VII DOMENICA DEL T. O. – 20 FEBBR. 2022 – IL COMMENTO AL VANGELO A CURA DI DON FRANCO GALEONE

VII Domenica TO (C) — 20 febbraio 2022

Siate misericordiosi come il Padre vostro celeste!

Prima lettura: Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano (1 Sam 26). Seconda lettura: Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste (1 Cor 15, 45). Terza lettura: Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro! (Lc 6, 27).

Prima lettura (1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23)

1) Davide non era uno che si lasciava intenerire di fronte ai nemici o che dimenticava il male che gli era stato fatto (1Re 2,1-9); commise molti crimini, si sporcò le mani versando tanto sangue (1Cr 22,8), tuttavia l’episodio narrato nella lettura di oggi mostra come anche in lui ci fossero sentimenti nobili e generosi. Ecco il fatto: Saul lo sta inseguendo e, durante la notte, si accampa nel deserto di Zif. Davide lo vede e decide di incontrarlo. L’impresa è rischiosa, ma Abisài, suo nipote, un prode guerriero, si offre ad accompagnarlo. I due giungono da Saul e lo trovano addormentato in mezzo ai soldati. Abisài propone subito la sua soluzione, giusta secondo il modo di ragionare degli uomini: «Lascia che io lo inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo» (v.8). Davide non lo ascolta, sceglie il perdono: «Non ucciderlo – dice al nipote – perché egli è l’unto del Signore». Per quale ragione Saul viene risparmiato? Perché – dice Davide – malgrado sia colpevole, rimane pur sempre l’unto del Signore. E questo vale anche per ogni persona creata a immagine di Dio.

Il Vangelo (Lc 6, 27-38)

2) Dopo aver proclamato beati i discepoli perché sono poveri, perseguitati … Gesù si rivolge alle folle ed enuncia un principio innovativo: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano» (v.27). Questi quattro imperativi – amate, fate del bene, benedite, pregate! – sono la prova inequivocabile che Gesù rifiuta, nel modo più assoluto, il ricorso alla violenza. Contro il colpevole noi reagiamo, istintivamente, con l’aggressività. Siamo convinti che, “facendola pagare”, si ristabilisce la giustizia e a tutti viene data una lezione di vita. Ci sono cristiani che riconoscono, molto onestamente, che, anche sforzandosi, non riusciranno mai ad amare chi ha fatto loro del male. Gesù non esige che diventiamo amici di chi ci fa del male. Nemmeno lui ha provato simpatia per Anna e Caifa, per i farisei, per Erode che egli soprannominò ‘volpe’ (Lc 13,32), per Erodiade che aveva fatto uccidere il Battista (Mc 6,14-29). La simpatia non può essere comandata. Gesù chiede di amare, cioè di non guardare ai propri ‘diritti’, ma ai ‘bisogni’ dell’altro. Non è facile. Ecco la ragione per cui viene raccomandata la preghiera. Solo essa disarma il cuore. Gesù spiega la sua richiesta con quattro esempi concreti: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede e a chi prende del tuo, non richiederlo» (w.29-30).

3) Il brano continua con la cosiddetta regola d’oro: «Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (v.31). Non vuol dire che la misura nel bene da compiere è il nostro egoismo. Gesù suggerisce di porsi questa domanda: se fossimo noi nella sua condizione, che cosa desidereremmo che gli altri facessero per noi? Come vorremmo essere aiutati? Siamo sinceri: quando noi esigiamo giustizia per un torto subito, spesso non cerchiamo affatto il bene dell’altro, pensiamo solo a vendicarci. Osserviamo per esempio come, di fronte a un colpevole, sia diverso il comportamento di un giudice da quello della madre: il primo pronuncia la sentenza in base a un codice e vuole ristabilire la legalità; la seconda passa sopra a tutti i codici, si lascia guidare dal suo amore e pensa solo a recuperare il figlio.

