Natale del Signore (C) – 25 dicembre 2021

Natale del Signore (C) – 25 dicembre 2021

Dio, con un volto d’uomo!

Prima lettura: Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio (Is 52,7). Seconda lettura: Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1). Terza lettura: Il Verbo si è fatto uomo (Gv 1,1).

Prima lettura (Is 52,7)

1) Nel tragico anno 587 a.C. i soldati babilonesi guidati da Nabucodònosor aprono una breccia nelle mura di Gerusalemme ed entrano in città, bruciano il tempio, la reggia e le case, fanno prigionieri e deportano a Babilonia gli uomini validi. Lasciano in vita nel paese solo alcuni fra i più poveri come vignaioli e contadini (2Re 25,8-12). A Babilonia i primi anni sono duri e penosi. Ne sono una triste eco le parole del famoso canto dell’esiliato: «Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion» (Sal 137,1). All’amarezza, all’umiliazione per la sconfitta, si aggiunge un inquietante interrogativo: come mai il Signore ci ha abbandonato nelle mani dei nostri nemici? I primi responsabili della sciagura sono i sovrani ottusi e insensati. Essi hanno dato ascolto ai falsi profeti. Ma anche noi siamo colpevoli: abbiamo commesso troppe iniquità. Chi ora ci potrà liberare dalla schiavitù?

2) Ecco la risposta del Signore: «Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore» (Is 54,6). Difatti un giorno il Signore «si ricordò del suo amore e della sua fedeltà alla casa d’Israele» (Sal 98,3) e decise di andare a liberare il suo popolo. E’ a questo punto della storia che si inserisce la nostra lettura. A Babilonia compare un profeta inviato da Dio ad annunciare parole di consolazione al suo popolo. Egli è così convinto della fedeltà del Signore che parla come se l’esilio fosse già concluso. Il futuro per lui è già realtà: vede la carovana degli esiliati dirigersi verso Gerusalemme, un messaggero la precede, corre, è come se avesse le ali ai piedi perché vuole essere il primo a dare la lieta notizia dell’arrivo dei deportati. Il profeta immagina di contemplare la scena dall’alto del monte che domina Gerusalemme ed esclama: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi, che annuncia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza» (v.7). La schiavitù è finita, inizia un’era nuova.

3) La lettura si conclude con l’invito rivolto dal profeta alle rovine di Gerusalemme: «Prorompete in canti di gioia» (v.9). Le mura diroccate verranno ricostruite e tutti i popoli della terra contempleranno stupiti l’opera incredibile che il Dio d’Israele ha saputo realizzare (v.10). Questo è il «sogno» del profeta raccontato nella lettura. Che cos’è realmente accaduto in seguito? Verso l’anno 520 a.C. un gruppo di esiliati partì da Babilonia, ma quale non fu la delusione! Al loro arrivo non ci fu alcuna esplosione di gioia, il loro ritorno fu tutt’altro che un trionfo, l’accoglienza fu molto fredda, scoppiarono dissidi fra i residenti e i neo-arrivati. Il profeta aveva, dunque, preso un abbaglio, si era ingannato? Il popolo cominciò a capire: il ritorno da Babilonia era solo l’immagine di un’altra liberazione che Dio intendeva realizzare. Israele avrebbe preferito che la profezia si attuasse immediatamente e alla lettera. L’aveva intesa in senso materiale. Era un altro il «ritorno» sorprendente che Dio aveva in mente: quello del figlio suo, Gesù di Nazaret!

Metti un Cristo nel tuo Natale!

