SANTA MARIA LA FOSSA IL VOLTURNO – L’AGONIA DEL GRANDE DIMENTICATO

di Giuseppe PASQUALINO

     Ogni territorio nazionale, da Chamonix a Santa Maria di Leuca, da Vipiteno a Trapani, conserva al viandante scorci di bellezze geografiche, architettoniche, storiche; sono tante le realtà locali che traggono profitto da tali elementi e tante altre alimentano le proprie economie grazie alla presenza sul territorio di particolari caratteristiche. C’è chi trae economia dall’altezza del proprio territorio sfruttando gli agenti climatici, la neve di inverno e la frescura d’estate; chi riceve profitto dal mare che lambisce la propria terra; chi tra le alternanze delle colline ricava bene dai frutti donati dalla natura.

     In quella striscia di Terra di Lavoro solcata dal più importante corso d’acqua del meridione d’Italia, negli ultimi quarant’anni non si registrano sussulti popolari tendenti a focalizzare attenzioni sul Volturno, tantomeno sono state spese risorse economiche per <riconsegnargli> il titolo di <fiume>. Soltanto scarichi, prima provenienti dall’insediamento dell’industria farmaceutica capuana e successivamente quelli della stessa cittadina longobarda e mai depurati, e poi quelli delle aziende bufaline nelle prossimità del corso d’acqua, e poi ancora gli scarichi della Balzana, e poi, e poi, e poi fino a giungere a Castel Volturno.

     A nessuno politico provinciale, a nessun amministratore, a nessun urbanista, a nessun addetto ai lavori è venuto mai in mente di trarre <oro> dal Volturno? A nessuno è venuto mai in mente che generazioni intere hanno goduto di quelle silenziose acque, tanti hanno abbeverato le proprie mandrie, tante sono state le donne che hanno attinto acqua per le proprie mense, tante quelle che hanno lavato i propri panni curve fino al tramonto, tanti quelli che hanno sfamato i propri figli con il pescato donato dal Volturno. A nessuno mai è venuto in mente di riprogettarlo, ripulirlo, conservarlo, ripopolarlo, proteggerlo?

      Lo stesso Volturno offre tante possibilità per alimentare l’economia dei luoghi; già a partire dalla sua fonte iniziale nel Comune di Rocchetta a Volturno, in provincia di Isernia, ai piedi delle Mainarde, lungo le sue sponde nascono amene aziende di agriturismo, incantevoli luoghi attrezzati ad aree di ristoro, caratteristici ristoranti che offrono prelibatezze ittiche pescate nelle sue acque. Da Capua in poi fino a valle, dove inizia il territorio denominato sulle carte geografiche <Basso Volturno>, il <grande fiume> vive lentamente la sua agonia fino al mare nel silenzio generale; le sue acque verdi assumono improvvisamente colorazioni anomale annunciando un avvelenamento continuo, costante.

      E perché questo corso d’acqua non potrebbe continuare a donare benessere anche nel basso Volturno? E perché non potrebbe essere oggetto di studio per studenti di agraria, scienze naturali, biologia; perché non interviene l’università con le sue potenzialità scientifiche per ricomporre il <puzzle> naturale del Volturno e ridonare fauna ittica e volatile all’ambiente oltre a ripristinare un habitat lungo le sponde rovinate dall’incuria?

      La risposta la lasciamo ai lettori e a tutti quegli amministratori che si sono alternati in quarant’anni senza mai guardare negli occhi delle future generazioni. Quarant’anni e neanche una lira (adesso un euro, ndr) spesa per una possibile fonte di economia locale.         

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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