vuoto ed un’assenza fondamentale nella teologia della Chiesa. Molti teologi insegnano quello che Y. Congar ha definito il cristomonismo. Cioè, la Chiesa si comprenderebbe a partire da tre termini: Dio (Padre) – Cristo – Chiesa. Se fosse così, lasceremmo lo Spirito al margine della Chiesa. Una Chiesa che crede nel Padre, che crede in Cristo e che è governata dai vescovi. Lo Spirito? Una pia devozione. E in pace. Questo è il cristomonismo. Cioè, una Chiesa senza lo Spirito. L’annun­cio della Pentecoste diventa sempre più urgente. In questa umanità, smarrita nel labirinto delle ideologie, che non trova più la strada giusta, viene lo Spirito, che raduna e dà valore e misura a tutte le realtà. Lo Spirito racconta all’uo­mo la sua origine e dignità. Ecco il significato della festa di Pentecoste. Per comprendere quanto lo Spirito sia necessario, basterà riflettere su questi pensieri di Atenagora: Senza lo Spirito, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo una lettera morta, la chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, l’agire morale un agire da schiavi. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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