Trinità: Dio soffre la solitudine!

Domenica 15 giugno 2014

Trinità: Dio soffre la solitudine!

“Commento di don Franco Galeone”

(francescogaleone@libero.it)

 

Gesù con gli apostoli 

Tutto il creato è “imago” della Trinità

La festa della Trinità non è una festa astratta per intelletti metafisici, né un’occasione per dispute teologiche, ma un mistero pieno di luce e con forti suggestioni per la nostra esistenza. Grandi pittori, come Benozzo Gozzoli a San Gimignano, Rubens nella Galleria Nazionale di Praga, Dello Zoppo a Santo Spirito a Firenze e tanti altri hanno rappresentato S. Agostino che, meditabondo lungo la spiaggia, conversa con il Bambino intento ad un gioco: travasare tutto il mare in una piccola buca nella sabbia. Una bella leggenda, che la grande arte ha voluto illustrare per il suo alto simbolismo. Dio è mistero ineffabile: di Lui non sapremmo nulla, se Egli stesso non si rivela in qualche modo. Ma Dio si è anche fotografato nella nostra interiorità. S. Agostino ha scoperto questo documento fotografico nella interiorità dell’uomo: Essere, Conoscere, Amare. Per S. Agostino, anche l’uomo, nella sua profonda psicologia, è Trinità: esistenza, conoscenza, amore sono qualcosa di unico e di distinto.

 

Una delle novità maggiori di S. Agostino su questo tema sta nello scandaglio delle analogie trinitarie dell’animo umano. Conoscenza dell’uo­mo e conoscenza di Dio si illuminano a vicenda, quasi specularmente e realizzano perfettamente il progetto del filosofare agostiniano. Ha scritto S. Agostino: “Ti meraviglia il fatto che non comprendi? Se comprendi, non è più Dio. Toccare appena Dio con la nostra mente è grande gioia; comprenderLo del tutto è impossibile. Hai posto tante volte questa domanda, che ormai dubiti di trovare una risposta? Eppure ti dico: Dio è il solo che non può mai essere cercato inutilmente, neppure quando appare impossibile trovarLo”. Chi vuole vivere con Dio non si trova davanti ad una conclusione, ma sempre davanti ad un inizio, nuovo come ogni nuovo giorno. Dio è tanto inesauribile che quando è trovato, è ancora tutto da trovare!

 

La Trinità: “mistero” e non “problema”

Riflettiamo sul “mistero” della Trinità, non sul “problema” della Trinità. L’esistenzialista G. Marcel ci insegna la distinzione tra problema e mistero: il problema è qualcosa che non conosciamo, ma che, con l’affinamento della ragione e lo sviluppo della scienza, potremo conoscere; il mistero è invece qualcosa che mai comprenderemo, perché Lui comprende noi.Ignoramus et ignorabimus!Il mistero della Trinità ci fa toccare con mano la nostra povertà epistemologica, la fragilità delle nostre filosofie e teologie. Unico atteggiamento corretto è solo il silenzio, l’adorazione, l’ascolto. Il rischio è di parlare “della” Trinità come di un oggetto complicato, di un rompicapo mentale, di un crampo metafisico; la Trinità non è quel famoso occhio che ci spia nel triangolo; non significa che 1 è uguale a 3, ma che Dio è uno nella natura (monoteismo) e trino nelle persone (trinità). La Trinità non è un problema ma un mistero e mistero significa non assurdità ma verità superiore, luce accecante. Cosa c’è di più luminoso del sole? Eppure, per poterlo guardare con i nostri occhi, abbiamo bisogno di uno schermo oscuro!

 

Un libro dello scrittore francese Jean Claude Barreau ci aiuta a comprendere qualcosa di questo mistero. Un uomo armonioso e completo vive in tre dimensioni: il verticale (sopra), l’orizzontale (intorno), l’interiore (dentro). Grazie alla dimensione verticale, l’uomo riconosce l’autorità (il padre), si scopre figlio, impara l’obbedienza; grazie alla dimensione orizzontale, l’uomo riconosce quanti gli stanno attorno, si scopre fratello, impara la fraternità; grazie alla dimensione interiore, l’uomo riconosce il suo mondo profondo (anima), impara i valori dello spirito, diventa un essere libero. Chi resta solo “figlio”, diventerà un conservatore e un tutore dell’ordine; chi resta solo “fratello”, rifiuterà i valori dell’ordine e della disciplina; chi resta solo “interiore”, sarà portato a chiudersi nel suo piccolo ed egoistico mondo interiore. Applicando questa interpretazione alla Trinità, il credente, quando legge il Vangelo, incontra un Dio che sta sopra, il Padre appunto, sempre pronto ad accogliere, ma trova anche un Figlio che si è fatto nostro fratello; e infine Dio si trova nel nostro profondo, come dice S. Agostino: “intimior intimo meo”. Dio dev’essere trinità, famiglia, pluralità perché è Amore; se Dio è amore, dev’essere essere uno e molteplice, perché ogni vero amore tende all’unità e alla pluralità. L’esperienza della sessualità è illuminante: gli sposi nel rapporto sessuale cercano l’unità fisica e psichica, la fusione in una sola carne, ma questa si realizza non nel corpo degli sposi ma nella generazione del figlio; il padre e la madre possono dire in tutta verità: “Nostro figlio,il figlio del nostro amore”.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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