ANCL Caserta
ARGOMENTI TRATTATI
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Diritto Penale
Per estendere il maltrattamento in famiglia nel lavoro è necessario il
contesto parafamiliare
La Cassazione, VI sezione penale, con la sentenza n. 12517 del 3
aprile 2012, stabilisce che rientra tra i reati di violenza privata,
ex articolo 610 del Codice penale, con laggravante, ex articolo 61 n.
11 del Codice penale, del rapporto di autorità esistente tra datore e
lavoratore, laggressione verbale sistematica, intenzionale e non
giustificata al dipendente da parte del datore.
Nel caso di specie, la dipendente invalida civile era stata assunta in
base alla legge 68/1999 sul diritto al lavoro dei disabili.
La sentenza della Cassazione riqualifica il fatto, che da reato di
maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del Codice penale), reato
esteso nel pregresso dalla Corte allambito lavorativo, viene cambiato
in reato di violenza privata, poiché il rapporto di sovraordinazione
proprio in sé del rapporto datore di lavoro e dipendente, le
dimensioni ridotte dellimpresa e limpegno lavorativo personale del
datore di lavoro non sono sufficienti ad integrare il contesto
parafamiliare, cioè con abitudini di vita lavorative simili a quelle
delle comunità familiari, necessario allimputazione di maltrattamenti
in famiglia.
Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 6 – L’insulto sul lavoro è
violenza privata – Monea
Fisco
L’accertamento con scarse prove è nullo
Una società presenta ricorso avverso un avviso di accertamento con il
quale si contestava l’utilizzo di fatture inesistenti sotto il
profilo
soggettivo. L’accertamento era scattato a seguito della
segnalazione
di un altro ufficio territorialmente competente, che stava effettuando
delle verifiche sulla società che aveva emesso le fatture in questione.
La Commissione tributaria provinciale di Bergamo, con la sentenza
63/1/2012, ha accolto il ricorso, rilevando la scarsa valenza
probatoria degli elementi che hanno portato a contestare i
comportamenti irregolari in sede di controllo (basati soprattutto sui
comportamenti irregolari dei responsabili della società che ha emesso
le fatture), avvalorata dal fatto che durante il controllo la società
utilizzatrice è risultata in regola.
Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 4 – Stop alla contestazione
basata su prove «deboli» – Falcone
Imposta di registro fissa per il decreto ingiuntivo e il relativo
accordo transattivo
Un accordo transattivo concluso tra una società tedesca ed una
italiana al fine di regolare i rapporti pendenti tra le due parti,
derivanti da un contratto per la distribuzione e commercializzazione
in Italia di un prodotto farmaceutico, sconta limposta di registro in
misura fissa e non proporzionale se lo stesso accordo è già soggetto
ad Iva e, inoltre, è citato nel decreto ingiuntivo emesso dal
Tribunale con lo scopo di invitare la società italiana a pagare la
seconda metà di quanto pattuito nella transazione.
Questo il principio espresso dalla Ctr Lombardia, con la sentenza n.
48/50/12.
La società tedesca, nel richiedere e ottenere dal Tribunale latto
ingiuntivo per lammontare oggetto di inadempimento, aveva pagato
limposta di registro in misura fissa non solo sul provvedimento
giurisdizionale ma anche sullenunciazione dellaccordo transattivo
contenuta nellaccordo ingiuntivo, ciò in virtù dellarticolo 22 del
dpr 131/1986 che prevede che nel caso di enunciazioni contenute in
atti scritti o contratti verbali non registrati posti in essere tra le
parti che hanno stipulato latto contenente lenunciazione, limposta
di registro si applica anche alle disposizioni enunciate.
Lagenzia delle Entrate ha ritenuto illegittimo il comportamento
dellimpresa tedesca accusandola di mancato versamento dellimposta di
registro in misura proporzionale del 3%.
