NESSUN PROFETA È GRADITO NELLA SUA PATRIA!

3 febbraio 2019  – IV DOMENICA T. O. (C)

NESSUN PROFETA È GRADITO NELLA SUA PATRIA!

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura:  Ti ho stabilito profeta delle nazioni (Ger 1,4). Seconda lettura:  Rimangono la fede, la speranza, la carità, ma, di tutte, più importante è la carità (1 Cor 12,31). Terza lettura: Gesù, come Elia ed Eliseo, è mandato non per i soli giudei (Lc 4,21)

Nei giorni del re Giosia

  1. Siamo nel 627 a.e.v. e Geremia forse ha solo 20 anni quando viene chiamato da Dio alla vocazione di profeta. Una missione difficile, perché deve annunciare un messaggio contrario alle attese dei suoi connazionali. Per questo la sua vita sarà tutta un susseguirsi di drammi dolorosi. Dio non lo illude, non gli promette una vita facile né felice. Sarà come un soldato braccato dai nemici, come una fortezza assediata ma quello che importa sono le parole finali del brano: Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno. Io sono come te (v.9).

Vi mostrerò una via migliore di tutte

  1. A Corinto c’erano dissensi e gelosie per superare le quali Paolo indica una via, la migliore di tutte: la carità. Il brano inizia con un elogio dell’amore (vv.1-3), dicendo che la carità è superiore a tutti gli altri doni e carismi. Dio è amore e la via che porta a lui è la carità. Nella seconda parte (vv.4-7) Paolo parla della carità quasi fosse una persona: la descrive con 15 verbi tutti molto espressivi. Nella terza parte (vv.8-13) la carità è confrontata con gli altri carismi: questi passeranno, dimenticati, come i giochi dell’infanzia, la carità invece non finirà mai. Va sottolineato che Corinto, sia ai tempi dei greci che dei romani, godeva la famadi essere un centro di piacere e di vizio; un proverbio greco consigliava di non andare nella godereccia Corinto, e alcuni vocaboli indicavano il basso livello morale della città: Κορινθία(Korinthia), κόρη(kòre)=ragazza  corinzia, prostituta, κόρινθιαςθης(korintiasthes)=lenone. Corinto era una città rinomata e voluttuosa, coagulo dei vizi dell’Orientee dell’Occidente. Proprio in Corinto Paolo parla di amore e di carità!

Furono pieni di sdegno

  1. Le difficoltà di questo brano sono numerose come anche le interpretazioni. Non si capisce perché gli abitanti di Nazaret passano dall’ammirazione al rifiuto. Se non ha detto nulla di provocante, perché lo vogliono linciare? Non è chiaro neppure perché cita due proverbi: Medico, cura te stesso e Nessun profeta è gradito nella sua patria. La richiesta degli abitanti di Nazaret (Quanto hai fatto altrove, fallo anche qui tra noi) sembra legittima, ma Gesù è di altro parere: esigere da lui un miracolo, significa voler imporre a Dio la nostra volontà. La fede che esige miracoli è una brutta fede. Vorremmo sapere infine come è sfuggito a tanta gente inferocita. Si è miracolosamente volatilizzato? Quando nella lettura del vangelo incontriamo particolari strani, bisogna rallegrarsi, sono segnali preziosi, che invitano ad andare oltre, ad approfondire.

Un giorno di vendetta

  1. Gli evangelisti riferiscono che gli abitanti di Nazaret e gli stessi parenti non hanno creduto in Gesù (Mt 12,46; Mc 3,21; Lc 8,19; Gv 7,5). Quanto accade a Nazaret è un’ouverture di tutta la missione di Gesù. Il tentativo di linciaggio ha il suo parallelo nella scena della passione. L’espressione Medico, cura te stesso richiama lo scherno della crocifissione: Ha salvato gli altri. Salvi se stesso (Lc 23,35). Inizialmente il brano inizia molto bene: Tutti erano meravigliati (v.22). Evidentemente poi Gesù ha detto o fatto qualcosa di urtante, Che cosa? L’irritazione degli ascoltatori scoppia quando Gesù improvvisamente omette un versetto del libro di Isaia. Confrontiamo i due testi:

Isaia 61,1: Lo spirito del Signore Dio è su di me (…); mi ha mandato a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio…

Luca 4,17: Lo spirito del Signore è su di me (…); mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore…

Un giorno di vendetta: ecco quello che tutti volevano sentire, dopo tante umiliazioni, e invece Gesù annuncia un anno santo, un giubileo di grazia. Ma non basta: nella seconda parte del vangelo (vv.25-27) Gesù aumenta la provocazione, facendo capire che Israele non è l’unico destinatario  della salvezza. Già i paesani non avevano gradito la scelta di Gesù di lasciare Nazaret per trasferirsi a Cafarnao, una città commerciale, piena di pagani, dov’era impossibile osservare la purità legale. E Gesù sfida la loro grettezza. Infine Gesù, passando in mezzo a loro se ne andò (v.30), non nel senso di una sparizione miracolosa, ma di un messaggio consolante: il credente, protetto da Dio, passerà anche lui indenne tra le persecuzioni.

Oggi!

