SONO POCHI QUELLI CHE SI SALVANO? (Lc 13,22) A CURA DI DON FRANCO GALEONE

Domenica 21 agosto 2016

21 agosto. XXI Domenica del Tempo ordinario (Anno C)

SONO POCHI QUELLI CHE SI SALVANO? (Lc 13,22)

A cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano  השרשים  הקדושים   francescogaleone@libero.it/sayeretduvdevan@yahoo.it

  1. La domanda sul numero degli eletti ha tormentato tutte le generazioni. Nel vedere gli uomini vivere le loro miserabili esistenze, si ha motivo di chiedersi quanti sono quelli che desiderano salvarsi, e quali sono quelli che meritano la vita eterna. E tuttavia, nel fondo di queste coscienze spente si muove una potenza straordinaria di interrogazione, di aspirazione, di elevazione. Quante persone odiose, acide, scostanti … non sono che povere creature senza aiuto, che vi supplicano di essere aiutate; persone (in latino significa: maschera!) aggressive, autoritarie, sfolgoranti sul cattedrino del potere, in realtà hanno paura e si augurano che qualcuno le liberi. La carità non è una pia cecità o una religiosa sordità: è una passione, una superiore lucidità; è vedere il prossimo come è realmente, abitato da Dio, nonostante il peccato, tentato da Dio che cerca di farsi sempre più strada nell’uomo. Quanta gente non è in grazia, ma è minacciata dalla grazia, percorsa da questo paziente, immenso amore di Dio. P. Claudel bene ha scritto: Nel più freddo avaro, nel cuore della prostituta, nel più disonesto ubriaco c’è un’anima immortale, santamente occupata a respirare e che, esclusa di giorno, pratica l’adorazione notturna.
  2. Nessuno può giudicare definitivamente un uomo, nessuno sa quello che esiste nell’uomo, se non Colui che crea e ama l’uomo. In ogni uomo, perciò, esiste sempre più futuro che passato. Saranno pochi gli eletti, come sostengono i giansenisti? La cosa più ripugnante è che essi abbiano creduto che Dio ha predestinato all’inferno la maggior parte degli uomini (massa damnationis!), e che essi – solo essi! – erano i predestinati a una salvezza così arbitraria e ad un cielo così poco popolato! Esistono persone spregevoli che godono di essere salvate solo se gli altri sono perduti. Quanto più nobile, in confronto, il rifiuto di C. Péguy a salvarsi da solo: Finché c’è un uomo fuori, la porta che gli è chiusa in faccia, chiude una città di ingiustizia e di odio.
  3. Sono pochi quelli che si salvano? È una domanda alla quale Dio non risponde, perché la semplice curiosità non merita nessuna risposta A questa domanda, in cui ha più posto la curiosità che la volontà di convertirsi, Cristo risponde in maniera ambigua. Non accontenta la nostra curiosità, ma ci invita a scegliere il bene con perseveranza. Da una parte afferma l’amore di Dio e la sua volontà di salvezza: Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio suo nel mondo. E d’altra parte ci mette in guardia: Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Come conciliare queste affermazioni? Questi due testi non si contraddicono, ma lasciano tra loro un margine, una indeterminazione che è proprio il campo della nostra azione, la misura della nostra libertà. Se ci fossero state più precisazioni, saremmo scoraggiati dall’agire, o per disperazione o per presunzione. Sarebbe la fine per la nostra responsabilità sapere che tutti sono salvi o che tutti sono dannati. Cristo ci annuncia solo che la salvezza è offerta a tutti, poiché è Dio Padre che la propone, ma che può essere rifiutata poiché è l’uomo libero che ne dispone. Era necessario lasciarci in questa incertezza per evitare o la disperazione o la presunzione.
  4. Vi è tuttavia una precisazione che Cristo ritiene essenziale: la salvezza non si deciderà in base alle relazioni di familiarità con lui, ai diritti ereditari, all’appartenenza biologica, ad attività religiose … ma unicamente in base al compimento della volontà del Padre. Non sarà il semplice adempimento degli atti cultuali più sacri in religione che automaticamente ci salveranno, ma l’obbedienza al grande comandamento di Cristo: Amatevi gli uni gli altri! Porre la questione teorica del numero dei salvati non serve a nulla. Che la porta della salvezza sia stretta, lo sappiamo. Ciò che conta è agire con coraggio, restando vigilanti sino alla fine, perché non c’è prenotazione che ci garantisca un posto nel regno di Dio. Verranno da oriente e occidente, dal nord e dal sud del mondo e siederanno a mensa. Il sogno di Dio: far sorgere figli da ogni dove. Li raccoglie, per una offerta di felicità, da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno, arrivati ultimi e da lui considerati primi. Gesù li riconosce dall’odore, lui che con le pecore sperdute, sofferenti, malate si è mischiato per tutta la vita. Li riconosce perché sanno il suo stesso odore.
  5. Sforzatevi di entrare per la porta stretta. Non importa sapere quanti si salvano, ma come ci si salva. Gesù è una persona leale: La porta è stretta. Egli non ci attira con gli specchietti né con la demagogia. Dopo avere ricordato questa esigente verità, Cristo sviluppa una conseguenza: se la porta della salvezza è stretta, allora tutte le strade larghe non portano a Dio. Neppure quelle che portano in chiesa, per ricevere i sacramenti … perché siamo salvati dall’amore reale e non dalle belle parole: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Via da me, operatori di iniquità. Mangiare e bere il corpo e il sangue del Signore ogni domenica, ascoltare la sua parola, moltiplicare le preghiere è importante ma non è ancora decisivo. Alla liturgia va unita la vita, la religione deve innervarsi nell’esistenza, la preghiera deve fiorire in carità. L’accento cade tutto su quell’operare, che significa esistenza coerente, amore di Dio e servizio del prossimo. E per rovinare ancor più i nostri sonni tranquilli, Gesù aggiunge che un cristiano può essere condannato, mentre può essere salvato un non-cristiano. La strada di Dio è aperta a tutti, nessuno è escluso, nessuno è privilegiato. L’unico vero problema è trovare Dio, non a livello mentale, ma esistenziale, vivendo nella carità. Noi possiamo partecipare a messe, ascoltare prediche, dirci cristiani, difendere la croce come simbolo di una civiltà, ma tutto questo non basta. La fede autentica scende in quel profondo dove nascono le azioni, i pensieri, i sogni, e di là esonda per plasmare tutta intera la vita. Perché le cose di Dio e le cose dell’uomo sono indissolubili. Infatti, quelli che bussano alla porta chiusa hanno compiuto sì azioni per Dio, ma nessuna azione per i fratelli. Non basta mangiare Gesù che è il pane: occorre farsi pane.
  6. Spesso siamo tentati di circoscrivere la salvezza solo alla propria chiesa, al proprio gruppo, alla propria fede, costruendo barriere e distinguo. Al regno di Dio, invece, sono ammessi tutti i giusti che hanno lodato Dio e servito il prossimo con cuore sincero, pur nella diversità delle confessioni religiose. È utile ricordare la scena del giudizio finale descritta da Matteo, nel capitolo 25: non solo tutti quelli che hanno accettato esplicitamente il Cristo (solo in Cristo c’è salvezza: Io ero malato …), ma anche chi lo ignora (Quando ti abbiamo visto malato? …). Non saremo esaminati sulla teologia ma sull’antropologia, non sulle ore di adorazione ma di servizio, non sulle vesti liturgiche ma sul grembiule, non sulle annunciazioni ma sulle visitazioni. Per questo la Bibbia ci presenta santi pagani come Enoc, Noè, Giobbe. A questo punto possiamo anche idealmente completare la frase dell’Apocalisse: Apparve una moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo, lingua e religione. Noi possiamo anche distinguerci e distinguere (frontiere, bandiere, religioni, libri sacri, luoghi di culto, teologie, codici canonici, tradizioni, lingue, simboli, liturgie, preghiere …); è anche un bene, perché questa diversità è sinonimo di ricchezza. Ogni spirito loda il Signore come sa! Le diversità diventano un pericolo per l’uomo e un’offesa per Dio quando subentra l’arroganza, l’intolleranza, il rifiuto delle minoranze e delle diversità.
  7. Noi cristiani abbiamo molte cose da farci perdonare. Il cristianesimo è entrato nel mondo come un piccolo gregge; Paolo si chiedeva dove fossero nel cristianesimo i sapienti e i potenti; poi il cristianesimo ha cercato l’affermazione, il potere, il primato: da religione perseguitata sotto i romani è diventata religione tollerata sotto Costantino, poi unica religione di Stato sotto Teodosio, e infine cuius regio eius et religio! Il concetto di tolleranza lo dobbiamo agli illuministi; a tanti teologi dobbiamo invece i Tractatus adversus; a tanti imperatori e papi dobbiamo purtroppo il ghetto, le scomuniche, le crociate, le persecuzioni …
  8. Gli eletti, i salvati, sono gente invisibile. Nessuno li conosce. Ritorniamo tutti a casa, alla fine di una giornata, ciascuno con la propria vita, i propri affanni, le proprie speranze. I nostri volti si somigliano, i nostri corpi sono simili, eppure ciascuno nasconde un segreto: quanti di noi si salveranno, e chi, e

