PAPA FRANCESCO, UN ANNO DOPO.

 di Paolo Pozzuoli 237000321245001512450028 Papa Francesco e Fra Enzo004

 

 

 

Roma: c’eravamo anche noi l’anno scorso (marzo 2013) quando, al Soglio di Pietro, fu eletto il Cardinale “preso alla fine del mondo”, ‘quasi Papa’ nel precedente conclave del 2005. In qualsiasi altro ambiente, totalmente diverso ed estraneo al nostro, si sarebbe detto e scritto di staffetta concordata. Qui, fra Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) e Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio), proprio no! Si pecca solamente pensarlo!Piazza S. Pietro, la mattina di martedì 12, si presentava vivida, splendente sotto i raggi di un sole di inizio della primavera; era tutto un brulicare di noti giornalisti ed inviati molto speciali sia delle più importanti reti televisive e radio del pianeta che di quotidiani e network nazionali ed internazionali i quali, con postazione realizzata all’estremità sinistra della piazza, guardando verso Via della Conciliazione, loro riservata, si collegavano e trasmettevano in diretta senza soluzione di continuità, quasi minuto per minuto. I bei raggi di sole, a partire dalle prime ore del pomeriggio, lasciarono campo aperto, spazio libero a grosse nuvole che si addensavano sull’intera piazza, inizialmente coprendola come fosse una cupola e poi, poi finendo per aprirsi fino a bagnare ed inzuppare i pellegrini che vi si riversavano sempre più numerosi verso l’ora – le 19:00 – ‘prevista’ per la ‘fumata’ della serata (… nera alle ore 19:41). Si viveva, in Piazza S. Pietro, l’atmosfera propria dell’evento così straordinario, tanto importante e particolare che da un momento all’altro si sarebbe concretizzato. Un’atmosfera che, con il dovuto distinguo e per meglio rendere il concetto, potrebbe rispondere a quella della vigilia di una festa patronale che si trascorre in totale suspense con il pensiero fisso al giorno successivo, il giorno della festa, perché non abbiano a verificarsi imprevisti per la solenne processione del santo patrono. Invero, un’atmosfera analoga, ammantata però da un pathos difficilmente avvertito ed assaporato in circostanze più o meno rispondenti, è stata forse vissuta soltanto nel lontano anno 1978, caratterizzato, nell’arco temporale dal 6 agosto al 16 ottobre, dall’ascesa al cielo di due Pontefici e dall’elezione di altrettanti (dopo Paolo VI, Giovanni Battista Montini, spentosi il 6 agosto, il 26 dello stesso mese fu eletto al Soglio di Pietro il Cardinale Albino Luciani, Patriarca di Venezia, che prese il nome di Giovanni Paolo I, il cui pontificato si esaurì in 34 giorni: fu trovato morto, nel suo letto, la mattina del 29 settembre anche se, come attestato, la morte fu fatta risalire alle ore 23:00 della sera precedente; la sera del 16 ottobre fu annunziata l’elezione del secondo Pontefice dell’anno: Carol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II). Un anno, il 1978 – ‘ricorrenza’ del decennale del 1968, pietra miliare di un epocale fenomeno culturale, frutto di una contestazione studentesca che ebbe a rivoluzionare ed a sovvertire le classi sociali e politiche, ‘starter’ della carriera politica di tre noti personaggi (generale Giovanni De Lorenzo, già Capo del SIFAR, ed i giornalisti Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, i quali pubblicarono l’inchiesta sul SIFAR informando e divulgando il tentativo di colpo di Stato chiamato <<piano Solo>> – che ha scandito una incredibile e frastornante serie di eventi da sconvolgere le menti e gli animi di ciascuno. Tutto iniziò la mattina di giovedì 16 marzo con il sequestro dell’on. Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, da parte delle brigate rosse (… la notizia, divulgatosi in un baleno e giunta nelle stanze della Pretura di Piedimonte Matese, sconvolse il V. Pretore Onorario, avv. Grillo, personaggio di antichi valori etici e civici, giurista insigne, interprete saggio e rigoroso dei protocolli delle pandette e della giustizia, il quale, seduta stante, ordinò la sospensione delle udienze), dai cui ‘uomini’, insensibili all’implorazione del Papa Paolo VI che ne chiedeva la liberazione, lo giustiziarono il 9 maggio, sabato. Il 15 giugno, giovedì, Giovanni Leone,  (avvocato penalista, professore di diritto penale, giurista molto importante, autore di un manuale di diritto penale molto diffuso, uno dei ‘saggi’ chiamato a rielaborare e a riformulare, nell’anno 1955, il codice di procedura penale, noto come codice Rocco in vigore dagli anni ’30; deputato a partire dall’Assemblea Costituente, era ritenuto un “notabile”, una figura prestigiosa della Democrazia Cristiana, partito guida dei governi dell’epoca; due volte presidente del Consiglio e presidente della Camera dei Deputati dal 1955 al 1963: ‘il miglior presidente della Camera di sempre’ disse Francesco Cossiga, futuro Presidente della Repubblica), da Presidente della Repubblica in carica, oltre a manifestare il suo consenso a trattare con le Brigate Rosse per la liberazione di Moro, sostenne di essere pronto a firmare la grazia ai rapitori; attaccato da una serie di insinuazioni ed accuse, gran parte delle quali si rivelarono infondate negli anni a venire, si dimise e, dopo i saluti di rito lasciò la residenza del Quirinale. Poco meno di tre mesi dopo, esattamente domenica 6 agosto, si spegneva Papa Paolo VI, provato anche dalla morte dell’amico Moro, per il quale aveva recitato un’omelia, “una delle più alte nell’omiletica della Chiesa moderna”, che iniziava con un “sommesso rimprovero a Dio” ma proseguiva e concludeva “affidandosi nuovamente alla misericordia del Padre « Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il “De profundis“, il grido, il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci!»”. Gli successe il Cardinale Albino Luciani, Patriarca di Venezia: eletto al Soglio di Pietro il 26 agosto, sabato, prese il nome di Giovanni Paolo I. La  mattina del 29 settembre (venerdì) fu trovato morto nel suo letto; la morte fu fatta risalire alle ore 23:00 della sera precedente (… il pomeriggio del 28, giovedì, abbiamo gioito per la nascita di Vincenzo, dono del Signore). Una morte che ancora oggi ha dell’inspiegabile, una morte che ha dato adito a tante congetture, tipiche dei ‘noir’, comunque gratuite e molto poco felici, che ha spinto più di una mente a fantasticare al di là del più fantasioso di un immaginario collettivo. Le stesse menti, sorprese e confuse dalla frase ‘Dio è papà, più ancora è madre’ diversamente recepita e/o non recepita affatto, pronunciata dal Papa ‘Humilitas’ durante l’Angelus del successivo 10 settembre? La singolare, insolita atmosfera in Piazza S. Pietro veniva delicatamente e temporaneamente stemperata dalla presenza di un mite gabbiano biancopiumato che, durante la mattinata, attirava l’attenzione dei passanti posizionato sul tettuccio di un’auto in sosta in Via del Mascherino lungo il marciapiedi su cui si affaccia la pizzeria ‘da Pasquale’ e, dalla metà del pomeriggio in poi, presago del probabile, storico annuncio, sistemato sul comignolo della canna fumaria diffusore della ‘fumata’, veniva inquadrato, ripreso e trasmesso nel mondo intero da tutti i cameraman tv presenti. Viceversa, isolato e silenzioso, lontano dagli obiettivi e dalle luci dei potenti riflettori che non si curavano affatto di lui, a stento degnato di uno sguardo commiserevole da parte dei frettolosi passanti, destava tenerezza, vivendo in assoluta solitudine le ore della mattina di quella che sarebbe diventata la vigilia