  1. Gesù viene rifiutato per quel semplice oggi. E’ scoccata l’ora di Dio, il tempo è arrivato, occorre decidersi: Il faut parier! E’ proprio quello che noi rifiutiamo, e che rimandiamo a domani. Più comodo accarezzare un Dio astratto, atemporale, aoristo, più difficile accorgersi che il regno di Dio è già qui, in mezzo a noi, e ci interpella: sì o no, fuori o dentro, pro o contro. Avvertiamo che accettare il Vangelo non è un scossa superficiale ma un cortocircuito folgorante, un terremoto di magnitudo infinita, e comporta una cura radicale (S. Kierkegaard). L’incontro con Dio è sempre pericoloso; se ne accorsero Paolo, Francesco, Ignazio, Alfonso … e perciò noi allontaniamo l’oggi decisivo verso un imprecisato domani.

Attenzione alle abitudini!

  1. Altro aspetto fastidioso del messaggio di Cristo è la sua scelta, la sua preferenza per quelli di fuori, i non ebrei, gli ultimi. Gesù, accanto a sé, tra i suoi, spesso incontra persone nate stanche che vivono per riposare, contenti di ruminare la sterile sapienza, vuote crisalidi, senza spirito e vita. Ogni religione, anche la più vera, corre il rischio di degenerare nel formalismo; corriamo il rischio di ritrovarci più increduli di chi non ha mai creduto, perché chi non ha, può ricevere, ma chi presume di avere, non è aperto alla novità. Non vorrei esagerare, ma vi è il pericolo che proprio la religione impedisca di essere religiosi, che possiamo trascorrere una vita intera in una religiosità da scenario, in una cristianità senza cristianesimo. Attenzione ai professionisti! In religione non ci sono professionisti ma solo amanti che si lasciano amare da Dio. Cristo ha trovato fede in uomini e donne perduti, persone semplici e lontane; le maggiori opposizioni le ha trovate tra i professionisti della religione, tra i dottori della legge, tra i burocrati del sacro, insomma tra i suoi. Questo pensiero non può lasciare tranquilli. Santa inquietudine! C’è dunque il rischio di essere lontani da Cristo anche in una casa religiosa, in mezzo a pratiche religiose, da mattutino a compieta.

Nessun profeta è gradito nella sua patria!

  1. Quante volte, davanti alla incomprensione degli altri, abbiamo ripetuto questa celebre espressione, con rabbia repressa, con altezzosità contro i meschini che non ci comprendono. Noi italiani: un popolo di incompresi e di sprizza-cervelli, incompresi dai parenti, dai professori, dagli amici, dal parroco … assumiamo l’aria di perseguitati, ci mettiamo all’ombra di Gesù, pretendiamo addirittura di somigliargli. Troppo facile! Gesù non fa l’incompreso o la vittima (Nessuno mi comprende!) né l’arrogante (Non sapete chi sono io!); non si ritira come Achille nella tenda. Non mettiamoci nei panni dell’incompreso ma in quelli dei nazaretani, che tanto ci somigliano, che credono fino ad un certo punto, che mettono le condizioni per credere: Se fa i miracoli qui, in casa nostra, sotto i nostri occhi, allora crederemo. Ecco caduta la maschera. Anche noi, come loro, dettiamo le condizioni per credere: se mi guarisce il figlio, se cambia la testa al mio parroco, se vinco quel concorso … allora crederò. Questo non è credere ma usare Dio, non è servire Dio ma servirsi di Dio.

Essere-contro ma per-amore

  1. Gesù, pur non uscendo dai confini di Israele, viveva fuori: era dentro la storia del suo popolo, che amava fino al pianto, ma portò nei confini del suo popolo l’universale paternità del Padre. Anche noi: non dobbiamo uscire, non dobbiamo abbandonare il nostro posto, la rivoluzione va fatta all’interno, a partire dalla nostra vita. La differenza tra Martin Lutero e Francesco è questa: Lutero si è messo contro il papa, ha preteso la conversione degli altri, ha spaccato in due l’Europa; Francesco ha convertito se stesso, e sua dura intenzione ad Innocenzo aperse / e da lui ebbe primo sigillo a sua religione. Se nel posto in cui viviamo, portiamo l’universo, noi annunciamo l’amore universale del Padre, noi ripetiamo lo stesso annuncio di Gesù a Nazaret. Finché i nazareni potevano dire: Gesù, che fa miracoli e trascina le folle, è nostro, egli era gradito ai suoi compaesani. Ma tutto cambia quando Gesù dice che nessuno è profeta in casa sua, perché nella sua casa il profeta non esalta i grandi destini della patria, ma ricorda alla gente per bene di dentro che, fuori del nostro piccolo perimetro, persone davvero “per bene” fanno da cariatidi alla nostra opulenza! Vivere la fede nella dimensione della carità, significa rovesciare presunzioni consolidate, diventare maestri del sospetto, estranei in casa propria, purché il regno di Dio si allarghi, e nessuno si senta estraneo o emarginato. Il vero profeta corre il rischio di essere lapidato dai tutori dell’ordine, dagli specialisti di Dio. Una fede vissuta nella carità è profetica, certo, ma esige che ogni giorno si prenda la croce. Come Gesù! BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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