UNA VOCE GRIDA: PREPARATE LA VIA DEL SIGNORE! (MT 3,1)

Domenica 4 dicembre 2016

4 dicembre 2016 – II domenica di Avvento/A

Una voce grida: Preparate la via del Signore! (Mt 3,1)

riflessioni pluri-tematiche sul Vangelo della domenica                                              

A cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano  השרשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it/sayeretduvdevan@yahoo.it

Una voce grida …

  1. Pochi libri iniziano con tanta incisività, come il Vangelo di Matteo; proviamo una specie di timore et tremore nel risentire quelle roventi parole, nel rivedere quel ruvido personaggio di Giovanni il Battezzatore. Di lui colpiscono la forza del messaggio e la sua umiltà: Non sono degno neanche di portargli i sandali. A ben riflettere, il primo atto di fede in Gesù viene da Giovanni. Egli non è il messia, non è la luce: è il precursore, semplice testimone, subordinato a Colui che annuncia. Niente altro che questo, e tutto questo: lampada che illumina, voce che prepara la Parola. Anche noi, come Giovanni, non siamo la risposta a tutte le domande. Non possediamo Dio in concessione esclusiva. Cristo è già in mezzo agli uomini, nelle loro gioie e speranze, e illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9). Tante volte noi ci crediamo il centro necessario ed unico della salvezza, l’ombelico del mondo; questo Vangelo ci ricorda che noi non siamo la via ma che prepariamo la Via a Uno che è più grande di noi. Il nostro compito non è di condurre a noi ma a Cristo; nessuno di noi è Cristo, ma tutti possiamo condurre a Cristo, come Giovanni. E dopo avere lavorato, mettersi anche da parte: servi utili ma non necessari, strumenti nelle mani di Dio e basta! È un compito umile, non trascurabile, serve già a battezzare con acqua coloro che Dio chiama a diventare uomini nuovi.
  2. La prima cosa che balza agli occhi è che Giovanni è stato un uomo marginale nella società e nella religione giudaica di quel tempo. Cioè, Giovanni è vissuto ai margini della società e della religione. Il luogo nel quale è vissuto (il deserto), il modo di vivere (vestiti e cibo stravaganti), il suo messaggio di denuncia che si è scontrato con i poteri forti, sia religiosi che politici. Tutto questo dimostra a chiare lettere che Giovanni non è stato un uomo integrato nel sistema, ma un drop out. Giovanni è vissuto così perché così sono vissuti i grandi profeti di Israele, uomini che sono vissuti nei confini e persino fuori dei confini di quella società. I profeti biblici hanno presentato e proposto un mondo alternativo: un altro modo di vedere la vita, altri valori, altri criteri. I profeti hanno frequentato i palazzi del potere (re, potenti e sacerdoti), è vero, ma non dicevano quello che l’élite voleva sentire da loro (W. Carter). Questo dovrebbe fare il clero, iniziando dai vescovi. Difficile, perché a partire dalla pompa e dall’ostentazione, come si possono denunciare la cattiveria e l’ipocrisia che comportano la pompa e l’ostentazione? Una legge di sociologia insegna che più uno è integrato nel sistema e meno è libero di muoversi e pensare!
  3. Il capitolo 3 del vangelo di Matteo inizia con l’indicazione In quei giorni. È la prima volta che in Matteo troviamo questa espressione e quindi questo ci attira l’attenzione. È una citazione del libro dell’Esodo (2, 11), dove si legge: In quei giorni Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Quindi Mosè prende coscienza delle condizioni del popolo e ne diventerà il liberatore (l’esodo). Anche l’evangelista inizia il capitolo 3 del suo vangelo come il libro dell’Esodo, a significare la nuova liberazione operata da Gesù.
  4. La conversione alla quale richiama Giovanni è questa: se fino ad ora sei vissuto per te, da questo istante in poi devi vivere per gli altri. Non si tratta di andare più spesso al Tempio o di moltiplicare preghiere … ma di cambiare comportamento nella tua vita. L’invito al cambiamento è motivato: perché il regno dei Cieli … Ricordo che l’espressione regno dei Cieli, esclusiva del vangelo di Matteo, non significa un regno nei cieli. Matteo scrive per una comunità di giudei, sta attento a non urtare la loro sensibilità ed evita di adoperare il termine Dio che non si pronunziava, né si scriveva. Al suo posto usa termini sostitutivi, uno dei quali è Cielo.
  5. Anche i farisei e i farisei e i sadducei, rivali tra di loro, l’élite spirituale e sacerdotale di Gerusalemme, accorrono al battesimo pensando che sia un rito, e per questo Giovanni Battista li investe con parole tremende. Li definisce razza di vipere! E li invita alla conversione, che non é un rito, un moltiplicare preghiere, un’operazione di facciata … ma un cambiamento di vita, e questo si deve vedere anzitutto nell’atteggiamento di quanti detengono il potere religioso, politico e militare. Molto difficile!
  6. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione. È un invito ad un cambio di mentalità, a un cambio di vita, ma poi la capacità per realizzare questo cambio non è nelle capacità di Giovanni Battista: Colui che viene dopo di me è più forte di me; egli vi battezzerà in Spirito Santo. Ecco Giovanni Battista annunzia che il suo battesimo di acqua precede e annunzia un altro, più impegnativo e decisivo, quello di Spirito, di Verità, di Sangue.
  7. Qual è la migliore preparazione alla gioia del Natale? La conversione, per tanti credenti è diventata una parola demodé; oggi preferiamo parlare di autenticità, di consapevolezza, di realizzazione; andiamo alla ricerca di eufemismi e di neologismi per sfuggire alle esigenze della conversione. Conversione, in gergo automobilistico, significa una inversione, una curva ad “U” nel proprio viaggio. È un girarsi sui tacchi. A un corridore che suda e pedala nella direzione sbagliata, a nulla servono gli sforzi, osserva S. Agostino. Convertirsi non significa moltiplicare preghiere, ma cambiare testa (metànoia), incontrare Cristo. È necessario togliere al termine conversione ogni incrostazione moralistica mortificante: tutte le conversioni del Vangelo terminano nella festa, nella gioia, nel banchetto! Ma attenzione: si tratta di incontrare Cristo, non di conoscere Cristo: altro è conoscere una persona, altro è incontrare una persona. Incontrarsi è comunicare, parlarsi, donarsi. Si può essere teologi e non incontrare il Signore. Questo è l’errore di certa catechesi quando si accontenta di fare conoscere anziché di fare incontrare il Signore. Conoscere è necessario ma non sufficiente: il conoscere è propedeutico al convertirsi. BUONA VITA!

PUNTO RIFLESSIVO

L’uomo diventa più grande quando s’inginocchia (A. Manzoni).

Nella preghiera è meglio avere un cuore senza parole che

parole senza cuore (Gandhi).

La preghiera del mattino e della sera è la toilette dell’anima (V. Marmoiton).

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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