RIFLESSIONI PLURI-TEMATICHE SUL VANGELO DELLA DOMENICA A CURA DI FRANCO GALEONE (GRUPPO BIBLICO EBRAICO-CRISTIANO)

26 novembre 2017

Ho avuto fame e … Ho avuto sete e… (Mt 25,31)

 

השורשים הקדושים

1) La festa di Cristo re dell’universo segna la conclusione dell’anno liturgico. Domenica prossima sarà la prima domenica di Avvento, un nuovo periodo di grazia, nell’attesa del Natale. L’evangelista Matteo ci presenta la scena finale, e lo fa attraverso l’immagine del pantocratore: Gesù, seduto sul trono nell’atto di giudicare e di separare. L’immagine viene presa dal libro di Ezechiele, il re-pastore, che giudica tra pecora e pecora (Ez 34,17) o tra pecore e capri (Mt 25,32). Il suo giudizio non terrà conto delle parole di devozione, ma delle opere di misericordia. Così anche questa grandiosa scena di giudizio ci impedisce di fantasticare su quel giorno, e ci obbliga a prestare attenzione agli ultimi e ai poveri, nel corpo e nello spirito. Gli uomini, tutti, saranno giudicati sulla carità! Anche coloro che, non avendo mai conosciuto Cristo, hanno potuto avere un contatto con Lui tramite i fratelli bisognosi. Anche i non cristiani, se sono uomini di buona volontà, saranno ammessi al Regno di Dio, sentiranno l’invito beatificante: “Venite, benedetti”. Il motivo è semplice: dove c’è amore, ivi c’è Dio!

Il mio Regno non è di questo mondo!

2) Questa festa di Cristo re, quando fu istituita da Pio XI, nel 1925, in pieno regime nazi-fascista, suscitò stupore e qualche obiezione: era proprio quello il momento di chiamare re il Cristo, mentre le vecchie monarchie scomparivano, e apparivano le nuove dittature (fascismo, nazismo, stalinismo)? Forse la Chiesa voleva impadronirsi del potere politico? Il Regno di Dio – quello predicato da Gesù – non è stato inaugurato con una solenne parata militare, ma con l’arresto del suo re; non è stato presentato al mondo con una solenne cerimonia ma con una croce e un crocifisso. Cristo ha sempre rifiutato di essere fatto re. Si è dichiarato re, quando questa parola non correva nessuno rischio di essere fraintesa: Gesù si trovava solo, prigioniero, legato davanti a Pilato: “Il mio Regno non è di questo mondo … I re della terra comandano … Chi vuole essere il primo diventi l’ultimo”. La parodia del processo è contenuta nella frase di Pilato: “Ecco il vostro re!”. Cristo è re perché è il solo che ci ami pienamente; è il solo che darebbe anche oggi la sua vita per me, per noi; è il solo che si fa mangiare da quanti cercano un senso alla loro vita. Cristo è re perché manifesta la sua potenza non creando una volta, ma perdonando settanta volte sette!

3) Ogni autorità deve imitare quella del Cristo; il primato del papa è un primato di funzione, di carità, di esemplarità. Nel cristianesimo non ci sono onori ma responsabilità, non presidenze ma servizi, non poltrone da coprire ma fratelli da ricoprire, non professionisti di carriera ma dilettanti di amore. Diceva Ignazio di Antiochia che, se primati ci devono essere, uno solo è accettabile: il primato e la presidenza dell’amore. Il titolo più bello con cui i papi abbiano firmato i loro documenti è servus servorum Dei! Non andiamo, quindi, a caccia di onori; non aspettiamoci riconoscenza; non contiamo sul successo. Non dominare ma servire! Come cambierebbero le nostre famiglie, le nostre parrocchie, i nostri governi se coloro che vogliono essere i primi, si facessero i servitori e gli ultimi! Cristo ha trionfato attraverso il fallimento, il tradimento, la morte. Non lanciamo anche noi la sfida: “Scendi dalla croce, finiscila di restare lì, immobile, inefficace, impotente”. Cristo, proprio restando in croce, rivela la sua infinita potenza di amore e di speranza. “Quando sarò sollevato, attirerò tutti a me”. Egli è sicuro di commuovere un giorno il meglio di noi, di metterci liberamente, affettuosamente, in ginocchio davanti a Lui e davanti ai fratelli, perché Cristo non vuole né sudditi né schiavi: “Non vi chiamo servi, ma amici”.