dell’evento, l’omino, dai baffi e capelli argentati con addosso una giacca antipioggia a larghe strisce colorata con i colori dell’arcobaleno, semplice ed umile ma ‘tanto’ profetico per aver esposto con accurata linearità quel tableau su cui, a chiare lettere maiuscole, aveva impresso ‘FRANCESCO I PAPA’. L’attesa ci consentiva una sosta ristoro a Borgo Pio (antico rione ‘anticamera’ di Piazza S. Pietro e del Vaticano, un tempo sede di artigiani, piccoli industriali e famose osterie, che hanno lasciato spazio a ristoranti, pizzerie e negozi di articoli religiosi e souvenir per i numerosi turisti) presso ‘Ar-lù’ (acronimo di Armando e Luisa, collaudata coppia che ha riversato ogni risorsa nell’arte della gastronomia) piccolo tempio della ristorazione. Qui, simpaticamente accolti da Marco, molto riservato e discreto, e dal sorriso solare e contagioso di Valentina, simbolo della bellezza romana, nella sala che sa tanto di salotto buono per la particolare cura e la scrupolosa attenzione riservata ad ogni dettaglio, tra storia e sapori, si possono gustare non solo i piatti della migliore tradizione romana ma anche altri piatti interessanti, frutto di una cucina sana, semplice, genuina, del buon pane e dell’ottima pasta fatti in casa dalla creativa Luisa. La quale, trattando, elaborando e rivisitando ingredienti e materie prime di alta qualità, ama sperimentare ricette da ‘nouvelle cuisine’, una delizia per la clientela dal palato fino non certo per il gusto dell’effetto (… non va trascurato il negozio di famiglia ‘La Bottega di Arlù’ al n.21 del vicino Vicolo del Farinone, gestito con tanto amore e passione da Carlotta e Severina: una sciccheria per i prodotti di eccellenza trattati e riservati ad una clientela scelta, esigente e raffinata). Da ‘Ar-lù’, ritrovo e punto di riferimento di persone importanti, si fanno degli incontri incredibili e, a volte, si ascoltano racconti che intrecciano episodi di vita vissuta, altrove improbabili. Come la ‘storia’, una delle tante, di un giovane sacerdote comunitario il quale, dovendo frequentare a Roma la Facoltà di Teologia, fu sistemato da un eminentissimo cardinale presso un istituto religioso condotto da suore. A distanza di tempo, S. Em.za, preoccupato perché non riceveva notizie del neo presbitero, gli telefonò. Nel corso della conversazione chiedeva, fra l’altro, se di pomeriggio riuscisse a riposare. Avvertendo una certa resistenza, insistette. Quindi, il giovane, con molta prudenza e dignitoso imbarazzo, confidò che non riposava perché c’erano dei ragazzacci che bestemmiavano. Il cardinale, basito, replicò per avere cognizione della bestemmia. Con molto pudore, il sacerdote pronunciò ‘li mortacci tua!’. S. Em.za, al fine di sollevarlo dal palesato cruccio, con prontezza e particolare ‘sense of humour’, gli disse: ‘guarda che non è una bestemmia; infatti, tale frase, se pronunciata ripetutamente, è una preghiera!’. Quel martedì 12 marzo, da ‘Ar-lù’, si notava un intenso, frenetico andirivieni di personaggi fra la saletta riservata e la ‘porta’ di Borgo Pio in attesa di notizie fresche che comunque davano per scontata, nella giornata di giovedì, la fumata bianca. Chiaro il riferimento ad un antico detto della tradizione cristiana che vuole dell’uomo il primo giorno del Conclave, del diavolo, che cerca di piazzare i suoi colpi, il secondo giorno e dello Spirito, dopo l’extra omnes, il terzo giorno. Ma, la volgare ‘cabala’ non aveva affatto messo da parte come si poteva immaginare l’ebraica “Cabalà“. Satana, già sconfitto nella prima domenica di quaresima (17 febbraio), venne nuovamente sconfitto la sera di mercoledì 13 (ore 18:50) che sancì l’elezione a Papa del gesuita entrato in conclave da cardinale ed uscito con il nome di Francesco e coniuga