Metus maioris malitatis(Timore di un danno Maggiore)

La nostra gente in questo momento si sta chiedendo perché deve pagare le tasse, non vi è famiglia ove non vi sia una triste storia di un familiare colpito da malattia, con il grave disagio  della disoccupazione e nel nostro caso non per la  crisi mondiale, ma per uno sviluppo mai avvenuto, perché limitato o impedito dalla presenza di strutture industriali che hanno risolto nulla o poco.

Certo le leggi ci sono, ma non sono servite a nulla, così tutti dicono,  li applicano solo ai cittadini deboli.

Nessuno controlla, nessuno fa rispettare le regole, però se passo con il rosso mi fanno la multa e se non la pago mi applicano more ed interessi, mentre chi inquina e fa disastri vive tranquillo magari in un paradiso naturale se non fiscale.

Ovunque  si parla e si strutturano studi ed interventi  per l’energia da fonti alternative, da noi, vecchia colonia dello sfruttamento industriale, ma forse dire industriale non è proprio adatto, si continua a fermare ogni forma di sviluppo ed a degradare l’ambiente con le conseguenze  sulla salute di tutti.

Danni  incalcolabili, dissesto ambientale degrado fisico del territorio, dissesto sociale.

E’ evidente, o vi sono occulte condivisioni o si tollera troppo, ma non è il momento delle accuse o della ricerca dei responsabili, si tratta di cambiare radicalmente direzione e di finirla con la storia delle centraline di controlli che non risolvono nulla almeno dalle ns parti, perché  è tutto sotto i nostri occhi, viviamo i danni alle  salute e quindi occorre intervenire subito.

E poi chi dovrebbe far rispettare le regole?  L’Arpa, la Provincia, o chi?

Occorre concertare le soluzioni con chi può assumere la responsabilità delle soluzioni di diversa tendenza  ma condivisi.

Ad oggi non è certo quale sarà il futuro di tutta la zona della Valle del Mela, tuttavia sono ancora possibili soluzioni garantite ?

Lo spazio del confronto non può certamente essere improntato sugli aspetti emozionali, la new economy deve essere indirizzata verso la green economy, ma certamente necessita una grande responsabile cooperazione affinchè  si verifichi anche un riscontro  occupazionale.

La cooperazione per innescare  utili vantaggi per tutto il sistema sociale, e un armonico e ordinato sviluppo, per la evoluzione dell’economia locale.

Il territorio è qualcosa di più che la terra. Il territorio è il prodotto della storia (del lavoro e della cultura degli uomini) e della natura.

Le regole devono  essere eque. Ma esse non sono né oggettive né neutrali. Nella situazione presente (ma in qualche misura in tutte le situazioni) esse premiano alcuni interessi, ne penalizzano altri. È essenziale che sia chiaro a tutti (che sia trasparente) chi dalle regole della pianificazione urbanistica è premiato e chi è meno, ma lo sviluppo è utile ed è di tutti.

Il paesaggio, il patrimonio culturale, le risorse del territorio sono beni che appartengono all’intera comunità, e come tali dovranno essere  tutelati anche in relazione agli interessi possibilmente di tutti.

La Valle del Mela oggi e diventato un distretto degradato con gravi patologie  per i suoi abitanti, e dovrà essere governata in ragione delle esigenze, degli interessi, delle aspettative e delle speranze della società che ci vive  e ci  vuole vivere: per abitarvi, per lavorare, per incontrarsi, e per trovare il necessario equilibrio tra le esigenze della vita personale e privata e la esigenze della vita collettiva e pubblica. La Valle del Mela  deve essere governata garantendo:

  • un sistema di regole di uso del territorio atti a garantire  la massima diffusione dei diritti, quali la tutela della salute, la mobilità, la libertà di cultura e di istruzione pubblica, la casa, la sicurezza sociale, la disponibilità di spazi per la ricreazione, lo sport, la via attiva nella natura;

Ad esempio, Serge Latouche filosofo ed economista francese, da molti considerato border line, tiene  a Perugia una lectio magistralis sulla “Decrescita come uscita dalla crisi“. Egli ha una visione della tutela dell’ambiente per certi aspetti interessante, ma sulla decrescita non è riuscito ad ottenere i necessari consensi.

La teoria della decrescita, è comunque una forma di pensiero non violento, rivolto nei confronti del pianeta.

Il pubblico, numerosissimo e costretto a stringersi all’inverosimile per ascoltare il professore francese, è stato comunque ripagato con un’ora e mezza di analisi e teoria, a metà tra sogno e realtà, utopia e concretezza.

Secondo il teorico della Decrescita, fanno della società dei consumi una “società totalitaria soft“, in cui l’uomo non è più padrone del suo destino perché è sottomesso “all’imperialismo dei mercati”, al “dominio della mano invisibile”. Una società simile è destinata pertanto a condurci inesorabilmente a quella che gli esperti chiamano “la sesta scomparsa delle specie”, un’estinzione di massa come quella che cancellò dal pianeta i dinosauri.

La differenza è che stavolta si viaggia a una velocità impressionante. “Bisogna stare seduti bene per sentire quello che sto per dire – ha avvertito Latouche rivolto al pubblico in sala – ogni giorno si estinguono tra le 50 e le 200 specie”.

Ovviamente, si tratta per lo più di batteri, di specie invisibili, ma non solo di queste (ci sono ad esempio anche le api: in Italia ne sono scomparse 23 miliardi in pochissimo tempo).

