L’uomo è la passione di Dio

IV Domenica di Avvento (C) – 19 dicembre 2021

L’uomo è la passione di Dio

Prima lettura: Da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele (Mic 5,1). Seconda lettura: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà! (Eb 10,5). Terza lettura: A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,39).

La domenica della ‘visitazione’. Dio non è venuto per essere sistemato in nessun presepio e in nessuna chiesa. Maria non ha costruito nessun presepio, ma dopo la ‘annunciazione’ ha compiuto una ‘visitazione’, si è messa in viaggio per aiutare la cugina Elisabetta. Maria ha davvero compreso che l’Emanuele è un “Dio-senza-casa” ma non un “Dio-senza-uomo”. Dio non cerca un presepio, una chiesa, un sacro recinto, ma sempre e solo l’uomo! Anche noi: dopo un incontro con Dio, dobbiamo incontrare l’uomo, altrimenti le nostre liturgie sono inutile ipocrisia.

1. «Rispondimi, perché io sono povero» (Sal 86,1) – così prega il Salmista. E pensa di convincere Dio con questo motivo: io sono povero. Per aver accesso ai palazzi dei sovrani e dei potenti occorrono solide raccomandazioni, bisogna esibire titoli di merito, sono necessarie credenziali e benemerenze. Presso Dio non è così: l’unico certificato richiesto, per essere ricevuti in udienza, è lo stato di povertà. Le sue simpatie sono per i piccoli, gli indifesi, i derelitti. Egli, «il padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68,6), preferisce chi non conta nulla: «Il Signore vi ha scelto – dice Mosè agli israeliti – non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli (siete, infatti, il più piccolo di tutti i popoli), ma perché il Signore vi ama» (Dt 7,7-8). «I pensieri del Signore non sono i nostri pensieri e le sue vie non sono le nostre vie» (Is 55,8), per questo sono difficili da intendere. Gedeone chiamato a compiere un’ardua impresa obietta, stupìto: «Oh, Signore! Come farò io a liberare Israele? La mia famiglia è la più oscura in Manasse e io sono il più insignificante nella casa di mio padre!» (Gdc 6,15). Le letture di oggi ci presentano una serie di situazioni e di personaggi insignificanti nei quali Dio ha compiuto meraviglie. Sono un invito a riconoscere – come ha fatto Maria – la nostra povertà e ad accogliere l’opera di salvezza che il Signore viene a realizzare.

Prima lettura (Mic 5,1)

2. Al tempo di Michea la situazione politica, sociale ed economica di Israele è disastrosa. Ovunque ci sono segni di violenza: nei tribunali i giudici si lasciano corrompere dai regali, i sacerdoti pensano solo ad accumulare denaro, fra il popolo una minoranza abile e prepotente si è impadronita di tutti i campi e sfrutta i poveri come braccianti, come lavoratori stagionali mal pagati. Il re, Ezechia, è un buon uomo, ma ha capacità di governo molto limitate; i tempi sono troppo difficili per uno debole come lui! In questa situazione complicata Michea pronuncia la sua profezia: dal piccolo, insignificante villaggio di Betlemme, dall’antichissima famiglia di Efrata sta per nascere «il dominatore di Israele» (v.1).

3. Da trecento anni i discendenti di Davide detengono il potere, ma non hanno combinato che disastri, hanno oppresso il popolo e lo hanno ridotto alla fame. Qual è stata la causa dei loro errori? L’orgoglio anzitutto, poi la convinzione di poter fare a meno del Signore. Essi si sono dimenticati che non sono diventati re per le loro capacità, ma è stato Dio che ha trasformato un umile pastore in un grande sovrano. Ora, dice il profeta, dal punto di vista umano, la situazione è senza speranza; ma il Signore sta per intervenire, «colei che deve partorire partorirà» (v.2) e dalla discendenza di Davide inizierà un nuovo regno. A chi si riferiva Michea? Egli pensava certamente a un re della dinastia davidica. Ma Dio – com’è solito fare – realizza le sue promesse al di là di ogni umana attesa. Lascia passare altri settecento anni e da una donna, Maria, fa nascere l’annunciato figlio di Davide. Vangelo (Lc 1,39-48)

