MONSIGNOR FRANCESCO PERROTTA PRESENTA LE EPIGRAFI ARIENZO – S. FELICE A CANCELLO – S. MARIA A VICO

(di Paolo Pozzuoli)

C’è sempre qualcosa di originale e di bello, ovvero il bello che contiene anche il buono sicchè, essendo inseparabili, si uniscono e si confondono, compendiano e sintetizzano l’idea della perfezione in ogni nuova opera di Monsignor Francesco Perrotta. Ne ‘Le Epigrafi’ (ARIENZO – S. FELICE A CANCELLO – S. MARIA A VICO), questa sua bellissima opera, prossima ad essere licenziata alle stampe, c’è tutto: dalla religione alla storia, dalla cultura all’arte, dalla pittura all’architettura, dalla scultura alla miscellanea ed alla “PREGHIERA COME SOSTEGNO” «ATTENDERE, AMANDO», a chiusura dell’opera; e poi, poi, i personaggi, indigeni e non, i quali, grazie alle loro cultura, saggezza, incredibili opere e straordinari sacrifici personali, hanno contribuito a far sì che la Valle di Suessola non abbia niente da invidiare alle più blasonate e ambite città d’arte e di cultura. Per non togliere al lettore, allo studioso, al curioso, la gioia di godere ogni pagina del libro, ci limitiamo a riportare soltanto i titoli di quanto compreso nella MISCELLANEA: GAUDELLO, MALIGNITÀ, A S. Ecc. Mons. GUERINO GRIMALDI, epigrafe recuperata nello SCALONE DI UNA CASA DI NOBILI in S. MARIA A VICO, L’ACROSTICO DEL CATTEDRATICO NICOLA VALLETTA, OSSERVAZIONI DEI CONTADINI, la frase PALINDROME, una rarità. Ecco, mentre si resta in attesa di un fattivo, proficuo intervento da parte del fior fiore dei politici, espressione del territorio sia a livello nazionale (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) che regionale (Consigliere della Campania), con ‘Le Epigrafi’, Monsignor Perrotta, oltre che con convegni e conferenze, continua con i suoi libri a dare un robusto contributo alla valorizzazione della sua Valle perché possa finalmente decollare e collocarsi nella posizione che le compete di diritto. Nessuna ‘rete’, nessun veicolo pubblicitario, nemmeno uno sponsor di spessore per elevare e portare la Valle oltre i suoi confini naturali e sistemarla laddove merita (… è vero che non è mai troppo tardi per mettersi al lavoro e stilare un programma di sviluppo e promozione, una fattiva e sostanziosa strategia di comunicazione, cercando di unire – laddove di gradimento – all’arte ed alla cultura anche percorsi enogastronomici, ma, prima si comincia e meglio è). ‘Le Epigrafi’ può, a buon diritto, vantare altre due peculiarità: libro-dote per ogni famiglia; libro da inserire fra i testi scolastici. Quindi, da studiare ed approfondire attraverso programmate visite guidate, sul posto. In proposito, ci piace ricordare la visita guidata effettuata da una classe della scuola media “L. Settembrini” di Maddaloni a Roma in occasione della mostra “l’oro dei Cesari”. Ebbene, una volta a destinazione, ogni alunno, ciascuno con gli attrezzi da lavoro, si preoccupò di raggiungere direttamente la postazione assegnatagli a monte. Meravigliò non poco gli astanti quel movimento ‘strano’ che, lì per lì, lasciò tutti perplessi. Alla fine però, per tutti i ragazzi ed i docenti, scattarono applausi ed attestazioni di stima e compiacimento sia da parte dei visitatori che dei funzionari e vigilanti. Bene, far tesoro e ripetere siffatte esperienze è senz’altro un valore aggiunto non solo per la propria cultura ma anche e soprattutto per una cultura storica personale.
«“Le Epigrafi” di Mons. Francesco Perrotta, ‘mostro di sapere’», per Salvatore Verdone, uno dei massimi esperti di economia e revisore dei conti presso lo Stato ed altre istituzioni pubbliche, fine letterato, e di specchiata onestà morale e intellettuale, «costituiscono un magnifico capolavoro a valenza storico-letteraria indispensabile soprattutto per i cittadini del territorio interessato alla ricerca: Arienzo, San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico. Fortunati coloro che hanno avuto il privilegio di essere guidati dall’illustre Monsignore, autore di diversi studi monografici dei quali ho avuto il piacere di apprezzarne lo stile letterario, chiaro e semplice, in una sobria esposizione organica, funzionale ed appassionante che rende l’opera in esame particolarmente interessante sotto ogni aspetto. Stupenda la prefazione che evidenzia come il passato, presente e futuro soggiacciono armonicamente ad un legame inscindibile ed alimentano “la tradizione” intesa a far consegnare alle generazioni future “le memorie, la testimonianza, le evidenze, le opinioni, gli usi ed i costumi quale autorevole patrimonio del passato. Impreziosiscono il testo le traduzioni simultanee in italiano dalle innumerevoli epigrafi in lingua latina, il tutto frutto di paziente ricerca ed instancabile applicazione al manto culturale. Interessante la miscellanea a conclusione dell’opera che fortifica gli usi e costumi del popolo con la specifica appartenenza alla civiltà contadina». E Salvatore Verdone conclude con «Un grazie infinito all’ispettore Paolo Pozzuoli che mi ha concesso l’opportunità di scoprire questo “tesoro letterario” che mi ha consentito di approfondire anche e per la prima volta la vita e l’opera del suo omonimo illustre antenato, Ecc. Paolo Pozzuoli, vescovo della Diocesi di Sant’Agata de’ Goti».

