Un accostamento di formidabile pathos alla ns.Italia ed all’Occidente in genere . 2011 L.L.

L’ultima ora di Venezia (Adattamento all’Italia)

E’ fosco l’aere,
é l’onda muta!…
ed io sul tacito
veron seduto,
in solitaria
malinconia
ti guardo e lagrimo,
Italia mia!

Sui rotti nugoli
dell’occidente
il raggio perdesi
del sol morente,
e mesto sibila
per l’aria bruna
l’ultimo gemito
della laguna.

Passa una gondola
della città:
– Ehi, della gondola,
qual novità?
– Il morbo infuria
il pan ci manca,
sul ponte sventola
bandiera banca!

No, no, non splendere
su tanti guai,
sole d’Italia,
non splender mai!
E sulla veneta
spenta fortuna
sia eterno il gemito
della laguna.

Italia! l’ultima
ore é venuta;
illustre martire
tu sei perduta…
Il morbo infuria,
il pan ti manca,
sul ponte sventola
bandiera bianca!

Ma non le ignivome
palle roventi,
né i mille fulmini
su te stridenti,
troncan ai liberi
tuoi dì lo stame…
Viva l’ Italia!
Muor di fame.

Sulle tue pagine
scolpisci, o Storia,
l’altrui nequizie
e la sua gloria,
e grida ai posteri:
Tre volte infame
chi vuol l’ Italia
morta di fame!

Viva l’ Italia!
Feroce, altiera
difese intrepida
la sua bandiera:
ma il morbo infuria
il pan le manca…
sul ponte sventola
bandiera bianca!

Ed ora infrangasi
qui sulla pietra
finch’è ancor libera
questa mia cetra;
a Te, Venezia,
l’ultimo canto,
l’ultimo bacio,
l’ultimo pianto!

Ramingo ed esule
sul suol straniero,
vivrai, Italia,
nel mio pensiero,
vivrai nel tempio
qui del mio core
come l’immagine
del primo amore.

Ma il vento sibila,

ma l’onda è scura,
ma tutta in gemito
é la natura;
le corde stridono,
la voce manca….
sul ponte sventola
bandiera bianca! 

CERTO CHE LA LIBERTA’ DI STAMPA E D’INFORMAZIONE ORMAI PUO’ DIFFONDERE DI TUTTO, MA ALLA FINE LE MACRO-BALLE CHE O PRIMA O POI VENGONO A GALLA, DOPO AVER FATTO  DANNI DI OGNI GENERE , CREANO COMUNQUE CONFUSIONE E SFIDUCIA.

SEGUE UN TIPICO ESEMPIO CHE SOLO SULLA GUERRA LIBICA FA PARTE DI UN INFINITO ELENCO DI FALSITA’ INDEGNE STROMBAZZATE, POI FORSE ,RIPETO FORSE, CORRETTE IN 80^ PAGINA.

MA QUALCHE MAGISTRATO , CHE NON SI OCCUPI A PIENO TEMPO SOLO DI AMENITA’, DOVREBBE IMPORRE  AI MEDIA DEPISTATI O LA RETTIFICA DI PARI ENFASI OD UN’AMMENDA ADEGUATA.

I LETTORI IN BUONA FEDE ALTRESI’ PUNISCANO GLI EDITORI DI TESTATE E PROGRAMMI CHE ALL’INSEGNA DELLO SCOOP CALPESTANO LA VERITA’.

QUI SI ACCENNA A “LA REPUBBLICA” , CAPOFILA SENZA VERGOGNA DI UNA FOLTA SCHIERA DELLA DISINFORMAZIONE IN ITALIA 

L.LACONICO

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http://www.agoravox.it/Libia-nuove-menzogne-dei.html

Libia: nuove menzogne dei principali media italiani e internazionali

 

Tripoli, Abu Slim, 25 settembre: un buco con alcune ossa animali diventa fossa comune con oltre 1.200 corpi (o forse 1.700). 