4. Se interpretiamo questo racconto come un brano di cronaca, ci chiediamo come mai Luca lo abbia scritto. Gentile, certo, il gesto di Maria che va a congratularsi con la cugina che ha ricevuto da Dio il sospirato dono della maternità, ma si tratta pur sempre di un episodio marginale. Una seconda osservazione: alcuni particolari di questo racconto sono per lo meno strani. Non è facile spiegare la fretta di Maria (v.39) di andare a trovare Elisabetta che è al sesto mese di gravidanza: come poteva una ragazzina di dodici anni (era questa l’età che Maria doveva avere) affrontare un viaggio lungo fino ad Ain Karim, lungo circa 150 km? Non si capisce poi, come mai, sia ripartita dopo tre mesi (Lc 1,56), cioè esattamente nel momento del parto, quando la cugina avrebbe avuto maggior bisogno di assistenza. Terza osservazione: Maria ed Elisabetta, invece di conversare in modo semplice, come avviene tra amiche, si scambiano frasi scelte con cura dalla Bibbia, alludono a episodi e a personaggi dell’Antico Testamento con una finezza e una competenza davvero impressionanti. Più che una chiacchierata fra donne del popolo pare di trovarsi di fronte a un dialogo tra due biblisti e biblisti ben preparati.

5. Facciamo attenzione: il Vangelo non è una raccolta di informazioni, scritte per soddisfare curiosità, ma è un testo di catechesi. Ha lo scopo di alimentare la fede del discepolo e vuole far comprendere chi è Gesù al quale siamo chiamati a dare la nostra adesione. Dopo questa premessa vediamo di capire che cosa ci vuole insegnare Luca nel brano di oggi! Cominciamo dall’annotazione, apparentemente superflua, con cui inizia il racconto: appena entrata nella casa di Zaccaria, Maria salutò Elisabetta (v.40). Non si tratta del solito «buon giorno!», l’evangelista non lo avrebbe sottolineato. Se lo mette in rilievo, vuol dire che per lui questo saluto è significativo e difatti, nel versetto seguente, lo richiama di nuovo: udito il saluto, il Battista sussultò di gioia. Gli ebrei di allora come quelli di oggi, quando si incontrano, si rivolgono un solo augurio: Shalòm, Pace. La pace indica il cumulo di beni che Dio ha promesso al suo popolo e che devono concretizzarsi alla venuta del Messia. Le parole che Elisabetta rivolge a Maria: Benedetta tu fra le donne! non sono originali. Nell’Antico Testamento ci sono due donne che vengono salutate allo stesso modo: Giaele (Gdc 5,24) e Giuditta (Gdt 13,18). Applicando a Maria questa medesima frase, Luca afferma che anche lei appartiene alla categoria degli strumenti deboli e poveri con i quali Dio è solito compiere la sue opere di salvezza.

6. Maria è proclamata beata perché «ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (v.45). Quante promesse ha fatto Dio per bocca dei suoi profeti! Quando però queste hanno tardato a realizzarsi, hanno pensato di aver frainteso o di essere stati ingannati. Maria invece è beata perché si è fidata di Dio: «Beata colei che ha creduto». E’ questa la prima beatitudine che si incontra nel Vangelo di Luca e – si noti – è formulata in terza persona (non: Beata tu…). Questo indica che la beatitudine non è riservata a Maria, ma va estesa a tutti coloro che si fidano della parola del Signore.

7. Bella questa Maria che cammina veloce su strade difficili! Il suo non è il passo di chi segue un funerale, ma di chi annuncia tempi nuovi. Essa è l’aurora del Signore, che comincia ad essere itinerante sin dal seno di sua madre. Bella questa Maria che non tiene stretto a sé il Bambino! Essa sa bene che quel Figlio non è tutto suo. E’ un dono di Dio per tutti. Sbagliano quindi certi cristiani e certi gruppi quando considerano il Cristo e la religione come una faccenda privata. Cristo non va tenuto nel calduccio intimo, dove non arrivano i rumori della strada! Un Cristo “tra i suoi” non ha senso. Nel cristianesimo non ci sono tavolini per singoli, ma è un immensa tavola dove c’è posto per tutti! Buona vita!

השּׁרשים הקּדשים Le Sante Radici

Per contatti:francescogaleone@libero.it

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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