Ecco, non possiamo fare altro che continuare a nutrire una riconoscenza profonda e straordinaria, imperitura e sincera, uno smisurato affetto filiale, un sentito, affettuoso ringraziamento da parte della famiglia Pozzuoli e mio personale per l’ill.mo Monsignor Francesco Perrotta, fonte di sapere, prezioso per etica e cultura, suggerimenti ed insegnamenti, per anni Arciprete della Collegiata S. Andrea in Arienzo dove è sepolto il Vescovo Paolo Pozzuoli, che non solo si è adoperato per contattare i discendenti, ma ha avuto e continua ad avere sentimenti di vero affetto illustrandoci l’iter pastorale del Vescovo Paolo Pozzuoli e motivandoci a rinnovarne la memoria.   

Per tutto quanto precede, “Le Epigrafi”, sua stupenda pubblicazione, va ad incastonarsi – è vero – nella bellissima storia della Valle di Suessola, ma apre anche una breccia nell’altrettanto bella e ricca storia della Arcidiocesi di Capua, diventa una pietra miliare nella storia frammentaria ed ancora tutta da scrivere di Vitulaccio, l’antico casale di Capua, ed attesta l’incondizionata stima nutrita da Monsignor Perrotta per S. Ecc. Mons. Paolo Pozzuoli, dai natali vitulatini, vescovo di Sant’Agata de’ Goti dal 4 marzo 1792 all’8 marzo 1799. Del Vescovo Paolo Pozzuoli, fiore e vanto della famiglia, ma patrimonio delle comunità e di tutta la Chiesa di Cristo, è stata del tutto trascurata, per non dire ignorata la memoria e giammai ci si è adoperati per rinnovarla (… un timido cenno “Vitulaccio vantasi d’aver dato un illustrissimo Vescovo alla sede di S. Agata de’ Goti” lo troviamo nell’opera “STORIA DI PIGNATARO E DEL SUO CIRCONDARIO”, a pag.187 (UOMINI ILLUSTRI), del canonico don Giovanni Penna edito nel 1830) e, dopo oltre un secolo e mezzo, nel libro “INFANDUM RENOVARE … DOLOREM” del compianto e mai dimenticato generale Armando Scialdone, in cui vengono ricordati gli alti prelati di Vitulazio, descritti come le ‘eccellenze nostrane’, e, fra le tante, uno speciale riferimento a Monsignor Paolo Pozzuoli, vescovo di Sant’Agata de’ Goti, per il quale particolare interesse manifestava don Antonio Iodice, Gran Penitenziere di Capua, da ‘spingerlo’ ad affermare che «sarebbe in odore di beatificazione» e Monsignor Alessandro Scialdone, vescovo di Avila. Insomma, nessun altro, né le autorità religiose né quelle civili e nemmeno le politiche che si sono succedute nel corso degli anni si sono preoccupate, a memoria della comunità, di conoscere e tramandare la storia ed i personaggi illustri che in Vitulazio hanno avuto i natali che dovrebbero conoscere bene, a prescindere. D’altra parte, una profonda ma purtroppo triste riflessione ci porta ad evidenziare che questo popolo, solito identificarsi con l’idolo del momento, lo dimentica totalmente una volta tramontato, finito (… sufficienti, infatti, poco più di due decenni per dimenticare l’on. Pierino Lagnese, signore anche della Politica, amato, benvoluto ed ammirato, massima espressione civile e politica della comunità nella seconda metà del secolo scorso). E, fortunatamente, c’è chi non dimentica: Casapulla (Comune e Comitato per le celebrazioni del Vescovo Natale) non ha dimenticato il suo vescovo (in Vico Equense) Monsignor Michele Natale (… presso l’eccellentissimo Seminario di Capua è stato allievo del vescovo Paolo Pozzuoli, al tempo insegnante di Logica e Metafisica) e, in occasione della Ricorrenza del II anniversario della Repubblica Napoletano e del sacrificio del suo Vescovo (1799), ha organizzato un Convegno di studio “Il Vescovo Natale ed il suo impegno religioso e sociale”.

Ma, con il Vescovo Paolo Pozzuoli, Vitulazio è andata … oltre, inficiandone artatamente la biografia, gonfiata con notizie degne del più abile dei falsari [V. “Ricerca storica di Gianni Pezzulo (Piccola Editalia) Eugenio Cionti. Dalla Parrocchia, Prima Pagina, Vitulazio Notizie. giugno 12th, 2013. Paolo Pozzuoli – ……………  Morì addì 8 marzo del 1799 in Arienzo, nel convento de’ cappuccini, e venne tumulato in quella collegiata di S. Andrea apostolo, ma senza neppure una lapide che ricordi un tanto vescovo alla posterità”]. ‘NEPPURE UNA LAPIDE CHE LO RICORDI’. Come dire: caro Vescovo Pozzuoli, non puoi pretendere di essere ricordato in Patria dal momento che anche tu sei transitato ‘ut gloria mundi’ nonostante tutto quello che hai fatto nella tua Diocesi!

Troppo forti le distanze, quasi impossibile il confronto, assolutamente non potrebbe reggere … fra il Vescovo Pozzuoli e chi è stato così meschino, così spudorato, così gretto, così sprovveduto, così indegno da dare facoltà a due poveri cristi, due tapini, di aggiungere alla breve biografia del Vescovo Pozzuoli, le parole, inventate e false, “senza neppure una lapide che ricordi un tanto vescovo alla posterità”. Al suggeritore ed agli amanuensi esecutori non possiamo fare altro che augurare di saper imitare cotanto Vescovo, “dotato di una dolcezza di carattere senza uguali, noto per saggezza e cultura, che unì eminenti virtù alla straordinaria umiltà d’animo”, esempio di carità, cultura, umanità.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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