Il seme di Dio cresce. L’uomo deve avere pazienza!
XI domenica del tempo orinario (B)
Il seme di Dio cresce. L’uomo deve avere pazienza!
“Commento di don Franco Galeoneâ€
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Quella forza di crescita dentro di noi!
Parlare delle due parabole proposte dal vangelo di oggi è facile e difficile insieme: facile, perché ci vengono raccontati due esempi molto comuni del mondo contadino; difficile per quell’alone indefinito di significati che caricano le parabole. Noi, uomini tecnologici, abbiamo ormai perduto il contatto con la semina; non vediamo più il gesto sacro e maestoso del seminatore, ma quello automatico e ripetitivo del braccio metallico della macchina. In ogni caso, la parola “seminare†è rimasta nel nostro vocabolario, basta pensare ai tanti “seminari†di cui sono piene le nostre università e le nostre città , anche se più che seminare si parla soltanto! Seminare è anzitutto donare ciò che ci appartiene, ciò cui siamo fortemente legati, da cui ci riesce doloroso il distacco; per questo un famoso salmo recita: “nell’andare, semina nel piantoâ€. Ma seminare è anche una fatica, è una scommessa, perché significa aprirsi agli altri, rimettere in discussione i nostri equilibri, le nostre sicurezze. Da questo piccolo seme di frumento, e da quello ancor più piccolo di senapa, vengono fuori tre grandi insegnamenti:
â–ª il primo è l’automaticità , la spontaneità , che traduce il greco “automátêâ€: nel processo di crescita del seme fino alla spiga c’è un automatismo che sfugge all’azione del contadino; di notte egli può anche dormire, ma sotto la terra la vita è in attività ; questo significa che noi dobbiamo imparare a stare più calmi, a non agitarci troppo; per esempio, spegnere il telefono, chiudere la bocca, fare notare la nostra assenza; qualche volta sedere in silenzio; smetterla con quell’aria di protagonisti salvatori del mondo; se non riusciamo a dormire, affacciamoci alla finestra e ascoltiamo il silenzio del cosmo, appoggiamo come gli indiani l’orecchio sulla terra e avvertiremo il movimento silenzioso della vita, senza che noi possiamo nulla;
â–ª c’è un altro insegnamento: la crescita, dovuta al dinamismo interiore del seme; Gesù lo fa capire con un climax efficace di verbi: “germoglia, cresce, produceâ€; il regno di Dio ha una sua efficacia intrinseca, nonostante la opacità del terreno o l’incapacità del contadino; noi facciamo qualcosa, ma il miracolo, il più, avviene senza il nostro intervento; noi spesso non abbiamo fiducia in questo piccolo seme, e diventiamo pessimisti, polemici, lamentosi; perciò lo scrittore Cioran ha scritto: “Il cristianesimo ha smesso di essere una fonte di stupore e di scandalo, di scatenare virtù e di fecondare intelligenzeâ€;
▪ il terzo insegnamento è quello del contrasto: da un alto c’è un seme, dall’altro c’è una spiga turgida di chicchi; da un alto c’è un granellino e dall’altro c’è un albero pieno di rami capace di accogliere gi uccelli.
Ricordiamole queste due parabole, piene di alberi, rami, frutti, germogli, uccelli, spighe, chicchi, contadino, senapa, ombra … Soprattutto quei preti inamidati, chiamati a spiegare la Parola di Dio. Alcuni decenni fa i preti avevano la terra attaccata agli scarponi; coltivavano il giardino e la vigna per il vino della messa, tenevano a posto la cantina, passeggiavano tra i campi e osservavano la natura; le loro prediche avevano poco della sacra eloquenza, ma sapevano farsi ascoltare e soprattutto capire. Oggi i preti non vanno in campagna ma sulle autostrade, le loro prediche sono perfette ma per niente interessanti, citano i più moderni “maîtres à penserâ€, discutono dell’ultimo romanzo che non è ancora uscito; per sentirli parlare di terra, di contadini, bisogna aspettare il vangelo di questa domenica, ma si vede subito che si muovono con difficoltà . Noi preti dobbiamo ricordare che il cristianesimo non è una dottrina che va dimostrata, ma un mistero che va raccontato. Mi chiedo: perché il cristianesimo non viene “raccontato†attraverso il linguaggio delle cose semplici, ma dev’essere spiegato attraverso le elucubrazioni della ragione raziocinante? Anche Gesù si chiedeva: “A che possiamo paragonare il regno di Dio? Con quale parabola possiamo descriverlo?â€. E si guardava intorno: la campagna, i semplici, la vita … Gesù davvero è venuto dall’alto, ma i suoi sandali erano pieni di terra e di vita!
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