“PICCOLO” E’ L’UNICO TITOLO GRADITO A DIO!

5 luglio 2020 – XIV Domenica TO(A)
“PICCOLO” E’ L’UNICO TITOLO GRADITO A DIO!
gruppo biblico ebraico-cristiano a·UIr»» a·U¬U»
francescogaleone@libero.it
Prima lettura: Ecco, a te viene il tuo re, umile, cavalca un asino (Zc 9,9).
Seconda lettura: Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito
(Rm 8,9). Terza lettura: Io sono mite e umile di cuore (Mt 11,25).
La domenica “della semplicità e dell’umiltà”
1) Gesù è uno di quelli che non ti lascia mai adagiare nel comodo, ti
scandalizza continuamente, ti provoca con i suoi scomodi messaggi. Oggi ne abbiamo un altro
esempio. Avevamo sempre pensato che i supremi “perché” della vita spettassero solo ai filosofi o
ai teologi. Gesù invece afferma il contrario: le verità più importanti sono nascoste ai laureati e ai
teologati, e sono invece rivelate ai piccoli e ai semplici. Nessuna meraviglia! Quante volte noi
abbiamo imparato più da una persona semplice e onesta che non da uno scienziato pluri-laureato.
Lo sosteneva già B. Croce quando scriveva che si impara più da una vecchietta che non dai libri del
filosofo Schopenhauer. Disprezzo della cultura? No! Ma le verità di fede, anche gli scienziati le
ricevono non in quanto geni, ma in quanto semplici. Questo vale per Agostino e Dante, per Pascal
e Rosmini. Ed è giusto che sia così. Pensate come sarebbe ingiusto se alla verità di Dio potessero
arrivare solo gli sprizza-cervelli. Sarebbe un intollerabile privilegio!
Le verità nascoste ai sapienti e rivelate ai piccoli.
2) Gesù loda Dio, suo padre, perché ha manifestato le verità di fede ai “piccoli”, e le ha nascoste ai
“grandi”. Ma attorno a Gesù c’erano davvero dei bambini o si tratta di bambini immaginari, messi
lì per insegnare ai superbi la semplicità? Sì, c’erano i bambini, in carne ed ossa. Domenica scorsa,
nel Vangelo di Matteo se ne sentivano le voci. Qualcuno di loro, che aveva sete, ha chiesto da
bere, e Gesù ne ha preso lo spunto per dire: “Chi darà anche un bicchiere d’acqua fresca a uno di
questi piccoli…”. Gesù sovente era circondato da bambini, come un maestro d’asilo o di scuola
elementare. Un giorno ne prese uno in braccio, e agli apostoli che litigavano per il primo posto,
Gesù disse: “Se non diventerete come bambini, non entrerete in cielo”. E agli apostoli che
cacciavano quei marmocchi, Gesù indignato ordinò: “Lasciate che i bambini vengano a me. Il
Regno dei cieli è per loro, e per quelli che sono come loro”. Grosso rimprovero per noi, arroganti
intellettuali! Ha davvero ragione una brava e nota scrittrice, quando annotava che il mondo sarà
salvato dai ragazzi, dagli apostoli-bambini, grazie ai quali abbandoneremo la nostra sterile
saggezza, chiederemo perdono dei nostri capelli bianchi e della nostra anima scura. Cristo esulta di
gioia perché suo Padre rivela i misteri della salvezza ai piccoli. La legge del Regno di Dio è la legge
del granello di senape, del poco lievito nella grande massa, della piccola luce nella cosmica
oscurità. Dio sceglie gli umili, i semplici, gli ignoranti. Lo fa notare Paolo ai corinzi, affetti da
megalomania greca, bramosi di sapienza umana, abili nelle astuzie della ragione: “Considerate la
vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non
molti nobili, ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1Cor 1,26).
“Piccolo”: l’unico titolo riconosciuto da Dio
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3) Nella vita umana e religiosa, in ogni occasione, nasce il problema a chi spetta il primo posto. In
questa fantastica gara erano coinvolti anche i santi del cielo, catalogati in sette classi, con a capo i
martiri e lo stesso Dio, che naturalmente era il più grande delle divinità orientali, greche ed
egiziane: “Grande è il nostro Dio, più di tutti gli dèi” (Es 18,11), e si attendeva naturalmente una
sua manifestazione di grandezza alla fine dei tempi: “Attendiamo la manifestazione della gloria del
nostro Dio” (Tt 2,13) leggiamo nella notte di Natale. E Dio è apparso in tutta la sua grandezza: un
bambino indifeso, un semplice pezzo di pane benedetto, un crocifisso impotente! Sì, da quel
giorno tutti i criteri di grandezza sono stati capovolti! L’unico titolo gradito a Dio è“piccolo”.
La povertà evangelica non è questione di soldi!
4) Cristo vede lontano. Vede nel corso dei secoli la schiera innumerevoli di uomini e di donne, di
ogni età e condizione, aderire con gioia al suo messaggio. “Ai poveri è annunciata la buona notizia”
era uno dei segni dell’era messianica. A tutti, Cristo lancia il suo invito: “Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi”. I poveri, i piccoli gli umili accorrono a Lui: i grandi della terra, i sapienti
riescono a raggiungerlo nella misura della loro infanzia spirituale. Ma attenzione! Non
confondiamo la povertà sociologica con la povertà evangelica: essere poveri ed oppressi non
significa essere automaticamente figli di Dio; diciamo solo che i poveri sono nelle condizioni
migliori per accogliere il suo messaggio di liberazione; i poveri hanno le condizioni (che sovente
mancano ai ricchi!) di vivere il Vangelo, perché sono disponibili alla speranza; anch’essi però hanno
bisogno, per viverlo, di conversione.
