XXXI Domenica tempo ordinario (C)

Gesù che parla alla gente“L’incontro con Dio apre il cuore e le mani!”

<<Commento di don Franco Galeone>>

(francescogaleone@libero.it)

 

 

*  Il Vangelo di Luca è pieno di incontri tra Gesù e le persone. Oggi Gesù incontra Zaccheo, capo dei pubblicani e uomo ricco. Siamo di fronte a uno degli episodi più belli nella storia delle conversioni. La conversione è certo un dono di Dio, ma molto dipende anche dall’uomo. Zaccheo vuole vedere Gesù. Per vederLo, sale su un albero. Poi, accoglie Gesù in casa. Ed ancora, dona ai poveri. Ogni incontro con Gesù trasforma la vita. Zaccheo, da uomo di potere, diventa uomo di servizio. Zaccheo è un emarginato, un potente al servizio dei romani, un peccatore pubblico. Sfrutta  i deboli ma lo riconosce soltanto dopo la sua conversione. Il suo mestiere è la frode legalizzata. Egli  abita a Gerico – che significa “la profumata” – non forse un profumo di virtù, ma una raffinata e mondana stazione climatica. Zaccheo, il cui nome – ironia della sorte – significa “il puro”, è odiato da tutti a motivo del suo mestiere. 

 

*  “Oggi verrò in casa tua”. I farisei, vedendo Gesù avviarsi verso la casa di Zaccheo, avranno di certo sentito invidia e delusione. Non era più conveniente entrare nel santo luogo di una sinagoga o almeno nella casa di una persona rispettabile? L’uomo è un perfetto maestro di cerimonie, ma dimentica che lo Spirito soffia dove e quando e come vuole. Le vie del Signore non sono le vie dell’uomo. I farisei si scandalizzano: “E’ andato in casa di un peccatore!”. E se fosse venuto nella mia, nella tua casa, forse avrebbe ricevuto un’accoglienza migliore? Chi è degno di ospitare Dio? 

 

*  “Ecco, do la metà dei beni ai poveri e restituisco il quadruplo a chi ho frodato”. E’ il testamento di Zaccheo che si libera dall’aurea zavorra liberamente senza essere obbligato dalla paura della morte imminente. Il suo testamento è diverso dai nostri che nascono e iniziano con la formula, “Lascio …”, quando sarebbe più esatto scrivere: “Sono costretto a lasciare …”. Sembra diventato pazzo, ma ha incontrato il Signore. È l’ora della conversione, cioè capovolgere tutto. E’ l’elogio della pazzia evangelica! Invece noi, una volta incontrato Cristo, mettiamo le pantofole, diventiamo ragionevoli, la nostra massima virtù è la prudenza. L’aurea mediocrità!

 

*  “Oggi la salvezza è giunta in questa casa”. Non dice: “L’anima di Zaccheo è salvata, andrà in paradiso”. Non un imprecisato futuro, ma un felice presente: “Oggi”. La salvezza ha un suo immediato mordente con il reale, si realizza nel momento in cui prevale l’amore sull’odio. E Zaccheo come risponde? Non dice: “Signore, tu sei il messia”, ma concretamente: “La metà dei miei beni la do ai poveri; se ho frodato, restituisco il quadruplo”. Convertirsi, per Zaccheo, non vuol dire proclamare con la lingua “Io amo il Signore”, come fanno tante anime pie, che, lasciando intatte le strutture del male di cui sono responsabili, diventano religiose e generose di offerte alla chiesa. Occorre esaminare invece la propria complicità con il male, con le opere di morte, e cambiare direzione nella vita e nella professione.

 

*  Chi incontra Dio, apre il cuore e le mani. Il gesto esteriore del dare, come ogni gesto umano, è di per sé ambiguo: può essere egoismo camuffato, copertura allo sfruttamento; anzi, mezzo per continuarlo. L’uomo, quando incontra Di – come Zaccheo – scopre di essere amato, diventa capace di amare. Questa è la più bella definizione di cristiano: uno che, amato da Dio, diventa capace di amare gli altri. Gli altri non sono più oggetti da sfruttare o di cui godere; anche il denaro cambia direzione: al gesto di arraffare si sostituisce il donare; da oggetto di preda, diventa gesto di comunione.