4) Qualcuno ha detto che noi cristiani dobbiamo scegliere un’altra data per festeggiare il Natale, lasciando il 25 agli spensierati festaioli. Natale ormai è diventato un coktail per tutti i gusti, ottenuto mescolando figure cristiane con abeti, vetrine, cenoni, zampogne, Babbo Natale, compromesso tra un leggendario san Nicola e un Padre eterno secolarizzato che passeggia sulla slitta. E’ come se il cristiano e il pagano oggi facessero pace: sacro e profano si incontrano su una terra di nessuno, ma la tregua dura da Natale a Santo Stefano! Natale ha subìto un crollo verticale di significato, sino a diventare Bianco Natale, Magico Natale … Natale è stato trasformato in evento commerciale, occasione di affari, settimana bianca. Nel migliore dei casi, un po’ di sentimentalismo, fatto di nostalgia, d’innocenza, di ricordi, di rimpianti. Che cosa fare? Smascherare le contraffazioni. Denunciare per annunciare! Per la denuncia, facciamo ricorso ad un autore tra i più discussi del Novecento, Curzio Malaparte (1898-1957), il “maledetto toscano” ma anche lo scrittore religiosamente inquieto. Un suo articolo, pubblicato nel 1954, porta un titolo molto amaro e di sorprendente attualità: La commedia del Santo Natale. Lo riporto integralmente: “Tra pochi giorni è Natale, e già gli uomini si preparano alla suprema ipocrisia. Perché nessuno di noi ha il coraggio di dirsi che il secolo non è mai stato così poco cristiano come in questi anni? Perché nessuno di noi osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la grande parata dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti, servono soltanto a nascondere questa terribile verità: gli uomini non sono più cristiani, Cristo è morto nell’anima dei suoi figli, l’ipocrisia è discesa dalla politica fin nella vita sociale, familiare, individuale? In tutto il mondo, e anche in Italia, si ammazza, si ruba, si tradisce, s’inganna. In tutto il mondo, e anche in Italia, uomini malvagi preparano nuove violenze, nuovi massacri: e tutti noi, come se nulla fosse, ci prepariamo alla commedia (una volta era la festa dell’innocenza!) del Santo Natale. Non ci importa nulla di chi soffre! Non facciamo nulla per impedire la sofferenza, la miseria, il male, il delitto, la violenza, la strage. Stiamo cheti e zitti, festeggiamo il Santo Natale! Tanta è la nostra incoscienza, che forse non ci accorgiamo neppure di essere complici della immoralità del mondo. E osiamo, tuttavia, parlare di un avvenire di giustizia e di pace! Vorrei che il giorno di Natale il panettone diventasse carne dolente sotto il nostro coltello, e il vino diventasse sangue, e avessimo tutti, per un istante, l’orrore del mondo in bocca. Vorrei che il giorno di Natale i nostri bambini ci apparissero all’improvviso come saranno, domani, fra alcuni anni, se non oseremo ribellarci contro il male che ci minaccia: poveri corpi straziati, abbandonati nel fango rosso di un campo di battaglia! Vorrei che la notte di Natale, in tutte le chiese del mondo, un povero prete si levasse gridando: “Via da questa culla, vigliacchi, andate a casa vostra a piangere, sulle culle dei vostri figli! Se il mondo soffre, è anche per colpa vostra, che non osate difendere la giustizia e la bontà, e avete paura di essere cristiani fino in fondo! Via da questa culla, ipocriti: questo Bambino, che è nato per salvare il mondo, ha schifo e pietà di voi!”. Dostoewskij già nel 1871 scriveva: “In Occidente hanno perduto Cristo, e per questo l’Occidente cade, esclusivamente per questo”. Cosa fare? Ho letto su una pubblicità: “Metti un Cristo nel tuo Natale”. Ecco, mettere Cristo nel nostro Natale, e nessun altro. Provate a togliere Cristo dal presepio: tutto subito diventa vuoto e assurdo. Cristo è quell’uno messo davanti ai tanti zeri della nostra vita.

Saper riconoscere l’Inaspettato

5) Partiamo da questa esperienza: immaginiamo un giorno di attendere una visita importante, e, correndo alla porta al suono del campanello, ci troviamo di fronte uno straccione. Una delusione! I casi saranno due: o lo mandiamo via, in fretta e in malo modo, perché l’aspettato non è lui; o lo trattiamo con più gentilezza del solito, ma sempre in fretta, perché attendiamo un altro. Anche a noi potrebbe capitare di aprire la porta, e di trovarci di fronte a un inaspettato, a uno sconosciuto. A Natale, almeno due equivoci possono ingannarci:

> il primo è quello di puntare sulle gioie e non sulla Gioia. La parola “Natale” ha subito una profonda degradazione semantica; ormai la parola “natale” significa per molti cristiani clientela, regali, vacanze, tredicesima … che sono certo significati reali ma estranei al Natale cristiano. Attenzione allora: le piccole gioie, che si hanno o meno, sono appena un piccolo segno della grande Gioia che Dio vuole donarci a Natale;

> il secondo equivoco è quello di interpretare il Natale più come “commozione” che come “conversione”; commuoversi significa cedere tutto finché il cuore è intenerito, e tornare poi come prima appena finita la fibrillazione; convertirsi, invece, significa cambiare testa, scegliere i valori del Vangelo, mettere Dio al primo posto. Provate a radunare un po’ di adulti intorno a bambini felici, all’albero carico di doni: non è commovente? Provate a costruire un presepio, con le belle statuine della nostra infanzia, i laghetti e il carillon: non è commovente? Non dico che la commozione non sia buona; dico solo che la commozione può essere come la classica marmellata spalmata sul pane, che i bambini mangiano tutta, buttando poi il pane, che veramente li avrebbe nutriti. Commuoversi per convertirsi, sì; solo commuoversi non basta! Insomma, può bussare alla porta Uno che non stiamo attendendo, e tuttavia potrebbe essere l’Ospite giusto! Natale è vicino. Interroghiamoci se aspettiamo le gioie o la Gioia, se siamo capaci di riconoscere l’Inaspettato! Buon Natale e Buona Vita!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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