Ricevete il Regno preparato per voi …

4) In questo Vangelo, che ha affascinato tanti artisti, primo fra tutti Michelangelo con il suo Giudizio universale nella Cappella Sistina, due elementi vanno subito sottolineati: a) il giudice è il Cristo, proprio quell’uomo che ha conosciuto la povertà, il rifiuto, la morte; un autentico ribaltamento  di posizione: il giudicato diventa giudice, il condannato a morte diventa il signore della vita; b) dell’esame finale noi conosciamo già le domande; il tema sarà sul comandamento dell’amore; per essere promossi in questo esame finale sono del tutto inutili raccomandazioni o privilegi. Il Regno di Dio non è successivo, come una stagione che viene dopo un’altra, per cui ora bisogna accettare le regole di questo mondo, con la speranza però che in “futuro” avremo il Regno di Dio. E’ una religione alienante! Il Regno di Dio, quello vero, è all’interno della stagione che già noi viviamo; è già preparato dall’inizio dei tempi; è qualcosa di “eterno”; non è una struttura rimasta “in mente Dei”;  vi si entra se già ora ne accettiamo le leggi. In questo Regno entrano tutti coloro che compiono le opere di misericordia.

5) In Matteo 25,31, Gesù parla di azioni fatte o non fatte all’uomo, cioè a Gesù, cioè a Dio. Da tutto il brano si comprende che l’elemento determinante della religione non è la fede, ma l’etica. Nel brano del giudizio finale il vangelo afferma che l’etica è la realizzazione della fede. Se ci atteniamo al testo, Gesù non chiederà conto a nessuno della sua fede, delle sue idee religiose, dei suoi dubbi o delle sue oscurità teologiche, delle sue fedeltà o infedeltà alla dottrina della fede. Di più, nessuno dovrà rispondere del proprio agnosticismo o del proprio ateismo. Nessuno dovrà spiegare perché sia stato progressista o conservatore, di destra o di sinistra, ortodosso o eterodosso. Tutto questo, che tanto preoccupa la gente di chiesa, a Dio, non sembra essere il problema decisivo. Nel giudizio  finale, l’elemento determinante per la salvezza non è il sacro ma il profano, non è il reli­gioso ma il laico. La lista di cose che decideranno la salvezza o la perdizione nel giudizio ultimo riguarda tutte quelle cose che oggi definiremmo problemi umani. Quelle che Gesù indica come decisive sono sei questioni che saranno i grandi temi dell’esame di Dio: il mangiare, il bere, il vestire, la salute, l’accoglienza agli stranieri, la visita ai carcerati (Mt 25,35). Nessuno dei temi presentati da Gesù si riferisce direttamente a tematiche religiose.

6) Ma non è solo questo. Altro elemento considerevole è che, nel giudizio finale, Dio non terrà conto di come ciascu­no abbia affrontato i suoi problemi, ma i problemi degli al­tri. Quello che a Dio importa non è ciò che ciascuno fa per la pro­pria salvezza, ma quello che fa per la felicità delle persone che incontriamo nella vita. Un detto chassidico così esorta: “Se un uomo chiede il tuo aiuto, non gli dire devotamente: ‘Rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua pena’, ma agisci come se non ci fosse Dio, come se sulla terra ci fosse uno solo in grado di aiutare quell’uomo: tu solo!”. Argomento del giudizio non sarà tutta la mia vita, ma le cose buone della mia vita: non la fragilità ma la bontà! Cristo giudice non guarderà a me ma attorno a me, se qualcuno da me è stato consolato, se ha ricevuto pane e acqua per il viaggio, coraggio e fiducia per la vita. Allora, davanti a Cristo giudice non dobbiamo aver paura dei nostri peccati, ma delle nostre mani vuote. Matteo presenta sei opere buone, vaste quanto è vasto il dolore umano. Non ci viene chiesto di compiere miracoli ma di avere cura; non di guarire i malati ma di visitarli. Avere cura degli altri! Don L. Milani nella sua stanza/aula aveva una parola, che era tutto un programma per i suoi ragazzi di Barbiana: I care.  Avere cura degli altri è così importante che Cristo giudice lega la vita eterna a un pezzo di pane dato all’affamato. Tutti possono salvarsi, e con facilità, perché tutti possono fare qualcosa per gli altri.

7) Ma è possibile anche fallire la vita: Via da me, maledetti! Lontani dal povero, lontani anche da Lui! E’ questo il Vangelo rivolto a tutte le genti e religioni, a cristiani ed ebrei, a mussulmani e indiani, a laici e atei. Ogni altro è sempre l’Altro: Lo avete fatto a me! Chi dice che uno è buon cristiano se va a messa, se non mangia carne il venerdì, se si confessa a Natale e Pasqua? Certo, bisogna fare anche questo, ma non basta: per superare l’ultimo esame occorre solo la carità praticata, l’amore dimostrato. Credenti e non credenti, giusti ed ingiusti non lo sanno nemmeno che quei poveracci da loro aiutati o abbandonati erano proprio Gesù. Segno che tutti, davvero tutti, se hanno amore, si possono salvare! E con questa lezione, possiamo chiudere l’anno liturgico in sintonia con i nostri fratelli non credenti, e prepararci al nuovo avvento del Signore. Vieni, Signore Gesù! Buona vita!

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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