Avevano già funzionato benissimo a febbraio le false fosse comuni sul mare di Tripoli: un video e delle foto, il sito americano One day on Earth aveva spacciato per tali il rifacimento di un cimitero avvenuto nell’agosto scorso. Il mondo credette, e anche se in pochi giorni il trucco fu svelato, chi se n’è accorto? Nell’immaginario rimanevano a pesare le “fosse scavate in fretta dai miliziani di Gheddafi” per nascondere parte dei “diecimila morti e 50mila feriti fra i manifestanti”, cifre sparate da un twitter della saudita Al Arabiya il 22 febbraio, fonte un sedicente membro libico del Tribunale penale internazionale, il quale ultimo lo sconfessava il giorno dopo, ma sempre invano. 

Come ha insegnato la propaganda di parte, dire menzogne enormi e ripeterle come un disco rotto paga; le smentite non saranno udite.

Adesso, forse poiché non ancora tutti i membri belligeranti della Nato hanno deciso il rinnovo dell’adesione alla Operazione Unified Protector, quella sì già rinnovata dalla Nato per gli ultimi tre mesi di quest’anno, era forse utile un’altra notizia della serie “demonizza il nemico per giustificare la presenza umanitaria internazionle e legittimare ulteriormente il nuovo regime libico”. Ed ecco che domenica 25, tal Salem Fergani membro del Tnc di Abdel Jalil (dal lontano febbraio autonominatosi “unico rappresentante del popolo libico”, poi via via riconosciuto da vari paesi), tira fuori dal cappello di prestigiatore (in dotazione a tutti i membri del Cnt, pare) un altro orrore: una fossa comune di prigionieri uccisi.

La prima forse a riferire con gioia è Al Jazeera che senza alcun dubbio titola nella versione inglese “Mass grave of Libyan prisoners found”. Il pezzo sul sito annuncia/denuncia: “Trovata una fossa comune con i resti di 1.700 prigionieri uccisi. La notizia è arrivata domenica mentre centinaia di combattenti del Cnt entrano a Sirte, che gli aerei Nato hanno bombardato due volte nella giornata”. Ovviamente Al Jazeera non si fa alcun problema per la città assediata, centrata dai Grad (quando li lanciavano i lealisti, la Nato li bombardava a tutto spiano perché sono un’arma indiscriminata e dunque “minaccia ai civili”), Sirte e le altre città bombardate e piene di civili. E sulla fossa prosegue: “Khalid Sharif, portavoce del consiglio militare del Cnt, dice: ‘abbiamo trovato il luogo dove tutti quei martiri sono sepolti’ aggiungendo che è ‘la prova degli atti criminali del regime di Gheddafi’”. Una prova necessaria. E Salim Al Ferjani, membro del Comitato nominato dal Cnt per identificare i resti, precisa: “Hanno infierito con l’acido sui corpi, per eliminare le tracce”. Non è male evocare una crudeltà ulteriore.

Poi il Cnt pensa bene di portare i giornalisti sul posto. Ma ecco cosa vede la Cnn, non certo filo-Gheddafi: non le ossa di migliaia di persone ma alcune ossa di animali senza nessuno scavo. La prima versione dell’articolo della Cnn, visibile fino a lunedì mattina, riferiva la dichiarazione del Cnt ma poi aggiungeva: “Non è chiaro se il sito sia una fossa comune, perché non ci sono stati scavi. Hanno mostrato ossa ai media, ma dei medici lì presenti con lo staff della Cnn hanno sostenuto che non sono ossa umane”. Poi questa frase, nell’articolo di cui al link, toglie il riferimento ai medici ma lascia i dubbi e diventa: “Il Cnt sospetta si tratti di una fossa comune, benché non ci siano stati scavi e non siano stati trovati resti umani. Un team della Cnn è stato portato sul posto, un campo fangoso, con altri media, e ha trovato solo ossa apparentemente animali”.

Non finisce qui: la Cnn precisa che secondo i “rivoluzionari” di Abdel Jalil il sito è stato individuato il 20 agosto. Allora perché la notizia fa scalpore adesso?

Comunque, in Italia i media non leggono la Cnn. E riprendono acriticamente la bufala di Al Jazeera. Primeggia Repubblica.it ad esempio cita come oro colato appunto Al Jazeera, come fonte sacra: “Una fossa comune con 1200 cadaveri è stata trovata nei pressi della prigione di Abu Salim. Lo riporta la tv qatariota (dal sito definita “panaraba”) Al Jazeera, confermando la notizia senza però fornire ulteriori dettagli”. (Il corsivo è nostro!). Poi Repubblica.it aggiunge di suo che fra i cadaveri ci sarebbero non solo i prigionieri del 1996 ma anche gli insorti di adesso.