4) Nei versetti seguenti (w.32-34) Gesù considera tre casi di uomini ‘giusti’: a) quelli che amano chi li ama, b) quelli che fanno del bene a chi fa loro del bene, c) quelli che fanno prestiti per poi ricevere il contraccambio. Si tratta di gente che compie azioni buone, certo, tuttavia il loro comportamento è dettato dal calcolo, dalla ricerca di un vantaggio. L’espressione «quale merito ne avrete?», ripetuta tre volte, traduce, purtroppo, in modo scorretto l’originale greco. Luca sceglie invece, e con molta finezza, un altro termine; dice: dove sta la vostra gratuità? cioè, cosa fate di gratuito? È la gratuità che caratterizza l’agire del cristiano. La proposta di Gesù è stata preparata da alcuni testi dell’Antico Testamento: «Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. E se vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo» (Es 23,4-5; cf. Lv 19,17-18.33-34). Anche i saggi pagani hanno dato consigli simili. Ricordo fra tutti Seneca: «Se vuoi imitare gli dèi, fa del bene anche agli ingrati, poiché il sole si alza anche sui malvagi». L’affermazione dello stoico Seneca sembra identica a quella del Vangelo; in realtà la prospettiva è radicalmente diversa: gli stoici non agivano in vista del bene del prossimo, ma mirano al raggiungimento della propria pace interiore (atarassìa e aponìa). Il brano si conclude con l’esortazione ai membri della comunità cristiana a rendere visibile agli occhi degli uomini il volto del Padre celeste (w.36-38). Potremmo così riassumere il messaggio del Vangelo dicendo che esistono tre categorie di persone: sul gradino più basso ci sono i malvagi (coloro che, pur ricevendo il bene, fanno il male); più su ci sono i giusti (coloro che rispondono al bene con il bene e al male con il male); infine ci sono coloro che al male rispondono con il bene. Solo costoro sono i figli di Dio. 5) «Benedite coloro che vi maledicono!». Il perdono è difficile, difficilissimo; occorre una grazia speciale di Dio. Perdonare è somigliare a Cristo! Se conserviamo odio, non dobbiamo scoraggiarci, ma pregare di più; in quella preghiera calma, silenziosa, a tu per tu con Dio, sentiremo a poco a poco placare l’odio, rinunzieremo alle meschine vendette, muoveremo il primo passo. Nella preghiera non accetteremo come definitiva la situazione di ingiustizia, ma cercheremo di fluidificare i sentimenti irrigiditi. Il passato, insomma, passa! Sotto il cielo nessuna situazione è immutabile. Il perdono rappresenta la novità. Chi rompe i circoli chiusi dei nostri bisticci, fa qualcosa di nuovo, come il Padre: Dio non fa piovere solo sui giusti, altrimenti la terra sarebbe già da tempo un deserto; Dio non illumina solo i buoni, altrimenti staremmo al buio tutta la vita. Occorre rompere la concatenazione degli atti violenti con un fatto nuovo. Perdonare è porre un atto nuovo. Niente di più rivoluzionario di un perdono sincero. Tutti abbiamo la vecchia abitudine di comportarci come le scimmie. Mi ha fatto questo? Lo ripago con la stessa moneta. Non usciremo più da questo cerchio infernale! Colui che, colpito su una guancia, restituisce lo schiaffo, non è che l’eco dell’altro. Ma se uno non restituisce, costui spezza una spirale di inutili vittorie, annulla il circolo vizioso della sterile vendetta. La novità è e sarà sempre rappresentata dall’amore, l’unica energia in grado di cambiare il mondo e la vita.

6) «Amate i vostri nemici!». Quando ascoltiamo parole come queste, proviamo un profondo imbarazzo. Da una parte, aderiamo sinceramente a queste parole, non solo perché sono parole di Gesù, ma anche perché sentiamo che sono vere. Dall’altra, comprendiamo subito che se i nemici sono perdonati, se porgiamo sempre la guancia ai violenti, sarebbe la fine! Siamo in un vicolo cieco, tra la necessità della giustizia, che ci porta lontano dall’amore, e la necessità dell’amore, che ci porta lontano dalla giustizia. È possibile una qualche soluzione? Noi affermiamo con sicurezza che se l’uomo è potente nel male, Dio è onnipotente nel bene. Anche Gesù è entrato nel mondo dei violenti, ha chiamato “sepolcri imbiancati” i potenti e i sacerdoti, che lo hanno tallonato fin dalla sua nascita. La parola di Gesù è una parola fallita umanamente; la croce è il fallimento della sua predicazione; eppure egli è l’uomo del futuro. Nessuno può realisticamente pensare di fermare la violenza grazie alla non-violenza. Ma noi dobbiamo essere convinti e convincere che la lotta non-violenta alla fine vince; che le vittorie ottenute con la violenza sono provvisorie, sono una semplice tregua che prepara un nuovo conflitto. I semplici e i puri di cuore passano per stolti, ma quanta sapienza in questa stoltezza! Beati coloro che credono nell’onnipotenza dell’amore, senza mai fare dell’amore la nebbia rosea che copre situazioni ingiuste! Buona vita!

השורשים  הקדושים = Le Sante Radici

Per contatti: francescogaleone@libero.it

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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