RIFIUTI ZERO

A conclusione di questo anno vissuto pericolosamente ci preme rimarcare alcuni punti sui temi che ci stanno più a cuore, come salute e ambiente, per evidenziare, in sintesi, le luci ed ombre che hanno funestato, ancora, la nostra amata Campania. Il primo punto, strettamente connesso con il problema “monnezza”, ci rimanda all’ombra tetra e vergognosa che ancora copre una vasta area della Campania (circa il 30% del territorio antropizzato, dove insiste circa il 70% della popolazione – circa 3,5 milioni di abitanti). Tale territorio, ormai convenzionalmente denominata “Terra dei fuochi”, che racchiude Ex Sin, Sir, discariche di stato e abusive, aree sottoposte a sequestro giudiziario, aree sottoposte a roghi e sversamento di rifiuti, ricade nell’area Nord di Napoli, Sud di Caserta e area vesuviana. E una vasta superficie al di fuori di ogni controllo di legalità. Tutto ciò ha un prezzo sull’ambiente, sulla sicurezza e sulla salute di una parte maggioritaria della popolazione Campana. Non serve a nulla l’informazione tranquillizzante sulla salubrità dei prodotti agricoli certificati eduli e con percentuali di contaminanti entro i limiti di legge. Questo è un falso problema. Così come è falso il problema della ricerca della pistola fumante, del nesso di causalità tra patologie e inquinamento certificato dei territori campani. Dopo un inquantificabile numero di anni si è ancora nella fase di studio dei dati epidemiologici alla ricerca di quale “nesso” ? A tutt’oggi quasi nulla, anzi nulla è stato programmato né attuato in tema di prevenzione primaria. Valutando concretamente alcuni aspetti fondamentali della prevenzione ci viene da chiederci: “Cosa è stato attuato del Piano Regionale delle Bonifiche? Tale “piano” è stato aggiornato includendo le aree agricole contaminate, ad oggi il 3% delle aree certificate a rischio. E sono state messe a punto per tali aree nuove procedure di riqualificazione, come la fitodepurazione, sperimentata nel frutteto di San Giuseppiello. Il motivo? Perché la produzione agricola ed il suo indotto non possono essere messi in crisi anche se in punta di legge un suolo su cui insistono rifiuti non dovrebbe essere destinato all’agricoltura. Questo è ciò che sancisce la legge, punto. E’ necessario pertanto rispettare la legge e quindi bisogna inibire subito, laddove è stato dimostrato, a seguito di analisi sitospecifiche, il superamento delle concentrazione soglie di rischio (CSR) ogni coltivazione in nome del principio di precauzione. E’ stata messa in sicurezza qualche vecchia discarica comunale, coperta e dotata di impianti di captazione del gas che si sviluppa dai processi di fermentazione dei rifiuti. Ma sulla messa in sicurezza delle grandi discariche ereditate dall’emergenza rifiuti, al momento nessuna nuova. E’così complicato applicare direttive UE e leggi nazionali e farle rispettare? 4 Sul biomonitoraggio umano il progetto “Campania Trasparente” da oltre un anno ancora non ha ufficializzato i dati rilevati dal protocollo Spes su poco più di 4 mila volontari arruolati al fine di valutare quali e quanti contaminanti ambientali abbiano invaso il loro organismo forieri di danni più o meno gravi alla salute. Ebbene, nonostante l’inspiegabile riserbo, trapela da più di una fonte l’indiscrezione che i danni all’ecosistema di una parte della popolazione presa in esame, siano rilevabili in modo significativo nei campioni di siero esaminati. Illazioni? Attendiamo fiduciosi i risultati! Ora non è questa la sede per discutere di aspetti clinici che attengono alla eco medicina ma urge trasparenza e chiarezza comunicativa (oltre le conferenze stampa di rito) e accesso ai dati che inspiegabilmente rimangono in capo ad un Istituto Veterinario, seppur importante, e non, come auspicabile, ad un ente certificato terzo imparziale e super partes. La stessa mancanza di volontà risolutiva attiene la problematica Roghi e sversamenti. Sul piano generale certamente si sta lavorando affinché si ottenga qualche risultato ma, eminentemente, per ora si opera su episodiche repressioni. Operazioni sporadiche favorite dalla Legge 68/2015 sugli ecoreati. La sola repressione pur importante, da sola non è sufficiente. Poche operazioni e non sistemiche hanno prodotto un decremento numerico ma nulla sulla interruzione del vergognoso fenomeno della presenza di frazioni di rifiuti urbani e speciale pericolosi e non e relativa combustione (con aggravio dei costi), che ammorba ancora vaste aree dei 90 comuni racchiusi nel “patto per la terra dei fuochi”. Ne tantomeno possiamo a questo punto dimenticare la catastrofe che da due anni imperversa con inferni di fuoco sul Parco nazionale del Vesuvio. Solo qualche mese fa la stagione degli incendi ha prodotto un carico di materiale combusto che minaccia le comunità a valle esposta inoltre al rischio di frane dovute a dissesti idrogeologici, peraltro noti. Le popolazioni delle aree circostanti sono state sottoposte ad un’inalazione involontaria di fumi di svariata natura, quanti rifiuti e di