“LE INTERVISTE ECCELLENTI” DI MARIA GRAVANO

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Ancora un’intervista della nostra conterranea Maria Gravano, brillante professionista dai molteplici interessi culturali, ben avviata sulla strada che ha dato gloria e l’aureola di immortalità a poche ma illustri intervistatrici. Maria ha incontrato il prof. Paolo Sellari  in occasione della presentazione del suo ultimo libro – in ordine di tempo –  titolato “Geopolitica dei Trasporti”, edito da Laterza, che tratta ed analizza minuziosamente le dinamiche e le strategie internazionali di circolazione ed interazione terra-mare. Il testo tratta, minuziosamente, la strategia dei trasporti e, in particolare, l’impatto, l’influenza, le relazioni che riguardano l’aspetto geografico ed economico in senso lato ma anche la parte di territorio in cui agiscono e la storia ed i movimenti culturali che, nel tempo, si sono avuti. È seguita un’intervista di ampio respiro in cui sono stati toccati e sviluppati i grandi ed interessanti temi dei trasporti, compresi i marittimi, illustrati il ruolo delle compagnie di shipping, i cambiamenti derivati  dalla gerarchia dei trasporti a livello mondiale e l’importanza dei corridoi terrestri, evidenziati  eventuali vantaggi e svantaggi prodotti dall’Alta Velocità nei diversi Paesi, è stato lanciato un ‘assist’ all’Unione Europea relativamente alle linee da adottare per favorire non solo le grandi città ma tutti i centri urbani, chiarito il significato della “Ferrovia del Cielo”. Il prof. Sellari  (… è stato relatore della tesi di laurea della Gravano, dal titolo ‘La presenza Cinese in Italia), attualmente ricercatore e docente di Geografia politica ed economica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ ed autore di numerose pubblicazioni su temi geografici e geopolitici legati ai trasporti su scala europea e nazionale, tra cui l’Atlante dei trasporti in Italia (Carocci 2008), è uno dei massimi esperti internazionali di geopolitica economica. (Paolo Pozzuoli)

 

 

GEOPOLITICA DEI TRASPORTI – PIVOT DELLE DINAMICHE E STRATEGIE POLITICO ECONOMICHE INTERNAZIONALI

 

Professor Paolo Sellari perché “Geopolitica dei trasporti”?

Con questo titolo ho voluto coniugare due temi che sono stati trattati nel mondo della geografia in modo separato, ossia la geografia dei trasporti studiata in ambito essenzialmente geografico economico e la geopolitica che ha avuto un approccio geografico e politico. La geografia dei trasporti, infatti, non ha soltanto una valenza di natura economica (il trasporto e la logistica a livello planetario rappresentano il 7% del PIL) ma anche un significato geopolitico visto che la costruzione di linee di trasporto, di infrastrutture e le relazioni territoriali, sia terrestri che marittime, instaura tra due o più territori anche delle direttrici geopolitiche di natura culturale. I trasporti e le infrastrutture sono quindi anche elementi di veicolazione di valori politici e culturali, in grado di rafforzare i rapporti all’interno di uno stesso territorio, stato, oppure tra più stati.

In riferimento ai trasporti marittimi, le compagnie di shipping, attualmente, che ruolo hanno ?

Le compagnie di shipping sono oggi i veri attori del trasporto marittimo mondiale e, di fatto, hanno soppiantato il potere dei singoli Stati. Prima, lo Stato gestiva direttamente i propri porti; in Europa, questa politica è cambiata in seguito alle nuove normative sulla libera concorrenza nell’ambito delle infrastrutture. In Italia, la legge 28 gennaio 1994 n.84, che regola le operazioni e le attività portuali, ha previsto la nascita delle cosiddette autorità portuali, enti misti tra pubblico-privato, che danno poi a loro volta in gestione le proprie banchine ed i propri terminali a compagnie di shipping. E’ chiaro che le compagnie di navigazione hanno in mano il comando; infatti, se una compagnia considera strategica, economica e redditizia una determinata banchina in uno specifico porto, continuerà ad investire lì; in caso contrario, si sposterà altrove. Un esempio lampante è il porto di Gioia Tauro, considerato il principale porto container italiano. Nel 2011, questo terminale era arrivato quasi alla soglia di 4 milioni di container, dato significativo che conta il 50% di un grande porto come può essere quello di Rotterdam o di Anversa. La principale compagnia di shipping che gestiva i traffici del porto calabrese era la danese Maersk, che nello stesso anno, per una serie di motivazioni (costo della manodopera troppo elevato dei portuali italiani, disorganizzazione operativa dello stesso porto) e, a fronte di un’offerta a più basso costo da parte del principale porto egiziano, decise di trasferire il suo quartier generale del Mediterraneo da Gioia Tauro a Port Said. Così, da un giorno all’altro, il principale porto container italiano perse un milione e mezzo di container, passati sulla sponda sud del Mediterraneo. Questo dato è molto importante perché ci fa capire come i vantaggi di posizionamento territoriali che hanno determinato siti portuali, in realtà non bastano più se non sono anche inseriti in un sistema che è globalmente economico e competitivo: ed in questo, l’Italia è carente. Il nostro Paese, infatti, ha innanzitutto una scarsa organizzazione portuale se confrontata ai nuovi porti del Nord Africa e del Nord Europa e, inoltre, scarseggia di infrastrutture dal porto all’entroterra. Questo perché nel nostro territorio, prevalentemente montuoso e dalle coste molto accidentate, vige una mancanza di volontà e di pianificazione politica per cui i nostri porti container risultano meno competitivi ed allora le compagnie di shipping si rivolgono altrove, essenzialmente verso i porti del Nord Africa e del Nord Europa.

