TANTA STORIA IN UNA SEMPLICE FRASE!

18 ottobre 2020 – XXIX Domenica (T.O.)

TANTA STORIA IN UNA SEMPLICE FRASE!

Gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura: Ho preso Ciro per la destra, anche se non mi conosce (Is 45,1). Seconda lettura: Il nostro Vangelo non si è diffuso tra voi per mezzo della parola ma dello Spirito (1Ts 1,1). Terza lettura: Restituite a Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio (Mt 22,15).

La domenica “del cristiano nel mondo”

1) Continua la controversia di Gesù con i capi del popolo. Ora questi gli sottopongono una questione pratica di politica: è lecito pagare le tasse all’usurpatore romano? La risposta di Gesù (v. 21) è una furba scappatoia? Si sa che gli zeloti non volevano pagarle, per motivi

religiosi, affermando che l’unico sovrano degli ebrei era Dio. Gesù nella risposta non dà una valutazione politica sulla bontà dello Stato romano, ma afferma un principio morale: non vanno messi in alternativa l’autorità divina e quella umana. Certo, l’amore di Dio supera ogni cosa, ma non è lecito concepire la religione fuori dalla storia.

Ciro, l’eletto del Signore

2) Da circa 30 anni gli ebrei si trovavano in esilio a Babilonia quando, intorno al 550 a.C., sorse un profeta, anonimo, che gli studiosi hanno chiamato Deutero-Isaia, ed è l’autore dei capp. 40–55. Da questi 15 capitoli traspare una personalità molto forte e un teologo raffinato; a lui sono attribuiti i famosi quattro canti o carmi del “Servo sofferente”. Dove gli altri vedevano semplici eventi, intrighi politici, spedizioni militari… egli seppe scorgere il piano di Dio. Ecco cosa vede: Babilonia la sanguinaria è potente ma ancora per poco, perché appare un nuovo sovrano, Ciro, il re dei persiani, che conquista tutti i regni dell’Asia Minore e dell’Oriente. Emana un decreto nel quale

autorizza tutti i deportati a ritornare nel loro paese, anzi, egli stesso vuole contribuire alla loro ricostruzione (Esd 1,1-14). Ciro viene chiamato da Dio come eletto, meglio, come unto, messia, cristo. Naturalmente non era il Messia ma portò a compimento l’opera di Dio, anche senza saperlo (Is 45,4). Il Deutero-Isaia inaugura qui la famosa “teologia dello strumento”: volenti o nolenti, coscienti o incoscienti, siamo tutti strumenti che Dio usa per realizzare il suo disegno! Con una differenza: volentem ducit, nolentem trahit Deus!

3) Nella prima lettura abbiamo un dato davvero interessante: il termine “cristo” viene attribuito niente di meno che al re dei persiani, Ciro (Is 45,1). Ne deriva un insegnamento profondo: per realizzare il suo Regno, Dio non fa differenza tra cristiani e non; sono importanti anche coloro che vivono fuori dalla nostra Chiesa. Ciro era fuori d’Israele, non conosceva il Dio degli ebrei, eppure diventa il cristo di Dio. Non ha senso dividere i politici in uomini di Dio e uomini senza Dio, perché la politica si qualifica in relazione alla giustizia e alla pace, non alla liturgia o ai sacramenti. Nessuno si sottrae a Dio, nemmeno Ciro, nemmeno i capi di Stato, i parlamenti, il popolo sovrano. Ma per sapere se un politico è il “messia di Dio” non dobbiamo vedere se porta la croce sugli scudi, la croce sulla corona, la croce nella sala del trono… ma se il sovrano promuove il bene di tutti e dei singoli, se è dalla parte dei deboli e degli ultimi.