il modo di essere gesuita, francescano e benedettino. Satana però, la mattina di mercoledì 13, manifestatosi sotto le vesti femminei, muliebri, impediva che venisse anticipato il nome del cardinale gesuita elevato al Soglio di Pietro, intuito nel momento in cui – ore 23,30 circa – guardando in TV ‘Porta a Porta’ di Bruno Vespa, comparvero sullo schermo, in basso a sinistra, quattro didascalie riportanti ciascuna il numero dei Cardinali e l’Ordine di appartenenza: l’ultima recitava ‘1 cardinale gesuita’, l’unico a non avere ‘concorrenti’ in ‘casa’. Dicemmo subito è il Papa solare, spontaneo e istintivo, santo ma energico, di candido candore più bianco del bianco abito talare indossato, di vasta e profonda cultura e dottrina, semplice, umile, che passa benedicendo, abbracciando e baciando i piccoli, gli ammalati, i carcerati, i diseredati, gli ultimi; ‘rivoluzionario’ come il primo ed unico Maestro 2013 anni fa ed il Santo di cui ha preso il nome da Papa 1200 anni dopo (circa 800 anni fa); è il Papa che stimola i ricchi e le autorità governative a fare quanto è nel loro potere per un mondo migliore e condanna chi cerca soltanto il proprio interesse, la mondanità, il carrierismo, le comodità; il Papa che non ha inteso calzare le tradizionali scarpe rosse, ha indossato e continua ad indossare  l’abito piano bianco, ad avere sul petto la croce poverissima e all’anulare l’anello in argento dorato; è il Papa che manda messaggi su buste siglate con una “F”, telefona personalmente e, quando è in partenza, stringe nella mano sinistra la borsa di pelle nera da lavoro. A don Franco, salesiano di periferia che, nelle omelie ha sempre toccato gli argomenti cari a Papa Francesco, alle ore 8:03 del 15 marzo, inviammo il messaggio: “Sapevate di questo vostro ‘gemello separato’, ritornato dall’argentina?”. La risposta, stesso giorno, ore 11:49: “no, ma me lo auguravo!”. Ancora, da Ixtepec, piccola città del sud più povero e abbandonato del Messico, dove ‘arrivano a migliaia dal Guatemala, Honduras, Nicaragua, con lo sguardo docile di chi conosce la miseria e cerca la dignità’, Padre Alejandro Solakinde, ‘prete di frontiera, prete scomodo’, ha ritrovato ‘conforto e complicità nei gesti di Papa Francesco’, che ha ‘ringraziato e sorriso al cielo da quell’angolo sperduto e dimenticato del mondo quando, come un pastore semplice, si appese al collo la croce di ferro’. Un anno che è sembrato un secolo per la straordinaria intensità di questo primo apostolato di Papa Francesco che ha affrontato tanti temi, ha incontrato, incontra e dialoga con ogni interlocutore, specialmente con i giovani ‘invitati a fermarsi e a riflettere sui valori della vita, sulla morte, sulla gioia, sulla sessualità e su ciò che non è scientificamente dimostrabile o verificabile’. Il Santo Padre continua a fare quello che ha sempre fatto fin da quando era giovane gesuita a Buenos Aires: “portare il messaggio di speranza e stare vicino a chi ha più bisogno. I poveri, sicuramente, ma anche le vittime della <globalizzazione dell’indifferenza>”. In conclusione, guai a stupirci, a rimanere abbagliati soltanto ed esclusivamente dall’esteriorità ovvero dalla gestualità di Papa Francesco, che, percepite all’istante, trovano facile riferimento ai tanti effetti speciali in cui ci tuffiamo nella quotidianità. La gestualità, aspetto esteriore dello stile, unico ed inimitabile di Papa Francesco, non può né deve essere separata dall’interiorità cui è tutt’uno. Diversamente, non solo offensivo, grave, imperdonabile ma vani gli insegnamenti, le omelie e le opere del Santo Padre e l’altra nostra vita, destinata a sprofondare nelle tenebre.

 

 

 

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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