 

Il “Mediterraneo Capovolto” di cui parla nel libro vuole quindi mettere in evidenza proprio la perdita di centralità dei porti container italiani rispetto a quelli del Nord Africa?

Sì, proprio a proposito di Port Said e non solo. Oggi, non sono più i porti della sponda Nord sul Mediterraneo, quindi i porti francesi-spagnoli-italiani, ad essere i protagonisti principali ed assoluti delle compagnie di shipping. Queste evidentemente preferiscono investire nei porti della sponda Nord africana perché costano di meno, sono più organizzati, vengono costruiti ex novo secondo i paradigmi e gli standard che quelle compagnie richiedono ed è molto più facile costruire qualcosa di nuovo piuttosto che ristrutturare i porti della sponda Nord del Mediterraneo.

Come sta cambiando la gerarchia dei trasporti a livello mondiale?

La gerarchia dei trasporti a livello mondiale si sposta in continuazione. Alberto Vallega, maestro della geografia dei trasporti, ha introdotto la cosiddetta teoria degli stadi di sviluppo nel trasporto marittimo ed in generale nel trasporto, associando ad ogni stadio di sviluppo economico anche una certa dominazione politica e geopolitica dei trasporti. Seguendo questo schema, si è passati da una fase mercantile tipica del ‘700 ed i primi dell’800 in cui il dominio dei mari era fondamentale per un controllo geopolitico del mondo e dei trasporti (appannaggio per altro dell’Inghilterra), ad altre fasi in cui la ferrovia ha svolto un ruolo centrale. Certamente il trasporto marittimo ha sempre avuto una funzione strategica ma, con l’evoluzione del commercio mondiale e dell’industrializzazione internazionale, si sono spostati i baricentri della gerarchia dei trasporti. Inoltre, se nella prima fase dello sviluppo industriale e dei traffici petroliferi erano alcune rotte marittime ad avere maggiore importanza insieme ad alcuni poli di generazioni di traffico commerciale (come i paesi arabi produttori di petrolio piuttosto che gli Stati Uniti e l’Oceano Atlantico in generale), oggi il centro si è spostato verso l’Oceano Indiano e Pacifico. Ora è la Cina il principale generatore di traffici marittimi perché è il principale produttore al mondo di manufatti; proprio questo cambiamento configura nuovi baricentri e nuove gerarchie oceaniche internazionali. Oggi, l’Oceano Pacifico per quanto riguarda i traffici Cina-Stati Uniti e l’Oceano Indiano in relazione ai commerci Cina-Europa sono molto più importanti rispetto all’Oceano Atlantico che, per secoli, ha rappresentato l’asse marittimo di riferimento nei trasporti del sistema internazionale.

 

E per quanto riguarda l’importanza dei corridoi terrestri?

Anche per i trasporti terrestri si definiscono delle gerarchie geopolitiche. Questo  perché, attraverso la politica dei corridoi introdotta dall’Unione Europea dopo il crollo del muro di Berlino (1989), subito dopo il ’91, con le varie conferenze di Praga, di Creta, di Helsinki, si sono disegnati e sono stati pianificati una decina di corridoi multimodali (insieme di ferrovie, strade, elettrodotti e quindi infrastrutture di comunicazione e di trasporto) attraverso i quali si è cercato di legare all’Europa comunitaria quelli che erano i paesi dell’est Europeo; ed il percorso si è poi concluso nel 2004 con il loro ingresso in Unione Europea. Si tratta di un’azione geopolitica e quindi di legami territoriali ottenuti con opera di infrastrutturazione. Un’operazione simile è stata fatta recentemente dall’Asian Development Bank  finanziata principalmente dalla Cina che in questo modo ha partecipato e finanziato dei progetti per una rete Trans-Asiatica il cui punto di partenza principale è la Cina stessa in grado di irradiarsi su tutto il continente euroasiatico, nelle ex repubbliche sovietiche, in Russia ed in Europa. La Cina, attraverso l’opera di infrastrutturazione terrestre, tende a legare a sé questi Paesi, perché sono suoi partner attuali o potrebbero esserlo in futuro. Per Pechino, essere vincolato solo al trasporto marittimo, è un grande rischio sicché, sviluppare una via alternativa a questa, è prioritario anche in vista delle problematiche legate alla pirateria marittima dell’Oceano Indiano che determinano l’aumento dei costi dei noli a causa delle tariffe assicurative. Inoltre, il trasporto in mare è sicuro ma anche incontrollabile da parte del Paese di provenienza che si riassume in manifestazione, da parte della Cina, in volontà di controllo dei traffici. Il trasporto via terra, infatti, è controllato direttamente dallo Stato che lo effettua.

