XXV Domenica tempo ordinario (C)

Gesù con gli apostoli“La ricchezza per costruire la fraternità”

<<Commento di don Franco Galeone>>

(francescogaleone@libero.it)

 

*  La domenica “dell’amministratore astuto”. Nella Sacra Scrittura, la ricchezza si presenta con un duplice volto: da un lato essa è presentata come una ricompensa che Dio concede ai giusti; dall’altro lato, la ricchezza è vista come un pericolo, un rischio che conduce all’idolatria e alla corruzione.  Il profeta Amos (prima lettura) denuncia con forza i furti commessi dai ricchi, lo scandalo della loro vita gaudente, la vergogna delle loro ingiustizie. “Ascoltate questo, voi che calpestate il povero”. Queste parole sono dell’illetterato profeta Amos, e sono parole di grande attualità. Lui parla di mercanti che speculano sui profitti, che nei giorni di festa organizzano i loro giochi di mercato, che usano bilance false, aumentano il prezzo dei prodotti, comperano le piccole proprietà dei poveri. Mettete al posto di questi anonimi speculatori le multinazionali e voi sentite l’attualità di questa profezia. Su tutti costoro piomba il giuramento-condanna di Dio: “Non dimenticherò mai le loro opere”.

 

Altrettanto severa è la condanna di Gesù nella parabola dell’amministratore disonesto, e respinge l’illusione di poter servire due padroni: Dio e Mammona. La parabola di questa domenica ha come protagonista un amministratore disonesto. Perché? Perché il Signore sa che le cose vanno spesso così; perché il cattivo esempio fa riflettere meglio: i figli delle tenebre sono più intraprendenti di noi. Sono parole dure quelle di questa parabola, per noi che amiamo gli equilibri, essere acrobati, conciliare il diavolo e l’acqua santa. E invece non possiamo servire due padroni, Dio e il Denaro.

 

*  Il mondo è sempre stato diviso tra ricchi e poveri. L’annuncio del regno di Dio viene fatto in un mondo diviso tra ricchi e poveri. La parola di Dio sconvolge il cuore dell’uomo, ma sconvolge anche un certo tipo di ordine sociale (o disordine costituito?). Il ricco non deve dare per buon cuore, per elemosina, ma è un suo preciso dovere che gli deriva da ciò che possiede: “Tanti pensano che quando si fa qualcosa per i poveri, si fa loro un dono, ma non è così. Quando si fa qualcosa per i poveri non si fa la carità, si paga un debito” (Don L. Milani).  Il povero, nella comunità cristiana, ha dei diritti. Ed il ricco deve sentirsi più un attento amministratore che un proprietario: “Non sei forse un ladro, tu che delle ricchezze di cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria? All’affamato appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che tu tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie, quanta è la gente cui tu potevi donare” (San Basilio). Ma questo rimprovero può essere capito e accolto solo dall’uomo nuovo che riscopre il valore delle cose. Senza la conversione del cuore, le ricchezze creano divisione.

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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