Né teocrazia né laicismo

4) Questo episodio del Vangelo ha ricevuto plastica raffigurazione nella Chiesa del Carmine, a Firenze: si vede Gesù che ordina a Pietro di pagare il tributo. I furbi amano mettere in difficoltà l’avversario. I farisei lo hanno fatto spesso con Gesù. E ogni volta sono stati svergognati! Questa volta ricorrono ad un tranello politico. Gli ebrei erano occupati dai romani; un’occupazione odiosa, che violava i valori religiosi degli ebrei, e spremeva tasse esose alla popolazione. Pagare il tributo a Cesare pesava sugli ebrei come un macigno. Per essi, tutto era di Dio, le profondità della terra e le cime dei monti. Tutto! Sappiamo che alla nascita di Cristo era in atto un censimento, non certo perché Roma amasse gli ebrei, ma per organizzare al meglio la riscossione delle tasse. L’imperatore romano esigeva da ogni suddito che avesse 14 anni se uomo e 12 se donna, fino a 65 anni, il versamento all’erario di un denaro all’anno. Era il tributum capitis o testatico. Le tasse sono

sempre odiose, ma per gli ebrei ancor più perché il denaro richiesto aveva su un lato la figura dell’imperatore con la scritta “Tiberio Cesare, figlio augusto del divino Augusto” e sul retro il titolo “Sommo Pontefice”, con l’immagine di una donna seduta, simbolo della pace, forse Livia, la madre di Tiberio. Per gli ebrei, pagare il tributo era un atto di blasfemia, di idolatria! I farisei, amici degli ebrei, si fanno accompagnare da alcuni erodiani, amici dei romani: una mossa astuta! Questa è la domanda: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Un no piaceva ai farisei, nazionalisti, ortodossi; un sì piaceva agli erodiani, filoromani, e perciò odiati dal popolo ebraico. Da un lato, i

romani e gli erodiani assegnavano il primato a Cesare; dall’altro, gli zeloti e i teocratici assegnavano il primato a Dio. Il dilemma era mortale: il “no” avrebbe provocato la denuncia di Gesù ai romani come ribelle; il “sì” gli avrebbe inimicato il popolo ebraico. A queste volpi diplomatiche, Gesù risponde in modo poco diplomatico: “Ipocriti, perché mi tentate?”. Poi proclama un principio che ancora oggi conserva tutta la sua attualità: “Restituite a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”. Che significa: anche se odiosi, i tributi si devono

pagare. Ma nessuna esortazione alla subordinazione cieca e totale. La moneta resta sempre un mezzo di scambio. L’uomo deve obbedire alla struttura amministrativa, e quindi deve pagare le tasse; ma quando la legge civile e la legge divina entrano in conflitto – è avvenuto tante volte, dai primi martiri ai nostri giorni – una sola è la legge a cui rispondere: quella della coscienza in rapporto con Dio. In questa frase c’è in nuce gran parte della storia europea, dalla lotta per le investiture al Kulturkampf, dai concordati alla “libera Chiesa in libero Stato”, dalle controversie sull’ora di religione all’intervento dei vescovi in tempo elettorale. Se Gesù avesse pronunciato anche solo questa frase, sarebbe passato alla storia.

Dio fa politica

5) Sbaglia Marx quando scrive che “la religione è l’oppio del popolo, è la coscienza capovolta di un mondo capovolto, è il sospiro della creatura oppressa, è il sentimento di un mondo senza cuore”. Il vero problema non è se fare politica o no, ma quale politica. La piccola politica, intesa come l’arte

del dominio sugli altri, l’accumulo di privilegi e ricchezze, è condannata dalla Bibbia. Alcune rivoluzioni politiche sono state affermate da Dio, e con fortezza, come quando Dio manda Mosè

dal faraone perché questi restituisca la libertà a Israele, o il profeta Natan dal re Davide per rimproverargli i suoi intrallazzi sentimental-politici, o Samuele al re Saul per non avere rispettato le indicazioni di Dio, o i profeti ai re e ai ricchi di Israele per avere oppresso gli ultimi e gli indifesi…Tutti questi episodi significano presenza politica di Dio nella storia.