 

Che cos’è la “Ferrovia del Cielo”?

E’ una ferrovia costruita tra Pechino e Lhasa, la capitale del Tibet, ad oltre 4.000 metri di altezza; si tratta di un’infrastruttura molto complicata che ha imposto degli standard tecnici molto complessi e costosi. Con la “ferrovia del cielo” Pechino ha voluto mostrare al mondo che la Cina si lega indissolubilmente al Tibet, regione tradizionalmente ad essa ribelle. La strategia ferroviaria cinese si basa molto sulla costruzione di grandi opere anche per dimostrare a livello mondiale la propria capacità tecnologica; infatti, possedere una linea ad alta velocità, oggi, per un Paese, significa entrare di diritto nel novero dei grandi Paesi, e questo lo stanno facendo il Sud Africa, il Brasile, l’Arabia Esaudita e l’India. Oggi, la Cina ha circa 7mila Km di linea ad alta velocità.

 

Quali  vantaggi e svantaggi produce l’Alta Velocità nei diversi Paesi?

Gli effetti positivi risiedono nella contrazione spazio-temporale tra le città e quindi sulla riduzione dei tempi di percorrenza tra di esse. Essendo però  l’AV un sistema di collegamento tra poli urbani a media e lunga distanza, taglia fuori tutte quelle realtà territoriali intermedie per cui polarizza e questo, in alcune aree territoriali, può essere un bene mentre in altre no. In Francia, ad esempio, l’AV funziona e risponde perfettamente alla territorialità; in Italia, invece, mostra debolezze. Infatti, nel caso italiano, la polarizzazione delle città non è assolutamente funzionale perché ci sono molte piccole città intermedie tra Milano e Bologna, Firenze e Roma, Roma e Napoli, che vengono escluse dall’AV; di conseguenza, tutte le attività e gli interessi economici vanno a concentrarsi lì dove l’alta velocità ha le sue fermate creando un sistema di entità polarizzate che però spesso non coincide con la storia di quel territorio. L’Italia, nota come il Paese delle 100 città, viene ridotta dall’AV a Paese delle 5 città: Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli. Il resto dei centri urbani non si sa a cosa siano destinati.

 

Quale giusta politica dei trasporti dovrebbe essere adottata dall’Unione Europea per favorire non solo le grandi città ma tutti i centri urbani?

Questa politica è iniziata in UE già nel ’94 con i progetti di Essen il cui proposito è quello di sviluppare la coesione territoriale attraverso la costruzione di grandi opere.  Credo però che alla grande opera vada associato ed affiancato un sistema di trasporti che favorisca le relazioni regionali e sub- regionali, in modo da evitare che gli effetti positivi di una infrastruttura di trasporto si vadano a concentrare soltanto lungo quella linea stessa.

 

 

 

“Un’Europa delle città, delle grandi metropoli in rete, capace di porsi come soggetto nella competizione globale” – conclude Paolo Sellari – “è certamente funzionale al ruolo geopolitico e geoeconomico cui l’Unione aspira, ma non deve dimenticare quelli che sono stati gli aspetti fondanti e determinanti lo sviluppo stesso dell’Europa come soggetto coeso, vale a dire le diversità culturali e territoriali”.

 

 

 

Glossario (Maria Gravano)

AV: alta velocità

Container: contenitore parallelepipedo per il trasporto di merci. Le sue dimensioni sono standardizzate in due principali categorie: TEU (twent-foot Equivalent Units) e FEU (Forty-foot Equivalent Units) rispettivamente a 20 (6,5m) e 40 (12,2m) piedi di lunghezza per un’altezza di 8 piedi (2,44m).

Corridoio: sistema di vie di comunicazione per merci, persone, energia e telecomunicazioni in grado di favorire l’integrazione regionale e di configurare e ampliare spazi economici lineari o articolati attraverso infrastrutture di trasporto terrestre (strade, ferrovie, oleodotti, elettrodotti, cavi) o marittimo/fluviale (Autostrade del Mare, vie navigabili interne).

 

 

Mattia Branco

Ho diretto, ho collaborato con periodici locali e riviste professionali. Ho condotto per nove anni uno spazio televisivo nel programma "Anja Show".

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