perché? Forse quell’uomo preoccupato, quella donna sorridente, quel bimbo che gioca, quel mendicante triste, quel vigile urbano, quel marocchino che vende accendini, quel ragazzo in bici, quel vecchio che fuma? Chi di costoro sta davvero bussando a quella porta stretta? Chi siederà a mensa nel regno di Dio? È domenica. Entriamo in chiesa: i fedeli cantano, pregano, si confessano, ricevono il Signore … Forse questi fedeli cristiani si salveranno? Mai come oggi è ignoto chi siano gli eletti. Il nostro Oriente e il nostro Occidente non sono più una dimensione geografica ma spirituale. Cristiani per nascita, per anagrafe, per abitudine, supponiamo di avere un posto nel cielo, ne siamo tanto certi che non ci pensiamo, e intanto l’esercito degli sconosciuti ci precede. Ricordo un fatto di cronaca: una madre si uccide sotto un treno con i suoi due bambini. Era disperata! Si nega loro la funzione religiosa, il portone della chiesa non si apre per loro. Ma forse si apre proprio quella porta stretta, che introduce nel regno di Dio. Forse i grandi occhi tristi di Dio guardano là dove noi non sappiamo, dove i nostri cuori inariditi non osano spingere lo sguardo. Dagli uomini quella madre è stata condannata, ma è stata assolta da Dio: a vobis damnamur, a Deo absolvimur! (Tertulliano, Apologeticum). È meraviglioso! BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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