Domenica 18 gennaio 2015 Commento di Don Franco Galeone
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II domenica del tempo ordinario (B)
Maestro, dove abiti? Venite e vedrete!
“Commento di don Franco Galeoneâ€
(francescogaleone@libero.it)
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Le scene di chiamata nella Scrittura sono tra le pagine più vive e impressionanti: esse rivelano Dio nella sua maestà e l’uomo nelle sue possibilità di ascolto o di rifiuto. Attraverso le vie misteriose degli eventi umani, Dio chiama l’uomo all’esistenza e gli assegna una missione. Scoprire la propria vocazione significa scoprire quello che Dio vuole da noi, perché l’iniziativa è sempre di Dio: “Parla, il tuo servo ti ascolta†(I lettura). Nel vangelo abbiamo due quadri paralleli: nel primo riquadro, tre personaggi, il Battista, Giovanni, Andrea; nel secondo riquadro, ancora tre personaggi, Andrea, Pietro, Gesù. In entrambi, un elemento comune, la mediazione: c’è una buona parola, un invito, un amico… che conducono a Gesù, come è anche espresso dai verbi cercare-trovare, seguire-fermarsi.
E il volto di Gesù lentamente si svela: Agnello di Dio… Maestro… Messia… Figlio di Dio. Gli uomini possono condurre, ma poi è sempre Dio che decide; questa verità è espressa da due simboli:
▪ lo sguardo: l’evangelista Giovanni è attento all’uso dei verbi; in questo brano usa emblepein = fissare attentamente, oltre l’epidermide, il cuore;
â–ª il nome nuovo: “Ti chiamerai Pietroâ€, come dire: “Sei un uomo nuovoâ€, con una vocazione e missione diversa. Sempre pescatore, ma di uomini!
Lui deve crescere, e io diminuire
Gesù recluta i primi seguaci nella cerchia di Giovanni. Ma Giovanni non si offende che Gesù raccolga in un campo dove non ha seminato: “Lui deve crescere, e io diminuireâ€. Un vero credente conosce bene il proprio ruolo strumentale e non finale; deve entrare in scena senza paura al momento giusto, e deve uscire di scena anche al momento giusto, con semplicità , perché “siamo serviâ€, strumenti nelle mani di Dio. Essere chiamati a lavorare nel suo regno è già un onore per l’uomo.
Ecco l’Agnello di Dio
Il compito di Giovanni è quello di distrarre l’attenzione dalla sua persona e di polarizzarla su Gesù, che si presenta molto discreto e anonimo. Giovanni perde due discepoli, che lo piantano in asso, e seguono il nuovo Maestro. Erano scesi dalla Galilea per imparare qualcosa alla scuola di quell’austero Giovanni, e finiscono per incontrare Gesù. Se quelli che vengono nei diversi gruppi, nella giornata di studio, nei ritiri di preghiera… avessero la felice sorpresa di incontrare Gesù. Venire per ascoltare il celebre conferenziere e finire per ascoltare il Maestro interiore, Gesù. Così dovrebbe accadere!
Maestro, dove abiti?
E’ l’interrogativo di sempre. La Bibbia ci descrive una lunga galleria di ricercatori di Dio: Abramo, Mosè, i Magi, i Discepoli… Anche gli adoratori di idoli vuoti in qualche modo esprimono questa ricerca. Sino al secolo scorso, questa domanda aveva due risposte facili e opposte: a) Dio non abita in nessun luogo, non esiste un “dove†di Dio, perché dovunque l’uomo spinga il suo sguardo, incontra sempre in qualche modo l’opera delle sue mani; così certi scettici astronauti potevano ridiscendere dallo spazio affermando di “non avere incontrato Dioâ€; b) ma vi erano anche alcuni che, con altrettanta presunzione, proclamavano che Dio abitava nella loro chiesa, chiuso nel loro sacro recinto, custode di tutta intera la verità , quasi che “fuori†non potesse esservi salvezza, verità , Dio. Oggi la scienza ha ridimensionato l’arroganza di certi pseudoscienziati, ma anche i credenti hanno imparato a non confondere il campanile della propria parrocchia con il regno universale di Dio. Davvero Dio abita in ogni luogo e insieme in nessun luogo. Alla fine, non vi è luogo al mondo in cui Dio abiti e insieme nessun luogo in cui egli non abiti. Non ci sono città sante né città maledette. Cristo “non aveva né casa né letto su cui posare il capoâ€. Anche Dio è senza fissa dimora. Egli si ferma solo quando trova un cuore accogliente. Oggi credere è sempre più un miracolo. Il nostro cuore forse trema a questa idea, perché le nostre certezze hanno bisogno di un consenso pubblico, per sentirsi immuni dal dubbio, dalla inquietudine.
L’Eterno nel tempo
Alle 4 del pomerigÂgio alcuni uomini incontrano Gesù, e stanno con lui per tutto il pomeriggio. L’Eterno appare interno alla nostra cronaca, al tempo del nostro orologio, alle nostre occupazioni quotidiane. Come dire: il regno si costruisce all’interno del rapporti umani; il suo vero luogo teologico è il vivere normale. La fede non crea necessariamente spazi suoi accanto alla vita, ma è dentro; la fede ripudia la oggettivazione, l’identificazione. La vera fede è legata ad un rapporto interpersonale. Dalla vita alla vita. E’ qui la sua fragile potenza. La vedremo sempre meno ai vertici della cultura, nelle accademie univerÂsitarie, nella teologia ufficiale. Il luogo vivo è l’incontro personale, e trova piena celebrazione nella comunità . Ma la comunità non è un collettivo, un ghetto, un partito sacro: è la manifestazione corale di una fede che ha avuto il suo luogo di accensione nella cronaca quotidiana.