CASERTA –Mondiali di calcio, delusione fra i militari in Libano, Kosovo e nei fortini in Afghanistan

 

 

di Nunzio De Pinto

 In Italia la diretta della partita fra Italia e Paraguay è stata vista da 19 milioni di italiani ottenendo uno share del 65%. Niente, in confronto allo stato d’animo dei circa 8.000 militari italiani che in Libano, come in Afghanistan, in Kosovo ed in Iraq (qui ci sono solo alcune decine di addestratori delle forze armate irachene) tengono alto il nome d’Italia. Naturalmente, solo una piccola parte di loro ha potuto assistere alla partita in diretta. Gli altri avevano gli occhi e le orecchie impegnate a scrutare e sentire i rumori sospetti che, da queste latitudini fa la differenza fra la vita e la morte. Il calcio d’inizio è stato dato quando in Afghanistan erano le 23.00 per via del fuso orario e questo è stato il primo ostacolo ad una visione di massa. Ma, soprattutto, molti hanno trascorso la notte in pattuglia o in “posti di osservazione”, come a Shindand (dove su una gru è stato issato un enorme tricolore 9 metri per 3), o peggio ancora nelle trincee scavate nelle montagne, a Bala Morghab, dove un giorno si l’altro pure qualche talebano si diverte a lanciare razzi. Lì, nei “FOB”, non c’é niente, figuriamoci la tv. Ma il risultato, almeno quello, ai loro commilitoni glielo hanno comunicato via radio. A una cosa ci tenevano, gli alpini d’Afghanistan ed i bersaglieri della “Garibaldi” in Libano: che cantassero forte l’Inno d’Italia. Su questo, non li hanno delusi. Davanti ai maxi-schermi della sala polivalente di Camp Arena, Herat, e nelle basi in Libano, si sono abbracciati tutti al momento dell’Inno e l’hanno cantato forte. Ma questo lo sapevamo, lo fanno sempre. Però anche la Nazionale stavolta si è fatta sentire. Scorrevano le facce e tutti cantavano. Nella base di Shama, quartier generale dei bersaglieri della Brigata Garibaldi di Caserta, in missione in Libano, i gol dell’Italia saranno salutati solo con il classico urlo da stadio. Come nel 2006, l’anno della quarta coppa del mondo conquistata a Berlino, quando le epiche gesta dell’Italia lippiana furono vissute a Nassiriya, in Iraq. A Shama, ma anche nelle basi di Maraka, Al Mansouri e Zibqin dove sono ospitati i fanti piumati dell’8° Reggimento e del 19° Guide di Salerno, tutti inquadrati nella Garibaldi, i maxischermi sono già stati allestiti. Chi non è in servizio ha potuto assistere, alla presenza delle telecamere della Rai, alla gara inaugurale con il Paraguay. In sala ammesse soltanto bandiere tricolori. A dare un tocco di azzurro sulla mimetica il foulard dell’Onu. Ad Herat, in Afghanistan, la grande base italiana come ogni notte è oscurata per colpa dei razzi che qualcuno si ostina a tirare, e fuori è silenzio assoluto, ma la grande sala – dove la domenica il cappellano dice la messa – sembra il Bar Sport. Tutti in mimetica, il solo “vestito” che hanno, lo scudetto dell’Italia sull’avambraccio sinistro, i militari italiani hanno sofferto, urlato, applaudito, imprecato, gioito, proprio come se fossero a casa loro con le loro famiglie, le mogli, le fidanzate o gli amici. Sconforto al gol del Paraguay, un boato al pareggio di Daniele De Rossi e tante emozioni per le diverse occasioni sprecate della ripresa. “Era una partita da vincere e francamente meritavamo di più. Peccato”, dicono in coro gli euomini e le donne con le stellette.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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