quale specie erano presenti nelle aree percorse dal fuoco? In particolare quanto nanoparticolato sono state costrette loro malgrado a respirare? Quale monitoraggio è stato effettuato sulla concentrazione di tali ” fumi “, che ha letteralmente soffocato per giorni le popolazioni vesuviane? Perché non si è quantificata la composizione di tali veleni (a cui non ha corrisposto, nonostante i tanti solleciti, un monitoraggio capillare e continuativo della popolazione bersaglio)? Diamo per scontati i monitoraggi di routine effettuati attraverso le poche e mal posizionate centraline di rilevamento. Ma si può ben comprendere che non siano sufficienti, se non è stato dato seguito ad un programma di monitoraggio nei mesi successivi, dedicato alle popolazioni residenti onde rilevare e prevenire i danni che come sempre si verificheranno nel tempo. In particolar modo per quelle fasce di popolazione più sensibili, come le donne in età fertile, gravide e puerpere, i neonati e soggetti defedati. Quello che sta accadendo da anni nelle comunità Campane della “Terra dei fuochi” e delle aree del Vesuviano merita una seria azione di prevenzione e monitoraggio come le linee guida internazionali di prevenzione prescrivono, potenziando i biomonitoraggi e gli screening. Ebbene della Legge 6/14 “terra dei fuochi”, dei 50 milioni per il biennio 2015/2016 in quota alla Campania a tutt’oggi manca un bilancio certificato di come siano stati impegnati e spesi per i tre grandi temi che la legge indicava: (contrasto dei roghi, messa in sicurezza dei territori ed eventuali bonifiche e sorveglianza sanitaria). Tale stanziamento avrebbe dovuto potenziare ed allargare la platea degli screening alla popolazione a rischio. Anche qui il gruppo interministeriale ha usato un metodo centralistico slegato dai territori e dalle comunità con scarsa e talvolta nulla trasparenza informativa agli stakeholder del territorio. Tali stanziamenti sarebbero stati meglio utilizzati se riversati sulla Regione e sui Sindaci della “Terra dei Fuochi”, che meglio di tutti conoscono criticità, problematiche e necessità d’intervento, a cui non senza sacrifici, abbiamo sottoposto, sostenuto e propugnato progetti mirati, come quello dell’azione degli Osservatori Civici, qualificati e formati, a supporto delle amministrazioni per segnalazioni e monitoraggio sul territorio. 4 Duole registrare l’ignavia assoluta di tutti i parlamentari campani che, al di là della solidarietà pelosa sul tema, nei fatti lungo l’iter di discussione della Legge di stabilità non hanno ritenuto di presentare alcun emendamento al rifinanziamento della Legge sulla “Terra dei fuochi” (neanche il problema fosse risolto), che mai come in questo caso, avrebbe potuto sostenere attività di monitoraggio locale in capo a Regione, Città Metropolitana e Municipi e potenziare azioni di messa in sicurezza di aree critiche oltre ad ampliare l’area degli screening sanitari sulla popolazione a rischio. Ci rivolgiamo a chi pensa di controbattere con la solita litania della mancanza di risorse. Giova ricordare che per la questione Ilva (Taranto), collegata alla Legge 6 in questione, sono stati stanziati 40 milioni finalizzati alla tutela della salute della popolazione esposta al rischio . Ma tant’è. Purtroppo nelle pubbliche amministrazioni, “senza soldi non si cantano messe” e quindi, analogamente urge uno stanziamento aggiuntivo dei fondi previsti per la Legge Regionale 20/2013 a supporto della messa in sicurezza di quelle aree comunali contaminate da materiali pericolosi come l’amianto a sostegno dei Sindaci. Sulle ziggurat (le piramidi Babilonesi) di monnezza (circa 5,5 milioni di “eco” balle da una tonnellata cadauna), manca un piano preciso ed ecosostenibile, se non quello semplicistico di trasferirle in territori extra regionali se non transfrontalieri per essere per lo più incenerite o smaltite in discariche con enormi costi di movimentazione. Tali pratiche rischiano di porgere il fianco a fenomeni di opacità ed infiltrazioni di cui la nostra Regione, su questo tema specifico, non dimostra essere esente. Tale affermazione deriva dalle innumerevoli inchieste (e condanne) a seguito della stagione dell’ “emergenza rifiuti”, nell’ordine di qualche miliardo di euro che NON è servito, ad oggi, a risolvere tale emergenza, anzi. Se è avviato l’iter farraginoso per la dotazione impiantistica per i rifiuti organici manca il coraggio di utilizzare styrategie ecosostenibili per il trattamento a freddo dei rifiuti, sia urbani che speciali. Siamo ancora in attesa di un’audizione per la nostra proposta della Fabbrica dei Materiali (MBRT) in loco [che mira a riconvertire i vecchi e obsoleti TMB utilizzati per la preparazione di CDR, in impianti innovativi adatti al recupero di materia con integrazioni e modifiche di piccola entità, riducendo da subito l’avvio a discarica o incenerimento e migliorando le economie di scala complessive del sistema]. Ad oggi tutte le esperienze di coincenerimento prevedono il pagamento di una tariffa di conferimento da