Repubblica cartaceo dedica tutta la pagina 17 del 26 settembre, a firma Renato Caprile da Tripoli, alla triste scoperta: “1.700 cadaveri” (come se ogni cadavere fosse già lì, in evidenza sotto l’occhio del reporter), “una delle più agghiaccianti fosse comuni mai scoperte”. Il giornalista è portato sul posto a vedere il “cimitero senza lapidi” che “attivisti del Cnt” (attivisti, una bella definizione, non come mercenari o miliziani) hanno portato “ieri” alla luce. “La prova di un massacro”: un’altra delle pistole fumanti così necessarie a questa guerra. Ed ecco, scrive Caprile, “brandelli di stoffa intrisi di sangue e scoloriti dal tempo” (un armato del Cnt ha trovato “stringe al petto come una reliquia” proprio la tuta con il nome del suo vecchio amico Abdul Salem, il nome c’è ancora e così il foro del proiettile che l’ha ucciso 15 anni fa; l’ha trovata “come per miracolo”: già), “la prova di un massacro”. Insieme a “teschi, femori, tibbie, costole ammucchiati qua e là alla rinfusa”.

Come mai la Cnn ha visto altro?

Del resto, qualche settimana fa Repubblica.it parlava della denuncia delle amazzoni di Gheddafi (“Lui e tutti i suoi figli e i suoi funzionari ci stupravano”: un altro classico della guerra in Libia), senza controllare la fonte dalla quale proveniva, una fonte screditatissima dalla stessa Onu. E’ quella psicologa di Bengasi, la Sergewa, da cui era partita tutta la campagna diffamatoria nei confronti dei “mercenari di Gheddafi stupratori di massa”, campagna rivelatasi falsa. Repubblica non ricordava che la psicologa era già stata sbugiardata dall’inviato dell’Onu e da Amnesty. La quale ultima pure non è certo filoGheddafi. Ad esempio Amnesty, che a gran voce e a lungo ha denunciato l’assedio a Misurata da parte dei lealisti – vedi il rapporto Misurata nder Siege – da settimane tace sugli assedi alle città lealiste, che la Nato bombarda e il Cnt attacca dichiaratamente con Grad, missili che la Nato stessa chiama “armi indiscriminate”. Minaccia ai civili.

(Marinella Correggia)

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QUESTE ALTRE NOTIZIE SULL’INFORMAZIONE DOMINANTE SONO  RIMASTE TABU’,PER TENTARE DI NASCONDERE IL VERO VOLTO DELLE RIVOLTE “SPONTANEE” DELLA PRIMAVERA DEMOCRATICA !!!!!    

ALLORA W I FONDAMENTALISTI MUSULMANI, W GLI ANTI-CRISTIANI !

  10/10/2011 stampa invia

Libia, gruppo armato attacca moschea a Tripoli

 
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Profanate le tombe di due imam

Un gruppo di almeno 300 persone, quasi tute armate, ha assaltato una moschea a Tripoli, capitale della Libia. Nell’attacco sono state profanate anche due tombe di Imam. “Sono arrivati poco dopo le 22 di ieri sera e sono andati via verso l’1 di notte. Hanno forzato la porta d’ingresso della moschea e poi hanno scavato nel pavimento, aperto le tombe di Abdel Rahamne al Masri e Salem Abu Seif e trafugato le loro reliquie” ha detto un cittadino che vive vicino alla moschea all’agenzia Afp.

“Avevano tutti la barba ed erano vestiti con abiti militari. Erano sicuramente islamici estremisti che vogliono creare problemi, vogliono il potere e controllare la Libia” ha aggiunto l’uomo.

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10/10/2011 stampa invia

Egitto, esplode la rabbia dei cristiani Copti
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Scontri al Cairo, almeno 25 le vittime. Intervista a Giorgio Del Zanna, autore di I Cristiani e il Medio Oriente

L’ultimo bilancio degli scontri scoppiati ieri in Egitto, tra forze dell’ordine e dimostranti della minoranza copta, sarebbe di almeno trentasei morti, secondo fonti copte, mentre le autorità confermano ventiquattro vittime. Almeno duecento i feriti, più di quaranta gli arresti. Il primo ministro egiziano, Essam Sharaf, ha convocato oggi una riunione di emergenza del governo.