 

 

 

 

*  La domenica “della preghiera autentica”. E’ stato detto che “un cristiano vale quanto la sua preghiera”. Ma possiamo anche dire che “una persona vale quanto prega”. Sì, la preghiera è fatta per vivere bene. Gesù, con la parabola del fariseo e del pubblicano, ci vuole insegnare quanto sia necessario essere assolutamente sinceri con Dio. Presentarci davanti a Dio per quello che siamo: sinceri, cioè “sine cera”, senza mascherine sul viso! Una cosa che Dio non sopporta è quella di crederci migliori degli altri. Davanti a Dio siamo tutti uguali, ma Dio ascolta sempre volentieri la preghiera dei peccatori, degli umili, dei pentiti.

 

*  “Due uomini salirono al Tempio per pregare”. L’evangelista Luca non scrive un ‘Tractatus de oratione’, non presenta idee sulla preghiera ma due persone concrete in preghiera, in opposizione, secondo la tecnica orientale del contrasto. E’ una pagina popolata non di uomini del passato, ma di uomini che vivono oggi nelle nostre comunità cristiane. Nella parabola ci sono due modi di concepire Dio ed il rapporto uomo-Dio: la preghiera del fariseo è un pretesto per lodarsi; più che pregare, egli si prega; prega nella posizione giusta: in piedi, testa alta, braccia sollevate al cielo, però ha bisogno dello sfondo scuro, dei peccati altrui per far risaltare meglio le proprie virtù; gli altri gli servono per distinguersi, per confrontarsi, per sopravvalutarsi. Il suo attacco è bellissimo: “Ti ringrazio, o Dio”; solo che non ringrazia Dio ma ringrazia se stesso!

 

* Il pubblicano esercita l’antipatico mestiere di riscuotere le tasse e, per giunta, è al servizio dei romani: sfruttatore, strozzino, ladro, collaborazionista, resta in fondo alla chiesa, non osa alzare gli occhi in alto, le mani al cielo. Vediamoli in azione, meglio in preghiera. Il fariseo, come un sacro pavone, sfoggia tutte le sue presunte virtù, in un crescendo di esagerazioni. “Io digiuno due volte la settimana, pago la decima su tutto ciò che acquisto”. In realtà, il digiuno è obbligatorio una volta all’anno, nel Giorno del Kippur, e la decima va pagata solo su farina, mosto, olio. Il pubblicano non confessa neppure le proprie colpe perché l’accusa dei peccati già l’ha fatto il fariseo al suo posto; il fariseo elenca le malefatte, il pubblicano chiede perdono. A questo punto entra in scena il Signore che ha visto e sentito tutto e sentenzia. Una conclusione sconcertante, un capovolgimento di posizioni, molto frequente nel Vangelo: “Il pubblicano è giustificato, il fariseo è condannato”. Due uomini erano saliti per pregare, ma uno solo ha veramente pregato. Dio non condanna le opere buone del fariseo né approva le disonestà del pubblicano. Ordina solo di “non giudicare”, di non credersi migliori di nessuno.    

 

* Noi cristiani, cattolici in modo speciale, dobbiamo eliminare il fariseismo, quell’atteggiamento cioè che considera legittima la divisione tra giusti e ingiusti. E’ il pericolo di ogni religione, il pericolo di chi ha dimestichezza con il sacro. Una improvvisa maturazione della coscienza ci ha fatto scoprire che certe distinzioni che sembravano incrollabili erano invece astute come quelle dei farisei. Le norme in base alle quali dividere i buoni dai cattivi non sono poi così assolute. Alcune pagine di Nietzsche, contenute nella ‘Genealogia della morale’, sono sempre attuali e indicative! L’esperienza della vita ci rende diffidenti verso ogni tentativo di catalogare civiltà e razze in ‘superiori’ e ‘inferiori’. Le distinzioni possono essere utili, ma a condizione che se ne riconosca la relatività. Quando si entra nel mistero del male, il pericolo è quello della disperazione. La preghiera diventa garanzia di pazienza e prospettiva di futuro.

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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