pagare. Il vantaggio della Fabbrica dei Materiali è finalizzato al recupero di materia ed, a fronte di una tariffa da corrispondere, si avranno introiti derivati dal collocamento di materiali sul mercato delle materie prime/seconde, che è foriero di incremento di fatturato e di conseguenza di posti di lavoro. Aspettiamo un confronto serio e costruttivo su tali questioni. Non possiamo dimenticare, inoltre, nel caso di specie, che tale insipienza ci ha sottoposti alla mannaia dell’infrazione comunitaria che comporta l’esborso di enormi risorse economiche sottraendo cifre consistenti e probabilmente finirà per essere caricata sulle spalle dei contribuenti campani. L’altro aspetto ci conforta e, per certi versi risulta straordinario se lo si rapporta ad un lustro fa, all’epoca dell’emergenza rifiuti e del fenomeno del giro del mondo delle immagini della Campania ed in particolare del suo capoluogo sommerso dai rifiuti. I recenti dati pubblicati dall’ISPRA ci consegnano un virtuosismo insperato della nostra regione terza tra le grandi regioni Italiane per percentuali di Raccolta Differenziata ma soprattutto prima in Europa per percentuali di raccolta dell’umido totale che supera il 76%. Il tema della Raccolta Differenziata e della buona Raccolta Differenziata è oramai acquisito dalle comunità. Un virtuosismo esponenziale che consegna la Campania al top delle Regioni italiane con quasi il 52% di Raccolta Differenziata, ben 227 comuni sopra il 65% e 9 sopra il 90% di cui ben 27 Comuni hanno adottato la delibera verso Rifiuti Zero. 4 A fronte di tale ottimo risultato, resta alta la quota di 450 kg Rifiuti/abitante con un incremento del 2,4 % rispetto al 2015 , che sottende tutta la critica agli ASSIMILATI. Criticità inspiegabile in un contesto di forte recessione e nonostante il Piano regionale Riduzione Rifiuti costruito dal basso e col nostro contributo sia uno dei più ambiziosi in campo nazionale ma, purtroppo, del tutto disatteso dalle comunità locali. Lo straordinario dato di recupero della frazione organica mette a nudo a questo punto, il carente sistema di trattamento della Frazione Organica da Rifiuto Solido Urbano (FORSU) in Regione Campania che, vista l’assoluta carenza di impiantistica per il trattamento della frazione organica, costringe le comunità virtuose al trasporto transregionale con costi non più sostenibili dalle spalle non più larghe dei cittadini campani. Ecco perché si registra rabbia nelle comunità locali per non essere ascoltati da anni e ad ogni notizia di nuovo impianto, pur importante e necessario come quelli per la frazione organica, a fronte di mancate bonifiche e interventii a garantire sicurezza e salute, scatta la protesta! E non riuscendo a chiudere il ciclo in regione si paga un costo economico spopositato e assurdo per lunghe trasferte invece di servire a ridurre il carico impositivo sulle comunità. Il passo successivo quindi è la indispensabile dotazione impiantistica dedicata in tempi certi, garantiti e controllati dalla partecipazione civica che tanto ha prodotto in questi anni sul piano del riscatto dalla vergogna delle ripetute emergenze e che tanto ha sostenuto nell’ambito delle buone pratiche delle perfomance dei comuni a raggiungere un traguardo di questa portata in termini di quantità e qualità della Raccolta Differenziata degli RSU e che ora chiede con forza, là dove ci sono le condizioni, la Tariffazione puntuale incentivante per i cittadini virtuosi. Percorso questo che ha consentito nell’aggiornamento del Piano regionale di gestione dei RSU di eliminare la vergognosa e inutile pletora di impianti di incenerimento con recupero di energia previsti dalla precedente Amministrazione regionale ai sensi del famigerato art. 35 dell’anacronistico “Sblocca Italia” e che se perseguito con coerenza nell’ambizioso e performante obiettivo del 65% di RD a regime, consentirà di ridurre anche il carico sull’impianto di Acerra che pesa come un macigno sulle buone pratiche di quel territorio e resta una ferita aperta per tutta la comunità Rifiuti Zero nazionale. Come sempre dunque luci e tante ombre. Che si spera nell’anno elettorale possano essere sempre più diradate e far assurgere finalmente la questione ambientale, salute e legalità prioritaria nelle politiche della nostra Regione. Un Piano regionale RSU verso Rifiuti Zero, un FOIA campano per il diritto a un libero accesso agli atti e alle informazioni di interesse collettivo e l’azione contro il #marinelitter che metta la Campania al centro delle politiche di tutela e salvaguardia del Mediterraneo saranno i principali obiettivi su cui incalzeremo l’istituzione regionale fin da subito. Noi, come sempre pronti a fare la nostra parte in uno alle comunità locali. Auspicando anche ai vari livelli istituzionali, analoga volontà e disponibilità. Auguri a tutti i cittadini campani per un sereno 2018. Franco Matrone ZeroWaste/RifiutiZero Italy (Coord Campania)

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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