TUTTE LE ORE SONO BUONE PER INCONTRARE GESÙ

Domenica 19 marzo 2017

 

riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della domenica

a cura di Franco Galeone (Gruppo Biblico ebraico-cristiano) השרשים הקדושים

per contatti: francescogaleone@libero.it

III domenica di Quaresima/A

 

Il ricco episodio della samaritana è un saggio di iniziazione e di educazione alla fede; si tratta di una catechesi battesimale: Gesù si rivela progressivamente come colui che è più grande di Giacobbe, come colui che dona l’acqua viva, come un profeta che rivela i segreti, come il messia inviato dal Padre, e infine come il Salvatore del mondo.

1.Era verso mezzogiorno …

È bellissima questa pagina di Vangelo, dove niente è programmato, e tutto viene descritto con semplicità:  il pozzo, la calura nella sua ora più torrida, Gesù stanco e solo presso il pozzo, i discepoli in paese a comperare pane, una donna chiacchierata che viene ad attingere acqua … Ma quanti messaggi rivoluzionari vi sono contenuti! Certo, occorre conoscere un po’ la storia e i costumi degli ebrei di allora. Gesù, ad esempio, rivolge la parola a una donna, cosa che stupisce persino lei, oltre che gli apostoli: un rabbino, fuori casa, non poteva parlare neppure alla propria moglie; inoltre, si tratta di una donna samaritana, cioè di un’altra razza ed eretica, e, cosa più grave, è una donna dalla vita leggera. Ebbene, Gesù lo sa, e glielo dice anche, ma senza offenderla, anzi, diventano amici, che dico, lei diventa una missionaria! A una donna così, Gesù parla di cose sublimi: la vera fede, Dio adorato non più sul monte o nel tempio ma nello spirito e nella verità; addirittura le si rivela come messia e figlio di Dio. Tali rivelazioni le fa solo a lei, con nessuno presente. Quando i preti ci dicevano che Gesù sarebbe morto anche per salvare uno solo di noi, facevamo fatica a crederlo. Questo episodio della samaritana ci dimostra che è proprio così. Un amore folle di Dio per l’uomo, anche per l’ultimo disgraziato, fa parte del suo stile. Come salvare un ladrone in croce, solo grazie a un atto di dolore.

  1. Risorgere si può

Cristo non si ferma al pozzo perché ha un appuntamento con qualcuno da convertire, ma solo perché ha sete; la donna arriva al pozzo non perché ha sentito parlare di Cristo, ma solo per prendere acqua. Ci troviamo di fronte a due assetati! Suscita meraviglia solo l’ora: è insolito andare al pozzo in Israele a mezzogiorno, quando il sole spacca anche le pietre. Ma un motivo forse c’è: è una donna che esercita il mestiere più antico del mondo, ha già avuto cinque mariti, e perciò vuole evitare le frecciate di altre donne. Poi, l’incontro con Gesù. Quando lo si incontra davvero, la vita cambia; la nostra esistenza con i suoi compromessi, le sue tortuosità sentimentali, il suo grigiore, la sua disperazione. Ce lo dimostra questa donna. Anche pochi istanti prima della morte, una preghiera, un gesto di fiducia e il ladrone diventa “buon” ladrone. Davvero da ogni sepolcro si può uscire, da ogni tomba si può risorgere! Davvero ogni Maddalena può diventare santa Maddalena! Davvero tutte le ore sono buone per ricevere la salvezza, anche nella calura del mezzogiorno!

  1. Dal dogma all’etica

Il primo grande insegnamento di Gesù: dove si deve adorare Dio? Quale religione è quella vera? In cosa consiste il culto autentico? Le religioni di tutti i tempi si sono preoccupate di rispondere a queste domande: la definizione di uno spazio sacro e la ricerca di un centro (F. Lenoir). Gesù ha detto che, a partire da quel momento, la vera religione, il vero tempio, il centro di tutto non stanno né in questo luogo né in un altro, né in questa religione né in quella, ma nel cuore dell’uomo, nell’incontro con l’altro. Nell’incontro con la samaritana, Gesù passò dalla religione esteriore alla spiritualità interiore, dalla teologia all’antropologia, dal dogma alla vita. A nessuno sarà chiesto quale sia il suo credo, se abbia pregato sul Garizim o a Gerusalemme o nel Vaticano, in una moschea o in una sinagoga o in una cattedrale: tutto questo – che tanto preoccupa gli uomini di chiesa! – per Dio non sembra avere importanza decisiva (Mt 25,35). Non ci salviamo perché battezzati o circoncisi, perché educati in una scuola cattolica o in una ieshivàh rabbinica o in una moschea musulmana. Davanti a Dio esiste questa sola distinzione: chi costruisce la Civiltà dell’Amore e chi la Torre di Babele, chi ascolta Dio e chi lo rifiuta (At 10,34). Ci si può salvare senza culto, senza battesimo, senza eucaristia, senza cerimonie … ma è impossibile salvarsi senza carità, senza l’olio della bontà nella vita (Mt 25,1). Liberata dalle angustie delle teologie, la fede ritrova le dimensioni dell’Alleanza, della solidarietà, della simpatia. Non abbandoniamo la nostra certezza che Gesù è la salvezza, solo che non diamo a questa salvezza le nostre dimensioni giuridiche, le nostre definizioni canoniche. Questo significa che dobbiamo, noi occidentali, percorrere un itinerario di penitenza storica, perché abbiamo costruito troppe religioni, teologie, liturgie, leggi, teorie … che dividono e offendono la paternità universale di Dio.

  1. Il peccato è il passato!

La samaritana ricorda a Gesù il passato: non ci sono buone relazioni tra giudei e samaritani; gli stessi apostoli sono mentalmente legati al passato, quando si meravigliano che Gesù parla a una donna; insegnare la Legge a una donna era cosa indecente, come dare le perle ai cani. Gesù ci lascia intravedere il futuro di Dio. Quando dice che non si adorerà Dio nel tempio di Gerusalemme né sul sacro monte Garizim, dice qualcosa che appartiene più al futuro che al passato. Di chiese ne abbiamo costruite tante, e una contro l’altra! Per i cattolici, gli eretici erano tanti: protestanti, mussulmani, ebrei, atei … Avevamo anche regole rigide che impedivano contatti con loro. Il dialogo era tollerato come forma di carità, ma tenendo separate le coscienze, perché la verità è più importante della carità. E la verità è la nostra, naturalmente! Il peccato è il passato! Gli ebrei cadevano in peccato quando ricordavano con nostalgia il passato in Egitto: la schiavitù abbandonata era per loro più tranquilla rispetto al futuro della Terra Promessa: la schiavitù non pone problemi al futuro. Cercare il proprio futuro significa il rischio dell’incertezza, rifiutare ogni sistemazione definitiva. Chi è contento del presente, corre il rischio di abitare in Egitto, sotto i faraoni, in mezzo alle catene, sotto il peso della nostalgia. BUONA VITA e AUGURI a quanti portano il santo nome di GIUSEPPE!

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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