CASERTA. L’URNA CON LE RELIQUIE DI DON BOSCO LASCIA L’ISTITUTO SALESIANO S. CUORE DI MARIA PER ANDARE A PORTICI

36590018365900223659002736590004365900333659003136590035 di Paolo Pozzuoli

“E’ con grande emozione che mi accingo a celebrare e a presiedere questa eucaristia alla presenza di Don Bosco che oggi è con noi; è venuto lui, qui da noi, a Caserta. È stato lui a venire, non siamo stati noi ad andare da lui”. Sono le parole pronunciate da don Pasquale Cristiani, Ispettore dell’Italia Meridionale della famiglia salesiana, di introduzione alla S. Messa iniziata alle ore 19:00 di ieri l’altro presso l’ampio cortile – gremito in ogni ordine di posti (con il direttore, don Franco Gallone, c’erano don Giovanni Battista Gionti, parroco di S. Vitaliano e Rettore del Santuario di S. Anna, tutti i padri salesiani e i due laici della casa salesiana) – della comunità di Via Roma. Ieri mattina, poco prima della partenza dell’urna con le reliquie di Don Bosco alla volta di Portici fissata per le ore 8:30, presenti tutti gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, don Cristiani concludeva l’intensa giornata dedicata all’evento particolarmente straordinario ed emozionante affermando “Don Bosco ci chiama, non si stanca di chiamarci”. Si stava appena metabolizzando il momento di tristezza vissuto per la partenza di Don Bosco quando, improvvisa, s’è propagata la notizia che l’amato pastore della nostra diocesi, mons. Pietro Farina, ci aveva lasciati per vivere in eterno accanto al Padre celeste. Una notizia dura da accettare, che ha suscitato profondo dolore, sconforto e smarrimento. Eravamo pronti a riferire che, per la mirabile presenza di Don Bosco, la festa è stata bellissima e la partecipazione straordinariamente massiccia e sentita. Fissare però l’immagine semplicemente sulla festa e sulla partecipazione popolare è impudente, irriverente. È come ritornare al tempo degli déi falsi e bugiardi. Nello specifico e senza troppi giri di parole, nel nostro piccolo, siamo portati a ritenere che festa e partecipazione debbano tradursi, trovare la giusta collocazione in un impegno. L’impegno a rinnovarsi, a non allontanarsi dall’apostolato di Don Bosco che, partendo dall’educazione, cercava di tirar fuori da ciascun ragazzo che andava a cercare quel quid, quella particella nascosta su cui far leva per riprenderlo, farlo crescere, decollare e, attraverso lo studio, inserirlo nella società. È un impegno che non tocca soltanto i salesiani in quanto eredi di Don Bosco. No, anche i laici impegnati nella scuola e nel sociale. Il fine è comune agli uni ed agli altri. Che  non procedono affatto parallelamente, separati, disgiunti. Purtroppo, oggi, certe volte ci troviamo ad assistere al fenomeno inverso. Nascendo – come si dice in gergo – ‘imparati’, si parte dall’ultimo stadio: l’inserimento nella società. Sicché non c’è stimolo, né si sente la necessità di acquisire eventuali forme di apprendimento. Senza parlare poi dell’educazione. Che, per tanti, è stata eliminata dai loro dizionari. E, per alcuni, è un optional. La prova provata? Sperimentata poco tempo fa presso uno degli uffici comunali e senza che il sindaco abbia avuto un briciolo di sensibilità per esprimere due semplici parole di complessive cinque lettere. “Il metodo educativo”  – ha evidenziato don Cristiani nel corso dell’omelia – “è una esperienza di vita di Don Bosco che non si è dedicato a scrivere ma ad accostarsi ai giovani, capire le loro domande, dare le risposte. Oggi, tocca a noi. L’educatore non si può scoraggiare. Noi educatori non possiamo stare con le braccia conserte. Ezechiele dice che Dio è cercatore di ognuno di noi. Ed è quello che ci sta dicendo Papa Francesco. Dobbiamo vivere da educatori, in ascolto, in un continuo cercare. Don Bosco si adoperava per il bene dei giovani che aveva, li educava ai valori veri e li inseriva nella società per essere di riferimento agli altri amici e non consentire che rimanessero ai margini. Anche nel più scalcinato c’è qualcosa di buono e questo va ripreso”. Avviandosi alla conclusione, l’Ispettore dei Salesiani del Meridione, nel sottolineare che “le parole del Vangelo mettono al centro i piccoli, i bisognosi, gli ultimi”, ha osservato che “assorti nell’impegno della gestione dell’Istituto, si lascia poco tempo ai piccoli, ai giovani e soprattutto a quelli che, venendo con più domande, ci fanno crescere”, ed ha poi invocato la benedizione di Don Bosco “possa con la sua mano benedicente svegliare le nostre coscienze dalle nostre pigrizie e fare in modo da rispondere alle domande dei giovani”.

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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