Il mio giogo è dolce
5) Cristo rimprovera i farisei perché “legano pesi gravi e insopportabili, li caricano sulle spalle degli
uomini, ma essi non li vogliono muovere neppure con un dito”. E’ forse un anarchico che predica
l’abolizione di tutte le leggi in nome della libertà? No, anche Lui ha un giogo da proporre:
“Prendete il mio giogo sopra di voi”. Ed è un giogo esigente: si tratta di prendere ogni giorno la
propria croce e seguire Lui. Si tratta di testimoniare il Vangelo a tutto campo “senza riservarsi in
caso di necessità, un nascondiglio per se stesso, e un bacio di Giuda per le conseguenze. Con Dio
non è possibile compromettersi solo fino a un certo punto. Purtroppo, milioni di cristiani formano
una massa di scimmie, ma la massa di scimmiotti è rea di lesa maestà. La loro punizione sarà che
Dio li ignorerà”: così sentenzia il filosofo danese Kierkegaard. C’è una differenza fondamentale fra i
due gioghi, ed è che Cristo il giogo lo ha portato Lui per primo, e anche oggi ci assicura di portarlo
insieme con noi; per questo può affermare che il suo giogo è dolce e leggero. Il cristianesimo dà
una perfetta letizia soltanto quando lo si vive pienamente. Chi si trascina, con sotterfugi e
compromessi, è sfiancato dalla noia, è abbattuto dalla solitudine.
I “piccoli” sono tutti gli emarginati!
6) I “piccoli” non sono i bambini, ma gli inermi, coloro che non hanno il potere né il sapere né
l’avere. Gesù, che entra in Gerusalemme, cavalcando un asinello: ecco una immagine viva della
semplicità. Gesù messia non entra nella città santa con gli strumenti del potere, ma attraverso
mezzi piccoli e risibili (Zc 9,9). I farisei, gli scribi, i professionisti, i teologi… sono portatori di cultura,
sono preoccupati di conservare i loro privilegi, di garantire il loro ceto sociale, nel quale gli ultimi
non hanno il diritto di parlare. Nella sinagoga, le donne non potevano parlare; nella società
ebraica, le vedove, gli emarginati, i malati, non avevano i diritti civili. Questo è il problema: noi
abbiamo studiato nelle scuole specializzate, abbiamo titoli di studio, abbiamo vinto concorsi,
parliamo diverse lingue. E quelli che ci ascoltano o ci leggono sono esperti come noi, si trovano
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sulla stessa sponda. Le persone che vanno in Chiesa sono in genere agiate, borghesi, almeno
diplomate. I poveri non vanno più in Chiesa, specie se hanno preso coscienza dei loro diritti e delle
ingiustizie subite. E così, chi apprende la dottrina cristiana appartiene ad un certo mondo
benestante. Ma i piccoli, i poveri, dove sono? Alcuni decenni fa, si parlava di apostasia degli
“operai” dalla Chiesa; oggi si parla di apostasia dei “piccoli” dalla Chiesa. Veramente siamo noi gli
apostati, che ci siamo separati dai poveri, per proteggere i nostri privilegi! Dobbiamo dire queste
cose con sincerità di mente e con penitenza di cuore.
La fede è ricerca, il dubbio è necessario
7) Convertirsi vuol dire prendere su di noi il peso degli esclusi, essere solidali con i poveri. La nostra
malizia ha colpito persino la traduzione del Vangelo. Gesù non dice solo: “Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi”; è un discorso estraneo allo stile del Vangelo. Le sue parole vanno così
completate: “Voi tutti che siete affaticati e oppressi, sotto il giogo della legge”: la legge, che vi
hanno messo addosso i farisei di ieri e quelli di oggi. Gesù non dice solo: “Imparate da me che sono
mite e umile di cuore”; è un tocco romantico e basta. Le sue parole vanno così completate: “Umile
di cuore, e non uso violenza, e non vi metto sulle spalle leggi disumane”. Gesù è mite perché mette
sulle spalle solo il giogo dell’amore, che è pesante e leggero insieme, perché chi ama compie azioni
eroiche anche senza saperlo. La nostra conoscenza di Dio ha un vizio di fondo, ed è dovuto ai
nostri catechismi, al nostro intellettualismo: Ma esiste davvero Dio? Ma ci sarà davvero la
risurrezione? Ma cosa significa Trinità? Simili domande nascono fatalmente in una religione
intellettualistica. La vera conoscenza di Dio passa attraverso la partecipazione alle sofferenze degli
ultimi. Se voi passate una sola ora con un disperato, con un ammalato, con un emarginato, e vi
caricate della sua sofferenza, voi siete già entrato nel mistero di Dio. Capire che in questo mondo
le persone oneste sono perseguitate, che i violenti hanno successo, che i giusti sono ridotti al
silenzio, tutto questo costituisce i migliori “praeambula fidei” per conoscere Dio. BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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