La protesta è degenerata, dopo che i cristiani copti, che in Egitto rappresentano più o meno il dieci per cento della popolazione, sono scesi in piazza per chiedere giustizia per l’incendio di una chiesa cristiana ad Assuan. La protesta dei copti al Cairo era stata annunciata nei giorni scorsi e doveva radunare decine di migliaia di fedeli in piazza Tahrir per manifestare anche contro il capo del Consiglio Supremo della Difesa, maresciallo Hussein Tantawi, accusato di non essersi impegnato per far rispettare i diritti dei cristiani egiziani da parte della maggioranza musulmana.

La comunità cristiana è furiosa anche perché, a loro dire, in vista delle elezioni legistavive fissate per il 28 novembre prossimo, la giunta militare al potere in Egitto dopo la caduta del regime di Mubarak, l’11 febbraio scorso, non avrebbe garantito ad altre forze il tempo necessario per organizzarsi. L’unica forza pronta sarebbe quella dei Fratelli Musulmani. L’imam della moschea di al-Azhar al Cairo, luogo chiave della fede islamica nel mondo, ha invitato oggi i leader cristiani per fermare questa spirale di violenza, ma la situazione è rovente.

”Come sempre, va detto, la situazione non è di facilissima comprensione. A noi giungono alcune notizie, ma il quadro complessivo non è semplice. L’Egitto, in questo momento, attraversa una fase di transizione molto complicata, in prossimità delle elezioni. In questo scenario molto fluido agiscono gruppi che tentano di accreditarsi, per influenzare la società egiziana e spingerla in una direzione piuttosto che verso un’altra”, commenta a Peacereporter Giorgio Del Zanna, ricercatore dell’Università Cattolica di Milano, autore del libro I Cristiani e il Medio Oriente, pubblicato dal Mulino.

”Il dato molto interessante emerso in questi mesi, a mio parere, è quello che ha visto i copti – soprattutto nei più giovani – particolarmente attivi e partecipi nel movimento di protesta che ha portato alla caduta del regime di Mubarak”, spiega Del Zanna. ”E’ importante che i copti, soprattutto le giovani generazioni, sentano di voler essere protagonisti in un passaggio di tipo democratico del’Egitto, società della quale i copti sono elemento imprescindibile nella definizione del futuro del Paese. Così come lo sono stati sempre nei passaggi chiave della storia dell’Egitto. Allo stesso tempo queste violenze, negli ultimi anni, si sono ripetute e vanno fermate, anche con una pressione internazionale, essendo un elemento chiave dell’equilibrio regionale”.

Quella egiziana non è l’unica comunità cristiana in fermento. I cristiani in Siria, ad esempio, vivono con paura un eventuale cambio di scenario politico a Damasco, al punto da schierarsi con i regimi come ha fatto lo stesso Shenuda III, papa della Chiesa ortodossa copta nelle prime ore della rivolta anti Mubarak. ”La comunità cristiana nel Nord Africa e in Medio Oriente ha un sentire particolare. Si percepisce che un equilibrio durato decenni possa finire, aprendo la strada a scenari in qualche modo peggiori della situazione precedente”, risponde Del Zanna. ”Lo scenario iracheno, in questo senso, ha fatto effetto. La caduta del regime di Saddam ha determinato un deterioramento della vita dei cristiani in Iraq e un massiccio esodo e oggi quella comunità è più che dimezzata. Ovvio che in Iraq l’intervento militare occidentale non ha aiutato, innescando una spirale di violenze. Ma lo scenario post-regimi, come nell’eventualità di un cambio al vertice della Siria, ad esempio, crea ansie e incertezze. E’ necessario, credo, lavorare molto a rafforzare i rapporti e le relazioni tra cristiani e musulmani, nei territori di origine, proteggendo e sostenendo il tessuto del dialogo tra queste comunità che esiste da sempre. Per costruire un clima di fiducia, perché in Siria come in Egitto il problema, adesso, è la sfiducia reciproca. Bisogna lavorare a sostenere equilibri che non siano più garantiti da un regime, per rimuovere quella situazione negativa per la quale una minoranza finisce per sentirsi maggiormente tutelata in una situazione illiberale”.

Christian Elia

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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