La Ctr lombarda, nel confermare pienamente lorientamento di primo
grado, ha ribadito che i decreti ingiuntivi non possono essere
soggetti ad imposta di registro proporzionale per la parte in cui
dispongano il pagamento di corrispettivi già soggetti ad Iva. Inoltre,
il fatto che il decreto ingiuntivo contenga una enunciazione non è
circostanza idonea a trasformare un atto soggetto ad imposta fissa in
uno soggetto ad imposta proporzionale: la natura non novativa della
transazione è condizione per non applicare limposta di registro in
misura proporzionale riguardando lo stessa enunciazione importi
fatturati e già assoggettati a imposta sul valore aggiunto.
Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 4 – Registro fisso sull’atto
collegato – Boccalatte
Lavoro
Collegato lavoro. Termini sospesi solo per impugnare i licenziamenti
Il 31 dicembre 2011 è finito il periodo di sospensione disposto dal
decreto milleproroghe delle norme previste dal Collegato lavoro (legge
n. 183/2010), che hanno riformato i termini di impugnazione dei
licenziamenti dei rapporti flessibili e di alcune vicende economiche
dell’impresa. Pertanto, durante tutto il 2011 doveva essere
rispettato, a pena di decadenza, il termine di 60 giorni per impugnare
i contratti flessibili: ciò in quanto la sospensione disposta dal
decreto interessava esplicitamente solo il termine per impugnare il
licenziamento e non anche le altre situazioni previste dallarticolo
32 della legge n. 183/2010 (contratti flessibili, trasferimenti ecc.).
Queste le conclusioni a cui giunge il tribunale di Roma con la
sentenza n. 8841 del 15 maggio 2012.
Sulla base di tutto ciò, il Tribunale risolve una controversia sorta
dopo che un lavoratore somministrato aveva rivendicato la natura
irregolare del suo rapporto di lavoro richiedendo la trasformazione
del suo contratto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle
dipendenze dellimpresa utilizzatrice.
Nel fatto di specie, il lavoratore aveva impugnato il contratto al
termine dei 60 giorni dalla sua scadenza e limpresa utilizzatrice
aveva obiettato lintervenuta decadenza dal diritto a proporre
lazione in base al richiamato articolo 32 del Collegato lavoro.
Il lavoratore aveva eccepito a suo favore che allo scadere del suo
contratto di somministrazione era entrata in vigore la legge n.
10/2011, di conversione del milleproroghe, con conseguente sospensione
fino alla fine dellanno dei nuovi termini di impugnazione.
Il Tribunale di Roma non ha però accolto le motivazioni del
lavoratore specificando che la sospensione decisa dal milleproroghe
riguarda solo il termine per impugnare il licenziamento e non anche le
altre situazioni previste dall’articolo 32. Pertanto, il diritto ad
agire del lavoratore doveva considerarsi decaduto.
Tutto ciò – secondo il Tribunale è confermato dallo stesso tenore
letterale della legge n. 10/2011 che richiama espressamente solo
limpugnazione del licenziamento e, dunque, non è possibile estenderne
leffetto sospensivo anche a situazioni che sono regolate in maniera
autonoma rispetto ai licenziamenti.
La sentenza n. 8841 del 2012 contrasta con altre precedenti
formulazioni giurisprudenziali secondo le quali bisognerebbe
considerare sospesa l’applicabilità del Collegato lavoro, per tutto
il
2011, non solo per i licenziamenti ma anche per le altre situazioni
previste dalla legge. La norma oggetto di interpretazione appare,
dunque, sicuramente mal formulata per originare situazioni così
diametralmente opposte, con il rischio che le varie interpretazioni
possano conferire alla norma sospensiva un significato di fatto
diverso da quello attribuitole dallo stesso Parlamento.
Il Sole 24 Ore 27 maggio 2012 – Norme e Tributi, p. 15 – Sui contratti
flessibili ricorsi in 60 giorni – Falasca