Gesù fa politica

6) Anche Gesù non lascia in piedi nessuna struttura, contesta l’establishment socio-religioso del suo tempo: il sabato, il tempio, il culto, i sacrifici, le leggi, le tradizioni… vengono contestati quando sono assolutizzati, perché tutto appartiene all’uomo e l’uomo appartiene a Dio. E non ha paura di fare nomi: Erode è chiamato “una volpe”. Anche nell’episodio del tributo, Gesù condanna la piccola politica dell’arrivismo e del machiavellismo. L’evangelista Matteo fa subito capire la malizia dei farisei e degli altri esperti: volevano incastrare Gesù. Dire di pagare, significava essere odiato dal suo popolo; dire di non pagare significava essere condannato dalle autorità romane.

Gesù però comprende anche che il problema è molto serio e merita comunque una risposta. La domanda dei capi: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?” richiama quell’altra di Gesù: “E’ lecito o no guarire di sabato?”. E Gesù sappiamo come risponde. Certo, se al posto di una moneta romana, gli avessero presentato un dollaro americano, con sopra l’occhio del Dio biblico e la scritta “In God we trust”, Gesù avrebbe trovato qualche difficoltà a rispondere, ma ugualmente

sarebbe riuscito a rispondere. Gesù dice di “rendere a Cesare tutto quanto gli è dovuto”. Ma niente altro. Certi minuetti, certe alleanze, certi concordati, certi giri di valzer… con i poteri di questo mondo non sono per la gloria di Dio. Il verbo Ἀπόδοτε (Apòdote) andrebbe tradotto con “Restituite a Cesare… Restituite a Dio”. Che cosa? La moneta va restituita a Cesare perché su di essa è impresso il volto del suo padrone, ma l’uomo va restituito a Dio, perché su di lui è impresso il sacro volto di Dio e nessuno se ne può appropriare. Con ciò è condannata ogni forma di schiavitù, totalitarismo, sfruttamento… “L’uomo è il metro di tutte le cose”: questa verità è stata teorizzata in filosofia da Protagora. “Dio è il metro dell’uomo”: questa verità è indicata nella Bibbia con il racconto della creazione. Ecco il dramma dell’umanesimo ateo: avere dissociato queste due verità. Negato Dio, ogni antropologia finisce prima nel relativismo e nel nichilismo poi. Perciò un umanesimo fondato su Dio è anche più umano. Dio non mortifica l’uomo, ma lo vivifica. Il rapporto uomo-Dio non è estrinseco né eteronomo. Dio non è esteriore all’uomo, ma più intimo a lui di quanto egli non sia a se stesso: “intimior intimo meo” (Agostino).

La Chiesa fa politica

7) Per non sbagliare mai politica, la Chiesa dev’essere accanto al povero, all’ultimo, all’indifeso. Scriveva don Milani al sindacalista Pipetta: “Fintanto che tu lotterai per ottenere giustizia, sarò accanto a te; nel momento in cui avrai vinto, sarò contro di te”. Purtroppo, alcune volte, la Chiesa si è schierata dalla parte di don Rodrigo contro Renzo e Lucia; altre volte, si è alleata con i potenti di turno, e ancora oggi noi paghiamo le conseguenze di questo connubio tra trono e altare,

“sacerdotium et regnum”. A volte, la sete di potere e di denaro ha impedito alla Chiesa di leggere i segni dei tempi, e così i valori del Vangelo sono stati portati avanti da laici, rivoluzionari, filosofi,

enciclopedisti, marxisti… Le relazioni tra la religione e la politica in genere sono state relazioni intense e di convenienza. Soprattutto in questioni economiche, perché il potere religioso ed il potere politico hanno avuto bisogno reciprocamente l’uno dell’altro. Tante volte è successo che il potere politico ha favorito il potere religioso mediante donazioni o esenzioni fiscali; ed a sua volta il potere religioso ha appoggiato il potere politico “legittimando” le decisioni del re,

dell’imperatore, del capo dello Stato, etc. Questo è molto noto e scandaloso! BUONA VITA!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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