SOLENNITÀ DEL CORPO E SANGUE DI CRISTO (A)

Domenica 18 giugno 2017

SOLENNITÀ DEL CORPO E SANGUE DI CRISTO (A)

riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo Biblico ebraico-cristiano) השרשים הקדושים

per contatti: francescogaleone@libero.it

 

Ti ho condotto per questo deserto, luogo di serpenti e di scorpioni

In questo tempo di violenza e di confusione, la festa del Corpus Domini, con la sua processione lungo le strade coperte di fiori, può essere un raggio di speranza che viene da Dio. Il messaggio che questa tradizione ci trasmette è quello di tenere unite l’eucaristia e la vita, di non adorare l’eucaristia al di fuori della vita e della storia. Che senso può avere questa processione oggi? Anche noi oggi dovremmo ricordare tante cose del nostro viaggio, non solo gli scorpioni e i serpenti (Dt  8,15), ma anche l’acqua sgorgata un giorno dalla roccia, all’improvviso, e la manna discesa dal cielo, quando credevamo di morire di fame. Quante volte eravamo disperati e tristi, ed ecco dal cielo un aiuto, uno squarcio, a ricordarci che non viviamo la storia da soli, chiusi nel tragico cerchio dell’immanenza. Quante piacevoli sorprese! Potremmo dirci che quelle sorprese sono subito passate, che il nuovo viene come un fiore che sboccia e la sera è già secco. Ma dentro la roccia arida scorre la linfa. Questo lo sappiamo perché Dio è presente nella vita. Questa è la nostra fede! Certo, evidente è la vecchiaia e non la novità, la ferocia e non il perdono, l’egoismo e non la solidarietà, la morte e non la risurrezione. Ma chi vuole solo l’evidenza deve rassegnarsi a essere il custode del passato. Avere fede significa essere privo di evidenze razionali, di prove scientifiche. Avere fede significa credere in Dio, che ha stretto un patto con l’uomo in cammino nel deserto. Senza questo punto di appoggio, tutto diventa come un ciarpame di simboli vuoti.

La mia carne è vero cibo…

Queste parole di Gesù nel vangelo di Giovanni sono talmente gravi che, al termine di queste, gran parte dei suoi discepoli lo abbandonerà e non tornerà più con lui. Vediamo allora che cos’è di grave, di importante, che Gesù ha detto. Nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni troviamo un lungo ed intenso insegnamento sull’eucaristia. Giovanni è l’unico evangelista che non riporta la narrazione della cena, ma è quello che, più degli altri, riflette sul profondo significato della stessa. “Allora i Giudei” – con questo termine nel vangelo di Giovanni si indicano le autorità – “si misero a discutere aspramente tra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Un Dio che si dona all’uomo fino ad arrivare a fondersi con lui, si fa alimento per lui. Questo è inaccettabile per le autorità religiose che basano tutto il loro potere sulla separazione tra Dio e gli uomini. Un Dio che vuole essere accolto dagli uomini e fondersi con loro, questo per loro non solo è intollerabile, ma è pericoloso. Gesù rinforza le sue parole; passa dal verbo φαγειν al verbo  τρωγειν : “Chi mastica la mia carne”. Il verbo “masticare” in greco è molto rude, primitivo, significa “masticare, spezzettare”. Gesù vuole evitare che l’adesione a lui sia un’adesione ideale, ma dev’essere concreta, reale, vitale.

Celebrare le nostre liturgie nel cuore della storia e non ai margini del villaggio

Quando celebriamo l’eucaristia, ripetiamo un vuoto simbolo se non giuriamo a noi stessi di lavorare per l’unità della famiglia umana. Il corpo del Signore non è solo quello che sta sull’altare, ma anche quello che è raccolto attorno all’altare. Il corpo del Signore siamo anche noi, è tutta l’umanità. Non si può separare la fede in Dio dalla fede nell’uomo. Noi l’abbiamo a volte separata, per cui la fede in Dio ha provocato il disprezzo dell’uomo. Ci sono “credenti” che trasudano disprezzo per l’uomo; il loro fervore religioso è una copertura, una sublimazione del disprezzo dell’uomo. La nostra eucaristia si colloca all’interno del viaggio nella vita; questo incontro, questa processione, anche se ancora legata a ritmi e cerimoniali stabiliti, è però un appuntamento che ci ristora. Essere cristiani significherà in futuro solo questo: celebrare nell’eucaristia la storia e la vita di tutti i credenti. E forse potremo un giorno mettere sull’altare, oltre al messale, anche il giornale quotidiano, e celebrare così l’eucaristia, e fare anche la predica con la Bibbia nella destra e il giornale nella sinistra. Noi siamo gli esegeti della novità!  Come cambierebbero le nostre liturgie se esse fossero davvero celebrate nel cuore della vita e della storia e non ai margini del villaggio, come diceva D. Bonhoeffer! Il Corpus Domini è in qualche modo anche il Corpus hominis, la celebrazione della grandezza di Dio attraverso la piccolezza delle cose umane, scelte da Dio per entrare in comunione con noi. Se tutto questo è vero, allora le nostre piccole cose diventano grandi cose, epifania di Dio!

 

Dalla cena alla messa! Dalla messa alla processione!

Ha scritto Castillo J. M. che la cena del Signore ha subito tanti cambiamenti, a partire da Gesù, che oggi risulta semplicemente irriconoscibile. Perché, da una “cena che ricrea ed innamora” (Giovanni della Croce), è passata ad essere una cerimonia religiosa, che ogni giorno si capisce sempre meno ed interessa meno persone. Non si sa quando abbia smesso di essere una cena di intimità e di amore e si sia trasformata in un rituale sacro. Di sicuro, a partire dal sec. VIII il rituale si è separato dai fedeli, ha continuato ad essere celebrato in latino, benché la gente avesse già iniziato a parlare le lingue attuali, la “diceva” un prete di spalle al popolo e la “ascoltava” un popolo al quale ha iniziato ad interessare soprattutto il “vedere l’ostia consacrata”; con questo l’eucaristia ha smesso di essere un atto della comunità ed è passata ad essere un privilegio del clero. Così il “miracolo”, il “mistero” e la “autorità” hanno prevalso. Perché sono “le tre forze capaci di soggiogare per sempre la coscienza dei deboli” (F. Dostoevskij). E questo ci è rimasto: messe con le quali il clero mantiene il suo potere ed i suoi vantaggi (anche economici), alle quali assistono normalmente persone anziane, alle quali risulta difficile comprendere la messa, atti sociali per mettere in luce alcuni o liturgie pompose che nessuno sa a che cosa servano. È urgente rinnovare l’esperienza originale della Cena di Gesù. È una delle urgenze più grandi che ha la Chiesa in questo momento. E tutti dovremmo chiederlo ai preti, ai vescovi, alla Curia Vaticana. È responsabilità di tutti. Buona vita!

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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