Mercoledì 16 settembre 2015
XXIV settimana del Tempo Ordinario

+ VANGELO (Lc 7,31-35)
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’Uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». Parola del Signore

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù chiedeva ai presenti quale considerazione doveva avere sulla gente che faceva di tutto tranne che pregare Dio. “A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile?”. La sua domanda conteneva già una risposta, lo stesso tono era di quelli che manifestano delusione.
A chi può paragonare oggi questa società che non prega, non pensa più a Dio, non riflette sull’aldilà, non pensa che i diavoli possono compiere quello che vogliono se non trovano la protezione divina in una persona.
Molte persone che vivono allegramente sono convinte di trovarsi in una situazione di realizzazione, ignorando che tutto apparentemente va bene solo perché si trovano già sulle braccia di satana e lui non disturba più di tanto…
A tutti quelli che temono di trovarsi in questa condizione dico di non abbattersi mai, ci vuole poco per svincolarsi dalle sue tenaglie e rifugiarsi nel Cuore Immacolato di Maria. Fate ogni giorno la consacrazione a Lei e la vostra vita cambierà http://www.gesuemaria.it/efficace-preghiera.html
Quando si comprende che la vita dissipata è solo illusione, che non lascia nulla di sostanzioso, la riflessione diventa più matura e le forze spirituali aumentano. La schiavitù vissuta da miliardi di persone che non riescono a distaccarsi dalla incivile mondanità, dai messaggini e da contatti banali è dannosa.
La testimonianza di Benedetta Perilli dal titolo: “Così mi sono liberata da Facebook”, è emblematica sulla vita di miliardi di persone.
«Ho disattivato il mio account Facebook da oltre un mese. Lo avevo aperto nel 2008 e dopo aver festeggiato sette compleanni insieme agli “auguriiii :-)” dei miei oltre 900 amici, visto nascere i loro figli, morire i loro gatti, crescere i loro amori, condiviso gioie e dolori di persone incontrate una sola volta nella vita, alla fine ho scelto di smettere di guardare le foto delle loro vacanze e dei loro panini.
L’ho fatto perché di Facebook ero diventata dipendente. Non solo non ero riuscita a dosare la mia presenza social, ma soprattutto non avevo dominato la compulsione di guardare perennemente lo schermo del telefonino muovendo in alto l’indice.
Dalla mattina -ancora nel letto- alla colazione, passando per il bagno (si salva la doccia perché lo smartphone non è impermeabile). Poi in macchina -al semaforo nessuno suona più quando scatta il rosso, come stanno tutti chattando su Facebook- al lavoro, dopo il lavoro, durante l’aperitivo mentre l’amico parla e tu lo ascolti ma non lo guardi perché gli occhi sono incollati sulla pagina biancoblu, a cena, dopocena, al cinema, al concerto, a letto.
Addormentarsi su Facebook. Come se fosse normale.
Non riguarda tanto sapere cosa stanno facendo gli altri o cosa sta succedendo nel mondo, quanto riempire i tempi morti della giornata -e non solo quelli- con un’azione artificiale. In attesa dal parrucchiere, in coda al supermercato, a una cena, in spiaggia: tirare fuori lo smartphone, piazzarsi sull’homepage del social preferito e restare lì mentre intorno la vita reale si muove.
Come i bambini davanti ai cartoni animati e i padri che guardano il Tour de France nei pomeriggi d’estate, tu gli parli ma non rispondono, sono assorti, quasi assuefatti.
A me con Facebook capitava la stessa cosa».

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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