Campanelli di allarme talmente clamorosi che portano Latouche a dire: “Non siamo più minacciati dalla catastrofe, siamo già nella catastrofe”. 

L’ultimo rapporto dell’Ipcc  (Intergovernmental Panel on Climate Change) afferma infatti che anche se smettessimo da oggi di bruciare anche una sola goccia di petrolio non potremmo comunque evitare l’innalzamento di due gradi della temperatura globale entro la fine del secolo.

Conseguenze? “Centinaia di milioni di emigrati dell’ambiente, la metà del Bangladesh sott’acqua, ma anche una buona parte dell’Italia”. E questo, secondo il professore francese, è “lo scenario migliore”, perché i due gradi potrebbero diventare sei e allora possiamo “dire addio alla specie umana”.

E qui arriviamo alla parte centrale della lectio del professor Latouche: creare una alternativa alla società della crescita per uscire dalla crisi, da un possibile scenario di catastrofe

Arriviamo cioè alla Decrescita. Sulla lavagna allestita per la lectio compare allora un cerchio (“un circolo virtuoso”) con 8 “r” collocate tutte intorno.

E’ il progetto politico di Latouche, “l’utopia concreta della Decrescita“.

Le 8 “r” rappresentano 8 parole d’ordine:

rivalutare (prima di tutto la sobrietà),

riconcettualizzare (la scarsità e l’abbondanza, il pubblico e il privato),

ristrutturare (il sistema produttivo, costruendo cose più utili),

rilocalizzare (“non è possibile che 8.000 camion trasportino ogni giorno acqua San Pellegrino dall’Italia alla Francia e acqua Evian dalla Francia all’Italia”),

ridistribuire (“l’occidente rappresenta il 20% della popolazione mondiale e consuma più dell’86% delle risorse naturali”),

riutilizzare (“per risparmiare risorse naturali e creare posti di lavoro”),

riciclare (“ciò che non è possibile riutilizzare”),

ridurre (“la nostra impronta ecologica, ma anche gli orari di lavoro”).

Ma i critici di Latouche sono rigidi per porre in essere ciò che si afferma occorre una proposta ben strutturata diversamente riconvertire corrisponderebbe ad un vero dissesto dei processi economici in atto.

Tuttavia sarebbe necessaria tener presente almeno tre punti fondamentali :

Primo. Ciò che non è ancora possibile a livello globale, può comunque esserlo a livello locale o individuale.

Secondo. Ciò che non è possibile oggi potrebbe esserlo domani.

Terzo. Ciò che non è possibile qua è già possibile altrove, come in America Latina”. In conclusione, per Latouchela Decrescita è una scommessa che non siamo sicuri di vincere. Ma in ogni caso, vale la pena di tentare“.

Comunque siamo alla  nuova ecologia, come  scienza che studia le relazioni tra gli esseri viventi, e la New Economy.

Per capire quest’idea, è importante far riferimento al cambiamento radicale avvenuto alla fine degli anni ’90 nel mondo economico, nel passaggio dalla nozione classica di economia a quella di new economy.

L’economia è cambiata di pari passo con le diverse modificazioni sociali, organizzative e produttive. Di conseguenza il cambiamento ha investito anche lo spazio.

Ciò che consideriamo spazio oggi, infatti, è sempre meno nostro, è qualcosa de negoziare continuamente, da conquistare.

Nella new economy sono le idee, i concetti e le immagini, non le cose, le componenti fondamentali del valore.

In ogni realtà vi sono drammatici episodi di disastri ambientali, nella Valle del Mela il disastro è sotto gli occhi di tutti, malattie respiratorie croniche, neoplasie, aplasie midollare etc. si registrano migrazione di cittadini colpiti da malattia  verso ospedali del nord, e molti non ritornano.

Il benzene ad esempio, viene da tempo impiegato come antidetonante nelle benzine, è nota la sua pericolosità per la salute e della facilità con cui contamina le falde freatiche, Il  benzene viene prodotto attraverso il processo di reforming catalitico.

L’inalazione di un tasso molto elevato di benzene può portare al decesso; un’esposizione da cinque a dieci minuti ad un tasso di benzene nell’aria al 2% (ovvero 20000 ppm) è sufficiente a condurre un uomo alla morte.

Dei tassi più bassi possono generare sonnolenza, vertigini, tachicardia, mal di testa, tremori, stato confusionale o perdita di coscienza. La dose letale per ingestione è di circa 50÷500 mg/kg (milligrammo di sostanza ingerita rispetto al peso dell’individuo espresso in chilogrammi).

L’ingestione di cibi o bevande contenenti tassi elevati di benzene possono scatenare vomito, irritazione gastrica, vertigini, sonnolenza, convulsioni, tachicardia, e nei casi più gravi provocare la morte.

Il principale effetto di un’esposizione cronica al benzene è il danneggiamento dei tessuti ossei e la diminuzione delle cellule del midollo osseo, che può causare una diminuzione del tasso di globuli rossi nel sangue e un’anemia aplastica o una leucemia.

Il benzene è stato classificato dall’IARC come agente cancerogeno del gruppo 1.

Un esempio quello del Benzene, ma facciamo una riflessione sul fatto che oggi sia la raffineria che la Centrale termoelettrica si adeguino alle norme per le emissioni, e quello che è stato scaricato prima come lo risolviamo?                                                     

 Milazzo lì 12 Giugno 2011

                                                         

                                                    Il Vice Presidente T.A.T.       

 

                                                                Crisafulli Arch. Salvatore               

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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