10 agosto 2025 – XIX Domenica tempo ordinario (C)

10 agosto 2025 – XIX Domenica tempo ordinario (C)
Non temere, piccolo gregge! (Lc 12, 32)
* La domenica “della vigilanza”. Tutto è incerto e certo insieme. Tutto può accadere prima di quanto immaginiamo, ma anche più tardi di quanto pensiamo. Vigilanza, ma non ossessione; occupati, ma non preoccupati; attivi, ma con serenità. Vivere è attendere, cioè tendere-verso qualcosa, meglio, verso Qualcuno. Il credente è uno che progetta il futuro costruendo il presente, perché l’unica maniera per essere fedeli all’eternità è di essere nell’attualità. Siamo nel tempo e sulla terra per guadagnarci l’eterno e il cielo. L’alternativa non è o il cielo o la terra, ma e la terra e il cielo. Occorre essere anche fedeli al cielo, perché l’uomo è anche immagine di Dio, aperto al Trascendente. La luce del cielo può illuminare anche questa nostra terra; la nostra vita può diventare meno tenebrosa; le lampade servono per attendere il Signore, certo, ma anche per non perderci nel gomitolo delle nostre complicazioni.
* Come accennò con grande intuito Paolo VI durante il concilio, la chiesa è insieme nave e roccia. Per i nostri padri, la chiesa era solo una roccia. Non dava idea di viaggio ma di stabilità! E se viaggio era, si trattava comunque di un viaggio sicuro. Non praevalebunt! Oggi siamo tutti testimoni che il grande blocco si è disciolto; le sicurezze non vengono più offerte attraverso i metodi dell’addottrinamento autoritario e dell’obbedienza gregaria. E allora qual è questo principio di stabilità nel divenire? Questo principio va individuato nella “Parola”. Per comprendere questa situazione, ricorriamo all’immagine della Bibbia contenuta nella prima lettura (Sapienza 18, 3): il popolo ebraico, durante il suo viaggio, doveva distribuire le soste e il cammino a seconda delle indicazioni della colonna di fuoco durante la notte, e di fumo durante il giorno. Ma all’improvviso la nube si alzava e gli ebrei dovevano riprendere il loro pellegrinaggio. Anche oggi, viviamo in un momento in cui si è alzata la nube: c’è chi non vuole muoversi, e scambia l’immobilità per fede. A questo punto la confusione cresce. Può darsi che qualcuno prenda un passo troppo veloce, si stacchi dal grosso del popolo di Dio. L’impazienza mette le ali ai piedi.
* Dobbiamo uscire insieme dal deserto! L’immobilità è un segno di mancanza di amore e di solidarietà. Noi non viaggiamo per noi, ma come popolo di Dio. Nessun immobilismo o rimpianto, nessun nomadismo o randagismo, ma tutti pellegrini come il padre Abramo, come il popolo d’Israele. Noi tutti dobbiamo svegliarci, altrimenti rischiamo di essere condannati! I profeti furono lapidati perché dicevano al popolo: “Bisogna camminare”. Noi dobbiamo oggi, con carità e fermezza, combattere l’immobilismo, perché esso è contrario alla fede, anche se si ammanta di tutti gli addobbi sacri. Ma dobbiamo anche vincere l’individualismo della fede, che non tiene conto della dimensione della comunità. E tutto questo richiede pazienza, moderazione, soste, dovute non a tatticismo ma a carità. BUONA VITA!
Le Sante Radici – השׁרשים הקדשים
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